Spirale della violenza
Gli eccessi di Israele e la paranoia del nemico globale.
Ciò che accade è tragico e umanamente impossibile da accettare. Come il bombardamento di Dresda (ricordate Mattatoio n. 5?). Un carico di bombe israeliane, in una serie di attacchi che non finisce, continua a cadere su Gaza seminando morte e indimenticabili traumi quasi solo tra i civili.
Ciò che accade è tragico e umanamente impossibile da accettare. Come il bombardamento di Dresda (ricordate Mattatoio n. 5?). Un carico di bombe israeliane, in una serie di attacchi che non finisce, continua a cadere su Gaza seminando morte e indimenticabili traumi quasi solo tra la popolazione civile. In ogni guerra (divenuta “moderna” nei terribili anni 1940-1945) ogni uso di mezzi offensivi delle nuove generazioni coinvolge soprattutto i civili. E lo stesso accade, come ha dimostrato l’accendersi di scontri in Ucraina, se fai avanzare “mezzi” (i nuovi mezzi) sul territorio.
La guerra, con la potenza di questi strumenti, non si deve più fare. Adesso mettetevi nei panni di Israele. Non con questo governo, che fa scelte politiche e strategiche ispirate al rischio estremo, dunque discutibili, ma con i cittadini. Tutto intorno a loro l’idea antica e secolare è rimasta intatta: sono maledetti e se ne devono andare. Non perché, o non solo, quel territorio sia, per alcuni secoli, appartenuto ad altri. Ciò è avvenuto in decine di nuovi Stati. Ma è inaccettabile, qui, che siano venuti gli ebrei. Il problema non è se occupano troppo territorio. Il problema è che non devono occuparne alcuno. Ogni metro di terra su cui c’è un ebreo è ingiustamente occupato.
TUTTO IL MONDO che circonda Israele è un mondo di violenza e di morte, impegnato in massacri fratricidi (Siria, Iraq) e infinite divisioni che non coincidono con i confini (sciiti, sunniti, salafiti) e che non lasciano molto spazio per dialogare con un vicino indesiderato. Perché quel vicino, nel verbo di ciascuno di quei Paesi, dovrebbe essere distrutto (versione militare) o dovrebbe porre fine all’occupazione (versione diplomatica, dove per “occupazione” non si intendono i territori in Cisgiordania, ma tutto Israele). È vero, non dovrebbero esserci le “colonie” che già dal nome si pongono come una provocazione. Ma questo vale nel linguaggio delle diplomazie internazionali. In quello di tutto il mondo arabo le colonie sono da distruggere con tutti coloro che ci stanno dentro, per poi continuare e distruggere ciò che c’è alle spalle, e dunque tutto Israele. Si può anche ridere dei missili che vengono lanciati a centinaia e provocano paura ma nessuna vittima. Ridono di quelle armi giocattolo coloro che credono di sostenere i palestinesi denunciando lo spettacolo tremendo della morte e della fuga di massa, mostrando di non vedere che questa gente di Palestina è due volte vittima: di chi manda missili potenti e perfetti da Israele su Gaza. E di chi da Gaza inizia ogni volta un nuovo periodo di morte, mostrando di poter colpire Israele.
L’impegno e l’orgoglio di chi li lancia i missili imperfetti di Hamas , comunque, è di provocare una risposta terribile da mostrare al mondo, qualunque cosa costi in vite palestinesi. A questo punto la guerra asimmetrica si rovescia: è Israele il colpevole. I media del mondo offrono le prove, che sono spaventose. Ma il lancio di razzi (che, essendo inadeguati, vengono interpretati come una provocazione modesta, un “via, non esageriamo!”) continua, in modo che la reazione di Israele continui e appaia “sproporzionata”. Ed ecco lo spettacolo che giustamente ci sconvolge tutti. Però è indispensabile la domanda: come ne usciamo? Israele tace e si accontenta di notare che le armi di chi ha deciso la sua distruzione sono per ora imperfette e non portano ancora a termine il compito di punire e ripulire la terra araba. Una divisione fra nemici mortali e trattativisti (che salverebbero le vite dei loro connazionali ) non è neanche in vista. È vero, la durezza di Israele forse aumenta la compattezza, disperati in fuga si aggregano ai combattenti. Mettiamo che Israele taccia. Sarebbe un gesto grande e generoso, Ma qualcuno ricorda il comportamento di un Paese che ha salvato la vita del nemico giurato, lasciando esposte le vite dei suoi?
E poi non vi sembra che abbiamo trascurato la proclamazione del Califfato, se non altro come minacciosa e paurosa lettera di intenzioni ? L’agitazione per il Sionismo come il male del mondo continua a provocare fervidi scontri in Rete e nella stampa del mondo. E invece il Califfato viene preso come un racconto in più delle Mille e una notte, una variazione avventurosa sul tema del potere arabo dalla parte del mondo che possiede tutto in misura immensamente più grande di Israele, che ha solo la terra, i cittadini e le armi. È vero che sono troppe le bombe su Gaza perché tutte le bombe su mamme e bambini, su famiglie disperate e in fuga che non c’entrano niente e vivono e muoiono terrorizzate, sono comunque troppe. Però nel giudicare – ed è giusto giudicare – non cercate di non vedere l’intera, vasta, terribile scena, piena di morti ovunque si guardi, in tutta l’area. I morti non giustificano i morti, la pena non si confronta con la pena. Ma i fatti fanno luce sui fatti. La cosa terribile che sta succedendo non è il potente Israele contro gli spossessati di Gaza, ma Israele, per potente che sia, contro il resto del mondo. Perché il mondo occidentale, salvo buoni consigli, non c’è. La Giordania non sembra avere più respiro per fare da “Paese amico”. L’Egitto, che tradizionalmente interveniva e garantiva, non è più in grado di farlo. La Siria e l’Iraq sono due carnefici simmetrici di se stessi. E ciò che avviene nelle città conquistate da Isis, quando issa la bandiera nera, è il modello di ciò che accade dopo. Noi italiani, a differenza dei giorni di Prodi che ha fermato un pericolo enorme fra Israele e Libano, siamo estranei e assenti. Anche l’Europa lo è. Vogliamo continuare così e così, da lontano, voltando le spalle, buttar tutto il peso del giudizio negativo su Israele solo perché non lo hanno ancora ferito a morte?
Da Il Fatto Quotidiano del 15/07/2014.
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