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Archive for novembre 2010

pasquinoweb.

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Quarta e ultima puntata di “Vieniviaconme”. (Tutti i video a fine articolo).Fra gli ospiti, Dario Fo e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Fazio annuncia in diretta la morte del regista. Il capostruttura di RaiTre, Mazzetti: “Vorremmo fare altre quattro puntate in primavera, chissà che ne pensano i vertici di viale Mazzini…”

Forse è vero che siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni. La pipa di Pertini e Bearzot e quella di Luciano Lama, la barba di Tiziano Terzani, gli scarpini di Roberto Baggio, la tonaca di don Milani e il megafono di Fellini, gli occhi di Sofia Loren e la bicicletta di Marco Biagi. E’ l’elenco – parziale, quello completo è molto più lungo – di “ciò di cui tutti noi siamo fatti”, il puzzle di un’Italia da sogno, quella che autori e conduttori di Vieniviaconme hanno provato a evocare nel corso delle puntate. L’elenco di “ciò di cui tutti noi siamo fatti” è uno dei primi letti in trasmissione, dopo quello su “che cosa ho imparato con questo programma” con cui Fabio Fazio ha inaugurato l’ultimo appuntamento. Alcune immagini di repertorio ricordano al pubblico chi era Walter Tobagi, il giornalista assassinato nel 1980. A sua figlia Benedetta il compito di elencare “le cose che le ha lasciato suo padre”, a Francesco De Gregori quello di cantare Viva l’Italia. C’è anche un ricordo per Enzo Biagi. Nel cuore del programma irrompe la notizia della morte di Mario Monicelli 1. E’ Fazio a darla, in diretta.

Chiude il programma delle polemiche e dei record, spettatori aumentati di puntata in puntata (rispettivamente oltre 7 milioni e seicentomila, oltre 9milioni, quasi 10 con picchi di 11) e il merito di aver introdotto, con successo, un nuovo linguaggio televisivo, con l’invenzione degli elenchi che danno voce ad artisti o gente comune nella narrazione dell’Italia di oggi. La prova che “un’altra tv è desiderata da milioni di italiani”, come ha detto Saviano in un’intervista a Repubblica 2. Un fenomeno anche sul web, con oltre 11 milioni di pagine viste tra il sito ufficiale della trasmissione 3, quello della Rai e il canale Rai su YouTube. Quasi 200 mila i fan della pagina ufficiale Facebook.

Dopo aver parlato – fra i tanti argomenti – di “macchina del fango” e Unità d’Italia, ‘ndrangheta al Nord, eutanasia, rifiuti, omosessualità, tagli alla cultura, attualità politica, lotta dello Stato alle mafie, vittime del terrorismo, carceri, migranti, lavoro, condizione femminile, l’ultima puntata comincia con un monologo di Roberto Saviano sul terremoto in Abruzzo. “La casa dello studente era fatta male, è il simbolo della condotta criminale di chi costruisce senza rispettare le regole”, dice. E racconta le “piccole” storie dei giovani, Alessio, Davide, Michelone e tutti gli altri morti sotto le macerie. Quell’edificio “era una bomba a orologeria”, accusa l’autore di Gomorra. C’è Dario Fo che fa l’elenco ironico e attualissimo dei consigli del Principe di Machiavelli. Dopo la protesta degli studenti, anch’essa sotto forma di elenco (mutuata proprio dal format di Vieniviaconme) Saviano cita l’opposizione alla riforma Gelmini, che ha portato i ragazzi in cima ai monumenti e ai tetti dei rettorati. “Sui tetti si sogna. Si sogna un’università pubblica, libera e aperta”, dice una ricercatrice. E Domenico Starnone sottolinea che “la scuola peggiore è quella che si limita a individuare capacità e meriti evidenti”, mentre “la scuola migliore è quella che scopre capacità e meriti lì dove sembrava che non ce ne fossero”. C’è anche Milena Gabanelli, con l’elenco delle cause che incombono sulla testa di Report. “Il totale, per ora – conclude la giornalista – è di 251 milioni di euro”. (altro…)

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Quando vivi tra sogno è realtà .. e come stare su un peschereccio, cullata da onde e mari calmi.

Un viaggio dentro un viaggio, un intrigo di idee, un  viaggio dentro i tuoi pensieri..  all’improvviso mi sembra la mia destinazione vicina,
eppure so che è distante, terribilmente lontana per arrivare nei momenti del grande bisogno..
Un’attrazione la mia destinazione, un chiedermi se questo è una partenza o un punto d’arrivo..
Un arrivo di orizzonti carichi di attrazione di vita 
Le tue parole le ascolto, sono come valigie piene.. cariche di vita, di vissuto e desiderio di camminare,  sempre più lontano.
Le mie parole tu le ascolti, ci navighi dentro, sei come un pescatore che ritira le reti cariche del  racconto di una vita
nell’istante che il mio silenzio usce dal suo guscio.. 
Sento braccia forti sorreggermi, portarmi in porti sicuri ricchi di enormi emozioni..
Percepisco quel dolce navigare, la cui meta è il ritorno..

ilcamminocla

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Il genio creativo di Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978) sarà in mostra da venerdì 3 dicembre 2010
alle Scuderie del Castello di Miramare di Trieste. Un maestoso silenzio è un allestimento a cura di Roberto Alberton e Silvia Pegoraro, che presenta novanta lavori del pittore della metafisica. Circa 70 dipinti, e 20 tra disegni, acquarelli e inchiostri, che coprono un arco di tempo compreso tra gli anni dieci e gli anni quaranta.

Affascinato dalla cultura classica, con cui sente la possibilità di rinnovare il legame, De Chirico agli inizi del ‘900 divora libri di Nietzsche e Schopenhauer e dipinge La grande Tour (1915), Enigma della partenza (1914), Tempio di Apollo a Delfi (1909-10) e Vaso di Crisantemi (1912). Pian piano si fa strada la Metafisica, come esigenza di dare voce all’interiorità umana, una sorta di “lirismo antropologico” che trova un proprio tempo e spazio nei suoi quadri.

Ecco una nuova idea di piazza, che si svuota e si riappropria di significati, oggetti misteriosi che ispireranno molta della poetica surrealistica a venire. Il percorso espositivo prosegue con Interno metafisico e Gli archeologi (1925), Mobili nella valle (1927), Cavalli sulla Spiaggia (1928), Gladiatori (La Lutte) (1929), Ettore e Andromaca (1935).

A fianco dell’allestimento di De Chirico, fino al 27 febbraio 2011 all’interno del castello sarà visitabile anche Gli specchi dell’enigma. Artisti intorno a De Chirico, con lavori di Adami, Chia, Schifano e molti altri.

www.artsblog.it

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L’altroieri, pubblicando la notizia del rinvio a giudizio di Luca Cordero di Montezemolo a Napoli per abuso edilizio, falso e deturpamento di bellezze naturali, non immaginavamo di dare la stura a una forsennata campagna politico-mediatica contro di lui proprio nel momento in cui ha deciso di sacrificarsi per noi e “sento di dover fare qualcosa per il nostro Paese”. Come avvoltoi assetati di sangue, tutti i giornali e i tg si sono avventati sulla notizia incuranti della presunzione di innocenza e della benchè minima pietas umana, colpendo Montezemolo sopra e sotto la cintola fino a lasciarlo esangue sul selciato. E, per fargli ancora più male, hanno usato una tecnica avveniristica, finora inedita nel panorama della stampa mondiale: la notizia subliminale. Funziona così: la notizia non si dà esplicitamente, ma la si lascia perfidamente intendere fra le righe, in un gioco impietoso di dire-non dire che alla fine si rivela micidialmente letale per la povera vittima. Qualche esempio. Corriere della sera di giovedì: “…ItaliaFutura diventa ‘la casa dei tanti italiani che credono sia arrivato il momento di uscire dal proprio particolare’…”. L’uso del termine “casa” è tutt’altro che casuale: evidente il riferimento alla villa di Anacapri ampliata e ristrutturata – secondo l’accusa – contro le norme edilizie e paesaggistiche con la connivenza dei vigili urbani, che avevano ricevuto in dono una bella Fiat Panda e manifestavano una certa riconoscenza nelle ispezioni ai lavori abusivi. Non contento, il Corriere rincara impietosamente la dose con un’altra frase-civetta: “Montezemolo dipinge un Paese … in cui va ‘ricostruito il senso morale e civico’…”. Potevano scrivere ripristinato, rifondato, ricreato. Invece no: dicono proprio “ricostruito”, alludendo ancora una volta alla villa maledetta. Ieri poi il quotidiano più vicino a Montezemolo torna a tradire il suo azionista con un’altra stoccata in codice: “La sua analisi è spietata. E sono bordate, a destra come a sinistra … I leader dell’opposizione ‘in questi due anni hanno guardato dal buco della serratura, sono andati sui tetti, ma non hanno espresso una cultura alternativa”. Ma c’era proprio bisogno di scrivere “serratura” e “tetti”? (altro…)

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La protesta non sembra fermarsi al mondo dell’istruzione, la rivolta stavolta coinvolge dei professionisti e colpisce un Ordine Professionale, quello degli Psicologi. Un bombardamento postale – “mail bombing”– all’indirizzo dell’Ordine degli Psicologi del Lazio e Nazionale per protestare contro il silenzio dell’Ordine e denunciare il mancato confronto tra università e professionisti in tema di riorganizzazione della storica Facoltà di Psicologia di Roma alla Sapienza.

Il nuovo statuto dell’ateneo romano, anticipando di un anno il Decreto Gelmini, ha di fatto ridotto a 11 le Facoltà, 3 sono di Medicina e di queste una ha aggregato i 3 Dipartimenti delle due ex-Facoltà di Psicologia e 4 di Medicina II, diventando così Medicina e Psicologia. «La Psicologia ha impiegato quasi un secolo per conquistare una precisa identità scientifica e professionale», ha scritto nel 2008 Francesco Avallone, oggi prorettore della Sapienza, alla luce dei fatti si direbbe che per smantellare questi cento anni di storia sia bastato un anno di lavoro.

Ma davvero l’Ordine degli psicologi non ne sapeva nulla? «No, l’Ordine non è stato coinvolto e non ha potuto fare che una presa d’atto visto la totale autonomia delle Università. Quindi non è stato possibile condividere le scelte fatte, lasciandoci l’amaro in bocca per la rinuncia – spiega il presidente del Lazio Marialori Zaccaria – la nascita di questa nuova Facoltà comporta comunque il mantenimento delle rispettive autonomie “aggregando” e non “accorpando” sette Dipartimenti che daranno vita a diversi corsi di laurea secondo le rispettive competenze.».

L’Ordine del Lazio sembra però condividere con i suoi iscritti qualche preoccupazione: «E’ sotto gli occhi di tutti che l’avvenuta rinuncia ad una Facoltà di Psicologia autonoma, in cambio della Facoltà di Medicina e Psicologia, è la conseguenza di una cultura dominante nel Paese che, in nome della riduzione dei costi ad ogni costo, non crede al valore strategico della conoscenza, come principale risorsa per il futuro dell’Italia nel mondo globalizzato. E soprattutto non c’è né volontà né coraggio, di “fare salute”, di utilizzare la Psicologia come una enorme risorsa per il nostro Paese». Certo appare bizzarro che non si sia aperto almeno un dibattito interno visto che il vice presidente dell’Ordine del Lazio è anche un docente di Psicologia 1, improbabile pensare che non sia neanche arrivata l’eco di quanto stava accadendo alla Sapienza. (altro…)

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L’ELENCO. Dieci milioni di spettatori, oltre il trenta per cento di share, cifre superiori al Grande Fratello per un programma fieramente antitelevisivo. I politici usati dalla tv e non viceversa. Un fronte di critiche trasversali, da Grillo a Libero, e un altrettanto trasversale successo di pubblico. La signora Welby che fa più ascolti del festival di Sanremo, gli sfollati dai campi rom più dell’Isola dei Famosi. Nel nome della più bella canzone di Paolo Conte si è compiuta una rivoluzione nel costume televisivo.“Con la volontà rispondo sì, con la ragione no. Diciamo che un’altra tv è desiderata da milioni d’italiani. Ma la reazione dell’establishment politico-televisivo è stata tale da farmi pensare che sia troppo presto. La Rai non sopporta che la tv pubblica diventi strumento di un vero dibattito sociale, culturale. L’hanno permesso perché non se n’erano accorti, non se l’aspettavano. E nemmeno noi. Ma la prossima volta sarà impossibile”.

Fabio Fazio, allora un’altra tv è possibile e quindi un’altra Italia?

Karl Kraus diceva: la satira che il potere riesce a capire, viene giustamente censurata. Vale anche per “Vieni via con me”. Al principio erano soltanto preoccupati che parlaste di Berlusconi, e invece…
“Non l’abbiamo quasi mai nominato, tolta la prima puntata. Siamo il primo programma già nel dopo Berlusconi”.

Nonostante questo, vi sono saltati addosso tutti. Perché?
“Abbiamo fatto una tv riformista e non c’è cosa che spaventi più del riformismo. La rissa a somma zero di altri talk show in fondo è del tutto innocua”.

Era un programma non ideologico, Saviano e lei non lo siete, gli ospiti hanno raccontato storie. La signora Welby e il signor Englaro hanno raccontato tragedie di famiglia. Come si spiega che il cda Rai abbia chiesto di far replicare a un’esperienza di vita con un comizio ideologico di un movimento integralista cattolico?
“Accettare quella replica dei Pro Vita avrebbe significato ammettere che Mina Welby e Beppe Englaro avevano parlato in favore della morte. Non esiste direttiva Rai che possa impormi un’assurdità del genere”.

Più che un programma, siete stati il fenomeno sociale di queste settimane, insieme alla lotta universitaria. Anche la vostra era una specie di “occupazione”?
“Il parallelo mi piace e mi è piaciuto che gli studenti abbiano adottato nelle lotte lo strumento dell’elenco. Sono segnali che sta accadendo qualcosa di profondo nella società italiana, che parte dai due luoghi principali di formazione dell’opinione pubblica, la scuola e la televisione. E riguarda i valori, l’identità”. (altro…)

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Pausa

La cosa che mi colpisce di più, quando torno a Milano, è l’ora della pausa pranzo. Resto imbambolato a guardare i piccoli gruppi di colleghi che escono e si dirigono verso il bar. Quella scena si ripete ogni giorno…

Mi pare di capire quasi tutto, solo osservando. C’è il più alto in grado che cammina con lo sguardo basso, come perso nelle sue profonde riflessioni. Accenna un sorriso, ogni tanto, come dire “ascolto, certo, ascolto…”, oppure guarda avanti e pontifica, come stesse arringando una folla. La differenza sta solo nella sua stanchezza, nel suo bisogno di conferme. Poi c’è il suo antipode naturale, il più basso in grado, che guarda i volti, da uno all’altro, sorridendo. Tutto gli sembra significativo, non osa dire la sua, a volte invece si lancia… da una battuta migliore o peggiore sente che dipende molto della sua storia. E poi gli altri, esseri occasionali, che sono media nel ruolo e nella compagnia, incerti se restare in silenzio come il più giovane o prendere parte, esprimersi, ma che non sembri troppo, che non sia eccessivo. Nessuno guarda mai in alto, verso il cielo. Eppure ci sono splendide nuvole oggi…

Quei ragazzi (che poi di ragazzi si stratta, basta immaginarli adolescenti, nel cortile, correre dietro a un pallone, ed è facile vederli) sono lì per denaro, sono lì per circostanza, per occasione e convenienza, per bisogno. Il loro buonumore deriva in parte dalla pausa che stanno effettuando, dal riposo meritato a cui hanno diritto. Per il resto galleggiano, in relazione con quello che c’è, compagni di viaggio quotidiani che non sono stati scelti, a cui non corrispondono, in luoghi assurdi, da cui dovrebbero evadere. Ma ostentano allegria, un’allegria costosissima, che li logora, che li renderà esangui, la sera, quando si ritroveranno nella loro casa dove potrebbero essere autentici, finalmente, ma troppo stanchi perfino per tentare.

Mi censuro, in questo sguardo. Provo tenerezza. Quei ragazzi fanno del loro meglio, si impegnano. Poi però non riesco, non ce la faccio… Li guardo con compassione, mi chiedo perché passare la vita su un palcoscenico tanto duro. E penso che la via c’è, che si può vivere in modo differente. Penso che qualunque sforzo, qualunque privazione sarebbero più giustificati della fatica di quella pausa pranzo a rincorrere parole, ruoli, giurisdizioni tra esseri che non comunicano, che se cambiassero datore di lavoro scomparirebbero, sostituirebbero con altri la funzione degli uni senza alcuna discontinuità.

Ogni volta che li vedo, mi ricordo. Ricordo la fatica delle parole al vento, sprecate, delle energie dissipate a non costruire niente, dello sforzo duro a essere-come-si-doveva, non come-si-poteva, come sarebbe stato giusto. Penso alla violenza di uno, due anni, dieci, trent’anni trascorsi così, o tutta la vita perfino. Sorrido, perché mi tornano a mente i discorsi di tante persone incontrate quest’anno, che hanno capito almeno questa pausa pranzo, almeno questo momento, e si rivolgono altrove. Qualunque impegno, qualunque costo, è inferiore a questo. Qualunque tentativo offre in cambio, almeno, la dignità.

simoneperrotti.com

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L’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: i soccorsi erano stati prestati
a un egiziano irregolare che si era sentito male durante la protesta alla ex Carlo Erba a Milano

Saranno denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina “il medico curante e persone esterne” all’ospedale San Paolo di Milano, da dove è stato dimesso l’immigrato che nel pomeriggio di sabato è sceso dalla torre della ex Carlo Erba, in via Imbonati, a causa delle sue gravi condizioni di salute. Lo rende noto la questura di Milano, aggiungendo che l’immigrato è stato dimesso nella prima mattinata odierna da parte di personale medico di quell’ospedale.

I soccorsi all’immigrato sulla torre

Nel comunicato non è spiegato quali sia il medico che sarà denunciato: se quello appartenente a Emergency, che l’ha curato sulla torre, oppure un medico che l’ha assistito in seguito. “In merito ai fatti sono in corso indagini per accertare la correttezza delle procedure adottate – spiega la questura – essendo emersi da parte del medico curante e di altre persone estranee alla struttura sanitaria comportamenti che configurano l’ipotesi di reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. I fatti costituenti reato saranno oggetto di denuncia all’autorità giudiziaria”.

La Repubblica.it

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Da quando si crede un esperto di mafia senz’aver mai seguito un processo di mafia in vita sua, Pigi Battista riesce, se possibile, ad accumulare più figure barbine della sua pur ragguardevole collezione. In perfetta simbiosi con i trombettieri berlusconiani, scrive sul Corriere che “i teoremi vacillano”, tutto eccitato per le dichiarazioni dell’ex ministro Conso sul mancato rinnovo del 41-bis a centinaia di mafiosi detenuti nel ’93. Il che, a suo avviso, “smentisce facilonerie e interpretazioni che godono di molta popolarità, specialmente a sinistra”. Quali? Che la trattativa Stato-mafia nel 1992-93 fosse finalizzata a “creare una nuova forza politica di cui si preconizzava con incredibile intuito profetico l’egemonia sulla Seconda Repubblica”. La tecnica è esemplare: si attribuisce a una misteriosa “sinistra” facilonerie e interpretazioni mai dette da nessuno, poi si usa Conso per smentirle: “L’alleggerimento sul 41-bis era già stato realizzato da un mondo lontanissimo dal berlusconismo politico in nascita”. Cioè dai governi Amato e Ciampi che, essendo “di centrosinistra” (in realtà di pentapartito, il Pds non c’era), non potevano “far parte di un ‘complotto’ orchestrato dalla mafia e dalla nuova politica dell’utrian-berlusconiana”. Il pover’uomo, approdato in tarda età a occuparsi di queste vicende, non ha mai letto un libro né una pagina di atti giudiziari. E, da buon orecchiante, fa due più due: siccome il 41-bis l’ha alleggerito Conso, la nascita di Forza Italia non c’entra con la trattativa. Non sa che da 15 anni i magistrati lavorano intorno ad almeno due trattative: quella degli ultimi scampoli di Prima Repubblica (1992-93) per fermare le stragi, e quella dei primi vagiti della presunta Seconda (1993-94), per rimpiazzare gattopardescamente la Prima con una nuova classe politica ancor più compromessa con la mafia, ma dotata di un potere contrattuale più forte di quello dei partiti agonizzanti per Tangentopoli. (altro…)

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Otto minuti e ventidue secondi. I video su youtube in genere sono di due tipi: brevi, con slogan, incisivi ma mai troppo argomentati; oppure lunghi, magari statici, che colpiscono meno, ma che forniscono argomentazioni e opinioni. I primi sono indicati per promozioni, per veicolare messaggi da approfondire in altra sede, gli altri servono a spiegare argomentando.

Così, quando sul canale di Mariastella Gelmini è stato pubblicato un nuovo video, guardando alla durata, otto minuti e ventidue secondi, ho sperato che fosse carico di critiche argomentate alle proteste studentesche. Invece no. Otto minuti e ventidue secondi per dire che la riforma è una bella riforma, che bisogna approvarla, che non bisogna farsi strumentalizzare. Luoghi comuni e frasi fatte. Come un’alunna poco preparata di fronte a un’interrogazione, guardando in camera, pronuncia le parole magiche: “strumentalizzazione”, “baroni”, “centri sociali”, “finanziamenti a pioggia”, “status quo”. Le mani, una sull’altra, si aprono, talvolta, come per spiegare meglio concetti non espressi.

Se quel video fosse stato un’interrogazione, dopo cinque minuti (forse meno), qualunque professore l’avrebbe interrotta: “In sostanza?” avrebbe chiesto. (altro…)

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In oltre 8100 supermercati in tutte le citta’ italiane e’ possibile oggi fare la spesa e al tempo stesso, compiere un gesto di solidarieta’ in occasione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. A promuovere l’evento e’ la Fondazione Banco Alimentare Onlus che da anni si occupa di sostenere le persone piu’ povere, attraverso donazioni di cibo e non solo. Oltre 100 mila volontari sono all’ingresso dei punti vendita un sacchetto da riempire con prodotti non deperibili e prodotti per l’infanzia.
“Un’iniziativa che fa bene a chi riceve ma anche a chi dona”, ha sottolineato alla Radio Vaticana mons. Marco Inzoli, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus.

www.agi.it

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In una settimana ha raccolto un milione e mezzo di visite. Un minuto per una lunga storia d’amore, raccontata da un bambino, che ribalta le teorie della pubblicità. La storia di “Perché mi piaci” è un fenomeno del Web 2.0, perché questa pubblicità, che tutti vogliono, inizialmente era stata snobbata.

Lo spot riprende il concetto latino di “scripta manent” (quel che è scritto resta) e sta facendo innamorare la Rete, come i suoi creatori, tre giovani creativi milanesi, non avrebbero mai immaginato. Soprattutto se si considera che la loro idea era stata scartata dagli addetti ai lavori perché considerata deprimente.

Il racconto, infatti, lascia intendere un ideale passaggio dalla freschezza delle parole del bambino verso la sua fidanzatina alla vecchiaia di una coppia, la malattia e l’inesorabile fine di un’esistenza. Eppure, colpisce e commuove.

Davide Mardegan, 26 anni, co-fondatore dell’agenzia Cric insieme al coetaneo Clemente De Muro, copywriter, e Niccolò Dal Corso, 28enne produttore esecutivo, hanno avuto l’idea di girare comunque lo spot e postarlo su Vimeo e sui loro rispettivi profili.

Il successo è stato incredibile: il video è cliccato in tutto il mondo (grazie ai sottotitoli in inglese) e sta diventando un allegato ideale per le dichiarazioni d’amore. C’è chi manda il link al video, chi trascrive il testo e lo pubblica sul proprio blog, sul profilo Facebook o sulla bacheca di un amico o un’amica.

Dalla stroncatura, probabilmente frettolosa, dei soliti esperti, ora la società ha aperto le trattative per garantire al miglior offerente questo medesimo spot, da girare nuovamente inserendo il marchio.

Miracoli delle reti sociali, del rating dal basso al quale ogni prodotto, ogni tipo di comunicazione dovrà sempre più abituarsi a sottostare. E come insegna la vicenda di questi tre ragazzi che hanno deciso di fare in proprio, dietro l’angolo c’è la grande occasione.

oneweb2.0

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Il sindaco del comune a Castelli: «La Regione doveva pensarci 7 anni fa». Distributori per i bimbi 0-3 anni
Polverini mobilita le autobotti della Protezione civile.

Il primo sindaco che nel Lazio chiude i rubinetti per fronteggiare il caso dell’arsenico nelle acque potabili è quello di Velletri Fausto Servadio. Con voce bassa e stanca sbotta così quando lo informano che la Regione ha chiesto al Governo lo «stato di emergenza»: «Avrebbero potuto pensarci da almeno sette anni, quando c’era il tempo necessario per intervenire e abbassare valori. E non ci troveremmo in questa situazione, dove tutti agiscono come Ponzio Pilato e dove saranno costretti a portare l’acqua da bere con le autobotti della Protezione civile».
Sono le 16 di mercoledì 25 novembre: l’ordinanza appena firmata dal sindaco inaugura la serie di provvedimenti analoghi che potrebbero arrivare a raffica da altre località dei Castelli, del Viterbese e del Pontino. Tutti provocati da quel «no» che l’Ue ha pronunciato contro la richiesta del governo italiano di prorogare la deroga ai limiti massimi di arsenico nelle acque pubbliche.  

Distribuzione di acqua potabile con le autobotti
Distribuzione di acqua potabile con le autobotti

LA REGIONE: 21 I COMUNI A RISCHIO – Nella cittadina a sud di Roma – 50 mila i residenti nel comune – e in molti altri centri del Lazio, il problema è lo stesso: l’arsenico trovato negli acquedotti supera di molto i 10 microgrammi per litro, valore massimo consentito dall’Unione Europea che il 12 novembre ha intimato all’Italia di correre ai ripari. D’improvviso e bruscamente, da Bruxelles hanno chiesto di riportare alla normalità i pericolosi parametri di quella sostanza che se assorbita a lungo in quantità eccessive risulta cancerogena.
Secondo l’elenco Ue, nel Lazio sarebbero 91 i comuni a rischio anche se adesso l’assessore regionale all’Ambiente Marco Mattei, annunciando uno stanziamento straordinario di 8 milioni «per le popolazioni colpite», ha ridotto il numero a 21, mentre altri 67 sarebbero in grado di avere un’ erogazione salubre, dentro i limiti della deroga, entro 2 anni al massimo. Di fatto, però, adesso sono 91 comuni e le persone interessate sono molte di più di quei «100 mila cittadini senz’acqua potabile» ipotizzati dal ministro della Salute Ferruccio Fazio nel question time alla Camera.  (altro…)

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Da tempo andiamo sostenendo che i politici non c’è più bisogno d’intercettarli. Basta intervistarli, anzi lasciarli parlare. Prendiamo Bondi, ammesso che se ne trovi ancora traccia dopo le disavventure degli ultimi giorni. L’altro giorno, quando viene a sapere che ci stiamo occupando di Roberto Indaco, marito della sua compagna on. Manuela Repetti, attualmente in fase di divorzio, del quale peraltro si era già occupato lui facendogli avere una consulenza da 25 mila euro l’anno come massimo esperto nazionale in materia di “Teatro e moda”, telefona in redazione per vedere se non sia possibile stendere un velo pietoso sulla circostanza. Poi scopre che è impossibile, se ne fa una ragione e detta una memorabile dichiarazione: “Nel caso del signor Indaco, io non ho fatto altro che aiutare una persona che si trovava in una drammatica difficoltà. Aveva le competenze professionali per usufruire della consulenza, quindi non ho violato leggi né norme”. Sulle competenze professionali sorvoliamo per carità di patria (pare che il superconsulente accogliesse i clienti nel motel di famiglia a Novi Ligure). Ma facciamo timidamente notare che, in epoca di tagli e austerità, il suo ministero è riuscito a sistemare anche l’altro membro della famiglia acquisita, Fabrizio Indaco, figlio di Roberto e Manuela, assunto con contratto interinale alla direzione Cinema dei Beni culturali per occuparsi, guardacaso, di finanziamenti. E James: “Si tratta di importi molto modesti. Nel caso di Roberto Indaco, al netto delle trattenute, poco più di 1.000 euro al mese”. Ecco, nel paese in cui un giovane su quattro è senza lavoro (tre su quattro nel Sud) e si suicidano a raffica i precari che non si vedono rinnovare il contratto, è consolante sapere che in casa Repetti nessuno perde lavoro, anzi tutti lo trovano, e sempre al ministero di Bondi. Il quale, anziché scavarsi un buco, infilarsi dentro e chiudere il tappo, piagnucola pure: “Desidererei rispetto, si tratta di una vicenda dolorosa. Di una storia amara, ma anche del tutto personale e privata”. (altro…)

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Equilibrismi politici e vittime della crisi.

Due mondi paralleli. Quello delle schermaglie parlamentari, dell’estenuante pingpong degli emendamenti, dei piccoli e dei grandi ricatti, dei conigli finanziari che appaiono e scompaiono vorticosamente nel cilindro di Tremonti, degli schieramenti che si misurano e si scrutano guardando alla geografia immaginaria degli equilibri futuri. E quello delle università occupate, degli studenti e dei precari in corteo in numerose città italiane, di una compagine eterogenea e numerosa
di soggetti sociali colpiti dalla crisi e dalle ricette che pretendono di curarla.
Sempre meno rassegnati a subirne la violenza, sempre meno inclini a cibarsi di promesse. Non è più tempo di cullarsi nel separatismo benintenzionato degli altri mondi possibili, di testimoniare su scala ridotta le possibili virtù dei rapporti sociali liberati. L’assedio dell’altro ieri a palazzo Madama chiarisce, almeno sul piano simbolico, che per due mondi paralleli non c’è più spazio, che le forme della democrazia vengono quotidianamente svuotate dal procedere della crisi e da un conflitto di interessi che non è quello che oppone Berlusconi e il suo impero ai doveri del buon governo, ma i profitti ai salari, la rendita finanziaria all’indigenza del precariato, la proiezione verso il futuro alla conservazione dei privilegi, il bene comune all’appropriazione privata, la libertà del sapere al suo asservimento. L’irriformabile riforma Gelmini e l’opposizione tenace che la osteggia mettono egregiamente in scena tutto questo. Non ci sono spazi per accorte mediazioni: prendere o lasciare. La maestrina con la sua bacchetta e i suoi consulenti (miracolosamente sopravvissuti a decenni di fandonie e fallimenti) si trovano su un fronte ben più grande della loro misera statura. Per questo non si può indietreggiare di un passo. Per questo o si sta dalla parte degli studenti in lotta, fino in fondo, senza distinzioni, timidezze e opportunismi, problemi di galateo e di buone maniere, o si sta dalla parte di un governo ultraliberista e autoritario, cui non potrà che seguire un altro governo ultraliberista e autoritario.
Nello smottamento generale del quadro politico italiano il conclave delle alchimie parlamentari può essere scoperchiato, i movimenti possono tornare a fare paura, il tumulto a destabilizzare la tranquilla certezza di autoconservazione del ceto politico nel gioco spregiudicato di infinite ricombinazioni. Che questo è il nodo che da anni ci stringe alla gola: i poteri politici, speculativi, aziendali dominanti non hanno più avuto paura di nulla. Né dell’opposizione politica e sindacale, né dell’indignazione dei cittadini, né del ridicolo, della ragione o della verità. (altro…)

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Donne.

Se tutte le donne
andassero a scuola. Se
tutte le donne si
laureassero. Se tutte le
donne smettessero di
guardare i programmi
televisivi dove le donne sono svilite. Se
tutte le donne non comprassero più i
prodotti che fanno pubblicità usando il
corpo delle donne. Se tutte le donne
imparassero a usare i contraccettivi. Se
tutte le donne denunciassero ogni
violenza subita. Se tutte le donne
votassero solo le donne. Se tutte le donne
pretendessero dai mariti una divisione
equa dei compiti familiari. Se tutte le
donne lavorassero. Se tutte le donne che
lavorano chiedessero di essere pagate di
più. Se tutte le donne imparassero una
lingua straniera. Se tutte le donne
spiegassero alle iglie come funziona il
loro corpo. Se tutte le donne insegnassero
ai igli come si stira una camicia. Se tutte
le donne imparassero a usare il computer.
Se tutte le donne aiutassero le altre
donne. Se tutte le donne si
organizzassero. Se tutte le donne
facessero sentire la loro voce. Se tutte le
donne sapessero il potere che hanno.

Giovanni De Mauro  

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Curato da Telefono rosa e ideato da Annamaria Barbato Ricci è arrivato in libreria Le Italiane (Castelvecchi editore) contributo al femminile per i 150 anni dell’Unità d’Italia: quindici ritratti di donne che, nel tempo, hanno lasciato la loro impronta nei campi della politica, della cultura e delle scienze. ScrittI da autrici da sempre attente ai saperi delle donne tra cui Sandra Artom, Marta Aiò, Brunella Schisa, Danila Comastri Montanari, giornaliste come Laura Delli Colli e specialiste come Maria Rita Parsi. I proventi del libro, già un successo grazie al porta a porta messo in moto dalle lettrici, saranno devoluti al Telefono rosa, l’Associazione che da oltre vent’anni si dedica all’assistenza delle donne che subiscono ogni genere di soprusi e che, per Le Italiane, ha raccontato il capitolo dedicato alle 21 protagoniste della Costituente nel 1947. Iniziativa che cade in contemporanea con la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, fenomeno in costante aumento nel nostro Paese.

Ed è bello poter rivolgere lo sguardo al valore delle donne e a quelle figure che hanno attraversato la storia d’Itaia segnandone le tappe, e trovare, nella biografia di ognuna di loro, dettagli inediti e nuovi spunti di costruttiva riflessione. Un elenco necessariamente limitato nel numero di donne coraggiose, anticonformiste e determinate, in rappresentanza dei moltissimi talenti femminili di ieri e di oggi rimasti nel silenzio o mai abbastanza valorizzati.

La galleria parte da lontano: dalla vita straordinaria di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, nata nel 1808, giornalista, viaggiatrice e femminista della prima ora, oltre che paladina del progressismo e dell’unità nazionale. E prosegue, lungo i decenni, con le forti personalità di Matilde Serao, che a cavallo del Novecento creò e diresse periodici e quotidiani; Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura nel 1927; Maria Montessori, la scienziata che mise il bambino al centro di una scuola nuova la cui validità non è mai tramontata. E con Tina Anselmi, Nilde Jotti, Rita Levi Montalcini. Fino ai nostri giorni con Sara Simeoni, stella dell’atletica, o con l’economista di fama Fiorella Kostoris. (altro…)

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Presidio davanti alla Camera. I ragazzi tentano di entrare a Palazzo Madama. Lanci di uova, manifestazioni da Torino a Palermo. Il segretario Pd a Roma alla facoltà di Architettura.

Tensioni, lanci di uova, proteste, occupazioni, e persino un tentativo di assalto a Palazzo Madama. Gli studenti universitari protestano in molte città italiane contro il ddl Gelmini che riforma gli atenei. Un gruppo di studenti ha superato le consuete barriere di sicurezza ed è arrivato a premere alla porta di Palazzo Madama intorno alle 12,30: i commessi e gli agenti di sicurezza hanno tentato di tenerli fuori ed è iniziato un fitto lancio di uova. Il leader del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, è andato a parlare con i ricercatori e gli studenti che da ieri sono sul tetto della facoltà di Architettura in piazza Borghese a Roma. Davanti alla Camera dei Deputati a Roma c’è un presidio di studenti universitari, insieme a ricercatori e docenti. «Una delegazione dell’Italia dei Valori guidata da Antonio Di Pietro e dal senatore Pancho Pardi andrà sul tetto di Architettura alle 13,30, alla fine dei lavori dell’Aula della Camera, ad incontrare i ricercatori in lotta sul tetto dell’edificio.

I manifestanti che hanno tentato di dare l’assalto al Palazzo del Senato sono stati respinti all’ingresso principale dell’edificio, e si sono spostati in corso Rinascimento. Un cordone di polizia e carabinieri ha tenuto a distanza da Palazzo Madama circa 500 studenti, una decina dei quali porta dei caschi e delle sciarpe sul volto. Una parte del corteo ha iniziato a defluire, apparentemente in direzione del Lungotever«Siamo in piazza per chiedere alle forze politiche della Camera di fermare questo scempio del sistema universitario pubblico italiano», dice in una nota l’Unione degli universitari (Udu), «se questo ddl supererà l’esame della Camera bloccheremo il Paese partendo dalle Università».

«Il ddl Gelmini è un disastro omeopatico, smantella l’università pezzo a pezzo» ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani,sul tetto della facoltà di Architettura a largo Borghese a Roma. «Perfino in Grecia stanno facendo riforme sociali e per la conoscenza. Prima o poi ci arriveremo anche noi: se ci date una mano riprenderemo la riforma perchè noi siamo un partito reale e facciamo le riforme di cui la gente ha bisogno». (altro…)

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