Invece di dare risposte sensate, la consorteria che controlla il Pdl campano – e non solo campano – si sta scannando per accaparrarsi i milioni che Berlusconi ha promesso, con un decreto che il presidente Napolitano dovrebbe promulgare senza averlo ancora nemmeno visto. E comunque dobbiamo sapere che la soluzione non verrà certo da lì.
A sette mesi dalla visita della delegazione del parlamento europeo, che aveva constatato il disastro provocato da 14 anni di gestione commissariale dei rifiuti campani e dai due di gestione Bertolaso, è ora la volta di una delegazione della Commissione europea, il cui responso è molto più gravido di conseguenze; perché non potrà che confermare il blocco dei finanziamenti Ue determinato da una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Il capodelegazione ha già dichiarato che rispetto a due anni fa niente è cambiato (il che non è esatto, perché la situazione si è ulteriormente aggravata) e presto la Commissione europea dovrà prendere atto di quello che si è finora rifiutata di ammettere: e cioè che le numerose denunce dei molti comitati che si sono rivolte a lei e al parlamento europeo sono pienamente fondate; e che le smentite del governo e di Bertolaso, secondo cui tutto era in via di riordino e l’emergenza era stata superata, erano sonore balle. Il disastro è infatti completo, ma le strade per porvi rimedio sono ormai chiuse. Le province di Salerno, Benevento e Avellino stanno meglio; la raccolta differenziata ha fatto dei passi avanti; ma sono senza impianti di compostaggio e le loro discariche, riempite dai rifiuti della provincia di Napoli, sono quasi piene. La provincia di Benevento ha deciso di costruire a Casalduni una struttura che ricalca il centro riciclo di Vedelago, il che permetterà di riciclare tutto quanto residua dalla raccolta differenziata: un passo importante verso l’obiettivo “rifiuti zero”. Male province di Napoli e Caserta sono al tracollo: i rifiuti si accumulano per strada; Asìa, l’azienda di igiene urbana di Napoli, ma come lei molti altri comuni, non hanno né i mezzi né il denaro per raccoglierli, per pagare i lavoratori, per mettere in campo raccolte differenziate di emergenza (Bertolaso ha lasciato le casse vuote e una montagna di debiti). Aspettavano i “termovalorizzatori”, perché l’idea è sempre quella di buttare negli inceneritori il rifiuto tal quale, come si è fatto fino ad ora nelle discariche.
Berlusconi è stato costretto a cancellare le discariche su cui Bertolaso contava per continuare a nascondere il disastro che ha imbastito, e ora non c’è più impianto in grado di accogliere più rifiuti di quanti già non ne ingoi; i depositi “temporanei”, aperti nei luoghi più contaminati dai sedici anni della passata gestione commissariale, rigurgitano e nessuno lascia più passare i camion della “munnezza”.
Ma non la vogliono nemmeno le altre regioni (con l’eccezione della santa Toscana): è la terza volta che dalla Campania si invoca l’altrui solidarietà «per l’ultima volta». Gli Stir, già Cdr, i sette impianti di trattamento meccanico biologico che, se fossero stati fatti funzionare, avrebbero potuto evitare il disastro (hanno una capacità superiore a tutta la produzione di rifiuti urbani della regione) sono fermi: intasati dai rifiuti accumulati al loro interno: prima (gestione Impregilo) per produrre più ecoballe possibile, per lucrare gli incentivi CIP6 quando fossero stati pronti gli inceneritori; poi, a partire dalla prima gestione Bertolaso (2006), per incuria e per far credere che tutto fosse risolto.
L’inceneritore di Acerra funziona male e a singhiozzo. Ma fino a quando saranno pronti i tre (o quattro) inceneritori che Bertolaso non è nemmeno riuscito a far progettare in due anni e mezzo di potere assoluto e incontrastato, dove andranno mai i rifiuti campani? All’estero? Mancano i soldi per pagare queste spedizioni, già costate all’erario di tutto il paese 500 milioni di euro (dei due miliardi sperperati dai 12 commissari in forza dal 1994) .
Sarebbe ora di dare voce e poteri ai tanti comitati che si sono battuti e si battono contro questa gestione dissennata. La riconversione ambientale può partire da qui.
Guido Viale
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