Santoro: “La tv pubblica sta sempre peggio Ma noi siamo la prova che B. non è invincibile”
La proposta di Butti è politicamente aberrante e in termini televisivi è ridicola e inapplicabile. Non puoi fare un settimanale senza dargli un appuntamento certo. Se noi siamo così importanti e Bruno Vespa è così sacrificato, facciamo cambio: a noi le sue quattro seconde serate, a lui la prima su Rai2. E continui pure a trasmettere oltre le 23.10, vinca il migliore. Il Minculpop è il metodo: la Commissione parlamentare di Vigilanza, che dovrebbe limitarsi a dare gli indirizzi sul pluralismo al servizio pubblico, si sostituisce al Consiglio di amministrazione che ha nominato e a maggioranza stabilisce quali programmi fare e in quale giorno. È un precedente insopportabile: un partito e il governo che scelgono il prodotto culturale, decidono la messa in onda. L’obiettivo non cambia mai: Annozero, Ballarò… Il governo pretende di gestire minuto per minuto la nostra azienda che vive per metà di canone e per metà di mercato. Non si tiene conto che Ballarò e Annozero sono trasmissioni che attirano la pubblicità e che ricavano solo dalla pubblicità molto più di quanto costino. I nostri ricavi pubblicitari consentono anche di pagare altri programmi di servizio pubblico. Se tu fermi Annozero e Ballarò, sottrai risorse al servizio pubblico e favorisci i principali concorrenti, cioè uno solo: Mediaset. Ancora una volta fai gli interessi di Berlusconi, proprietario di Mediaset. Ma il presidente Sergio Zavoli ha sgridato l’opposizione perché fa ostruzionismo sul testo di Butti. C’è tanta urgenza di un atto sul pluralismo? Il provvedimento non c’entra nulla con il pluralismo. E Zavoli sta prendendo una grave cantonata con tutto il rispetto e la stima per lui. Siamo di fronte a un’ingerenza del governo: se fosse approvata, sarebbe una gravissima violazione della libertà di espressione. Già una volta ne hanno approfittato per chiudere l’informazione, durante la campagna per le regionali dell’anno scorso. Anche l’Agcom prese le distanze. Questa è un’invasione di campo del potere politico e del governo che vuole prescrivere come fare televisione in Rai. L’ esempio più recente: Giuliano Ferrara, cinque minuti ogni sera per due anni su Rai1. L’arrivo di Ferrara non è una notizia negativa: è un protagonista televisivo, un attore di talento, e quindi non viene danneggiato il servizio pubblico che lo ospita. In Rai deve esser-ci posto per tutti. Il problema è come viene ospitato e con quale coerenza. L’offerta deve essere plurale, ma perché Travaglio e Vauro devono lavorare senza contratto? Perché per un anno volevano imporci Vittorio Sgarbi in opposizione a Travaglio? E ora come mai la necessità del contraddittorio per Ferrara è sparita? La legge mica è uguale per tutti. Ma Ferrara potrebbe esporre le sue idee su Rai2, invece che limitarsi a sfruttare la scia del Tg1, magari senza interruzioni pubblicitarie in mezzo. L’opinione di Ferrara porta un’altra ferita al profilo storico di Rai1, una rete moderata che ha tradizionalmente fatto a meno di punti di vista forti. Ferrara e Minzolini seppelliscono la tradizione di Rai1 e di conseguenza non esiste più il grande telegiornale nazional popolare: c’è un Tg1 praticamente uguale al Tg5 anche nei numeri. Mentana con pochi mezzi fa un telegiornale molto più credibile e attraente. Non c’è dubbio che Ferrara debba potersi esprimere, ma dovrà pure conquistarsi il pubblico e lavorare per farlo. E poi mi chiedo: chi ha deciso di affidare una rubrica a Ferrara? Il direttore generale in uscita, Mauro Masi. Ecco, ormai in Rai è tutto verticale. Non arrivano alle cinque dita di una mano gli autori veramente autonomi e la creatività è soffocata: in poche parole, non c’è. Spero che un giorno la Rai avrà un dg che lavori soltanto per realizzare la missione del servizio pubblico. E oggi dovrebbe essere la Vigilanza a delineare le caratteristiche di questa missione e non a intervenire sui programmi e a suggerire il palinsesto. Ormai il prodotto è realizzato fuori, da impresari e produttori di format che prendono in appalto pezzi della televisione e fanno quel che vogliono, a patto che non disturbino il governo. Non vedremo mai più una serie come La Piovra. Vedremo ancora Annozero? La traiettoria di Annozero non è da tempo tracciata da necessità creative, ma da eventi esterni. Se il problema è sopprimere il programma è chiaro che ci ribelliamo, ma siamo anche costretti, per difenderci, a non cambiare. Mi auguro che presto ci sarà una Rai normale per parlare di nuovi progetti. Ricordiamoci sempre che stiamo vivendo un momento storico di svolta, il punto più alto di una malattia che ha colpito il Paese e la televisione in particolare: o il paziente Rai – oggi completamente paralizzato dalle aggressioni – muore, o si trova la medicina giusta. Anno-zero è la rivendicazione di un’autonomia della televisione ed è anche e la dimostrazione che Berlusconi non è invicibile. Ogni volta che andiamo in onda dimostriamo, con tutto quello che fanno per chiuderci, che Berlusconi ha perso un’altra battaglia. Con noi non è competitivo, e quindi deve fare il lavoro sporco, ci deve chiudere, come ci ha fatto capire l’inchiesta di Trani. Martedì ha ricevuto una lettera di minaccia con proiettili da caccia, indirizzata anche a Travaglio, Gomez e Barbacetto. Perché la Rai non vi ha avvisato? Noi ne subiamo di tutti colori. C’è una stranissima sensazione che le persone scomode al presidente del Consiglio possano subire qualsiasi angheria. Ho rispetto per le forze dell’ordine, loro sanno valutare i pericoli. Ma di proiettili ce ne hanno spediti molti e non è mai scattato l’allarme. Premesso: sono contro le scorte, ma non dirò mai toglietele a Feltri, Belpietro o Fede. Ma il fatto che le scorte le abbiano solo giornalisti come loro e noi no che segnale è? Lo chiedo al capo della Polizia, al ministro dell’Interno, a tutti. I proiettili che ci vengono spediti non sono mai importanti, e nemmeno ci comunicano che sono arrivati. Come se, in fondo, qualcuno fosse convinto che, se capita qualcosa a noi, tutto sommato ce lo siamo meritati. Perché siamo i soliti rompiscatole e dobbiamo subire di tutto.
Carlo Tecce da Ilfattoquotidiano.it del 3 marzo 2011.
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