Non è colpa del povero Alfano se la sua nomina per acclamazione a segretario del Pdl è stata accolta da molte ironie e da una diffusa indifferenza. Il suo incarico è più un´onorificenza che una vittoria conquistata sul campo. La politica vera è fatta di congressi, discussioni, primarie, lotta per la leadership, e di tutto questo, se si eccettua il brevissimo squarcio di vera lotta politica aperto da Fini e chiuso con la sua cacciata, nel Pdl non c´è mai stata traccia. Neanche la più pallida.
Il sarcasmo di Bersani su Alfano “segretario di Berlusconi” sarà anche segno di scarso fair-play, ma è calzante e ben riposto (checché ne dica il neo-moderato Di Pietro). Nei partiti democratici il timone va a chi vince i congressi e convince i delegati, non a chi viene indicato dal proprietario-fondatore come si fa nelle aziende a conduzione familiare. Il rispetto degli avversari è qualcosa che si conquista sul campo, e il Pdl se lo sarà conquistato quando ai suoi dirigenti sarà riconosciuto il talento e il merito di chi si è sudato i suoi voti partendo dalle strade, dai luoghi di lavoro, dalla società. Che il principale partito del centrodestra italiano sia così poco meritocratico, così disattento al valore individuale, è una delle tante, profonde storture che Berlusconi lascerà sul campo quando si leverà finalmente di torno.
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