Almeno 30 mila persone in corteo. Evitati i temuti blitz a piazza Alimonda.
Canti e danze a sera in piazza Caricamento, al Porto Vecchio, dopo il corteo del pomeriggio promesso pacifico e pacifico partito e arrivato – hanno disciolto l’apprensione che aveva quasi desertificato il percorso, sbarrato il centro, svuotato, seppur lontani dalla manifestazione, molti dei luoghi simbolo del luglio 2001.
Si possono spartire i meriti gli organizzatori di «Genova verso il 2011» e le forze dell’ordine rimaste attente e presenti ma senza apparire. Così, come si voleva da un mese in qua, anziché la violenza ha conquistato i media il contenuto: i temi di un G8 affumicato dai lacrimogeni, tinto di sfascio dalle tute nere e di sangue da una repressione insensata, hanno dieci anni dopo occupato piazze, gallerie, strade, dibattiti su «pace e guerra», «beni comuni», «migranti», «lavoro». Se ne può parlare senza massacrarsi, dunque.
Nei giorni scorsi la tensione si sentiva salire. Ed era la tensione del timore di rivedere Genova travolta. Alla fiaccolata verso la Diaz, che poco ha bloccato il traffico, tanti strombazzavano alla polizia municipale che interrompeva il flusso di auto.
In piazza Alimonda, al ricordo di Carlo Giuliani, tanti promettevano che nella notte avrebbero ripulito la scritta sulla targa all’angolo che sostituiva il nome del ragazzo a quello ufficiale.
E’ sbollito tutto pian piano, quando il corteo, aperto dai No Tav della Val di Susa, è partito scaglionato come una passeggiata da piazza Montano, a Sampierdarena, con ampi spazi vuoti tra i gruppi, senso di quiete ma anche impossibilità di trovar nascondiglio per i professionisti della guerriglia venuti da fuori.
In testa c’erano i protagonisti di dieci anni fa, Vittorio Agnoletto e Luca Casarini, e con loro il giornalista Lorenzo Guadagnucci, manganellato alla Diaz.
C’erano parlamentari della sinistra ora impegnati proprio contro l’Alta Velocità, in piazza Caricamento c’era Nichi Vendola. C’era il missionario comboniano Alex Zanotelli. Sul camion dei No Global è arrivato l’incontenibile don Andrea Gallo, che qualche sera fa tuonava contro la chiesa di piazza Alimonda chiusa durante la manifestazione e ieri pomeriggio portava nel corteo e amplificava l’amarezza e la generale sfiducia diffuse con un sintetico: «Dal Parlamento tutti a casa».
A sera è venuto un clima sempre più di festa, con la musica di Zamboni e Baraldi e della band Modena City Ramblers. Ma a chiudere il cammino di una convinzione, quella di un silenzio dello Stato dopo una reazione indiscriminatamente aggressiva dieci anni fa.
In capo al corteo c’erano Giuliano e Haidi Giuliani, che continuano a chiedere «tutta la verità», quindi qualcosa che va al di là del disperato gesto del giovane carabiniere che sparò chiudendo la vita di un altro e vedendo devastata la propria.
«Andare avanti» era il messaggio ricorrente in mezzo alla folla che scivolava sotto una sopraelevata aperta e percorsa come sempre, o lungo il mare dell’Acquario, degli imbarchi da traghetto o da crociera, davanti al Vascello, lungo una via Gramsci dove cinesi e maghrebini avevano già chiuso le attività, lungo un centro di storico di Pré presidiato, con curiosità e diffidenza, dai latinoamericani anziché dalle uniformi di polizia e carabinieri.
Si è contato il popolo del G8: cinquantamila i partecipanti per gli organizzatori, trentamila per le forze dell’ordine. L’indomani dell’assalto notturno al cantiere Tav di Chiomonte e la vigilia di un altro corteo valsusino, l’organizzazione genovese, seppur cavalcata strada facendo dai toni enfatici e generalizzanti di una variegata sinistra, ha creato la discriminante tra pacifismo e guscio consenziente per le azioni di guerriglia.
Gli infiltrati c’erano ma senza spazi tattici né consapevoli coperture. Qualche striscione o slogan aggressivo, il ritorno di «Bella ciao» e «Bandiera rossa» non hanno tradito la memoria di chi quel G8 ha patito sulla persona e di chi l’ha visto devastare una città incolpevole e orgogliosa.
da La Stampa del 24/07/2011.
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