Per la cartestia rischiano di morire 750 mila persone. Ma a mettere in fuga uomini, donne e bambini sono anche le tensioni politiche. In centinaia di migliaia hanno lasciato il paese.
E’ una tragedia senza fine quella che colpisce la Somalia con centinaia di persone in fuga dal paese. Da mesi carestia e siccità mettono a rischio la vita di 13 milioni di individui in tutto il Corno D’Africa. Secondo l’Onu si tratta della più grave crisi di questo tipo negli ultimi 60 anni: coinvolge 3,2 milioni di persone in Kenya, 2,6 in Somalia, 3,2 in Etiopia, ma anche migliaia di persone in Eritrea e a Gibuti. Ma la Somalia si trova ad affrontare anche una serie di conflitti interni. Si assiste ad un esodo di massa, non solo per la carenza di acqua, ma anche per il complesso quadro politico.
Oggi la popolazione è alle prese con una gravissima carestia, che ha colpito già sei regioni: rischiano di morire in 750 mila. 1Ma i somali sono anche ‘ostaggio’ di una forte crisi politica: un gruppo di radicali islamici, gli Al Shabaab, tenta di dettare legge nelle zone finite sotto il loro controllo. Succede in buona parte del sud del Paese e in qualche distretto della capitale. Di fronte a questa situazione di forte instabilità, per salvare la vita e quella delle proprie famiglie in migliaia lasciano le loro case. Diverse agenzie umanitarie hanno definito la situazione ” un esodo senza precedenti”.
I bambini di Mogadiscio. La crisi umanitaria colpisce soprattutto i minori che si trovano spesso senza genitori ad affrontare la fame e la sete. Ogni giorno 400 rifugiati arrivano nel centro medico ‘Sos villaggi dei bambini’ 2di Mogadiscio. A Baidoa, definita “Città della morte”, migliaia di persone vengono curate nella clinica Sos, aperta nel mese di agosto. Al momento è l’unica struttura sanitaria di riferimento per i due principali campi profughi nella zona. In alcuni casi le strutture Sos presenti in Somalia sono state costrette a chiudere temporaneamente a causa degli scontri, ma nei 30 anni di presenza nel paese, Sos non ha mai smesso di intervenire a sostegno della popolazione, attraverso l’ospedale, il centro medico, la scuola e le strutture di accoglienza.
La questione sanitaria. Ettore Mazzanti di Medici Senza Frontiere 3 ha lavorato fino a qualche giorno fa a Mogadiscio come coordinatore medico per l’emergenza. ” La carenza di acqua sicura, la penuria di servizi igienici e il mancato smaltimento di ogni forma di rifiuto – spiega – sono una terribile miscela esplosiva per le migliaia di esseri umani che vivono sovraffollati in ripari precari alla ricerca ostinata di sopravvivenza, nonostante tutto”.
Centinaia di migliaia in Kenya. Secondo l‘Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati 4(Unchcr), l’afflusso di sfollati nella capitale somala avrebbe raggiunto il suo picco nel mese di luglio, quando 28.000 sfollati si sono riversati in città in cerca di assistenza. Il Kenya, con 498.000 rifugiati somali, resta il principale paese d’accoglienza. Secondo gli operatori impegnati sul terreno, le condizioni di salute complessive dei nuovi arrivati – in particolare dei bambini – sono peggiori che in passato. Resta poi alta la preoccupazione dell’unhcr per le pessime condizioni di salute dei nuovi arrivati dalla somalia nei campi in Etiopia.
La situazione politica. La Somalia ha convissuto con una guerra civile ventennale, esplosa dopo la caduta di Mohammed Siad Barre nel ’91, e ora la speranza è quella della ‘road map’ firmata il 6 settembre dal presidente Somalo, Sharif Scheick Ahmed, dai responsabili dell’autoproclamata regione autonoma del Puntland, nel nord-est, e dalla milizia filo-governativa Ahlu Sunna Wal Jamaa. L’accordo prevede una nuova costituzione, in vigore dal 1 luglio 2012, e libere elezioni subito dopo, entro il 20 agosto.
Di VALERIA PINI da La Repubblica del 10/09/2011.
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