Pare sia un record mondiale o giù di lì. Dunque: l’Alitalia e i sindacati si accordano per mandare 700 lavoratori in cassa integrazione su base volontaria. Qualcuno avanza dei dubbi: riusciremo a trovarne così tanti disposti a rimanere a casa con lo stipendio ridotto? La risposta di piloti, hostess e personale di terra è un appassionato «sì». Le richieste sfondano quota 900: il volo dei cassintegrati Alitalia è in «overbooking», con ben duecento passeggeri in lista d’attesa.
Non c’è dubbio che sull’entusiasmo dei dipendenti della compagnia di bandiera abbia inciso il trattamento privilegiato di cui godono: chi va in cassa percepisce l’ottanta per cento della paga abituale. E coloro che hanno le tempie tendenti al grigio potranno aggiungere ai quattro anni di cassa integrazione un triennio ulteriore di mobilità, per scivolare in letizia verso la pensione. Ma stiamo parlando di un mestiere prestigioso, ben retribuito e, seppur impegnativo, non paragonabile alla fatica fisica di uno scaricatore di porto. Perché allora questa fuga anticipata ed entusiasta? Per poter volare verso un secondo lavoro in nero, come sussurrano i maligni? Io so che quelli della generazione di mio padre cominciavano a morire il giorno in cui andavano in pensione. Forse esageravano nel mettere il lavoro al centro della loro vita. Ma trovo più triste che oggi lo si consideri solo una fonte (sempre più magra) di sostentamento. Una trappola da cui scappare al più presto, con il sottile egoismo di chi utilizza privilegi che saranno negati a quelli che verranno dopo di lui.
da La Stampa del 12/10/2011.
Il solito articolo spargiletame redatto da chi la situazione dimostra di NON conoscerla se non a spanne…sono tre anni che ,ogni volta che si parla di ALITALIA , il giornalismo Italiano ci propina queste “perle” di ignoranza abissale…
Complimenti peer aver abboccato all’amo
buonasera mi chiamo francesco ceccarelli e sono, o meglio, ero un assistente di volo istruttore responsabile dell’addestramento. Entrato in alitalia nel 1979 ed uscito dall’azienda non per mia volontà bensì per volontà dei “patrioti” che hanno accettato di mettere una “fiches” sul tavolo di alitalia (come disse berlusconi)
se avremo mai il piacere di scambiarci le nostre opinioni ne sarei molto felice.
comunque io continuo a prendere gli ansiolitici (xanax) da quando ho ricevuto quella stramaledetta email da parte del prof. fantozzi che, fondamentalmente, dopo 30 anni di eccellenza nella mia professione mi ringraziava e mi augurava molta fortuna.
grazie
francescoceccarelli@libero.it
tel. 333 1638654
Buongiorno
probabilmente l’estensore dell’articolo su Alitalia è uno di quei tanti giornalisti che sputano nel piatto dove mangiano poichè normalmente non pagano i biglietti alitalia quando volano. slmeno fin quando la testata è distribuita a bordo.
Credo che la più grande riforma del nostro paese sarebbe stata quella di approvare il “passaggio” referendario di Pannella e co. di qualche anno fa sull’abolizione dell’albo dei giornalisti. Questa si una casta privilegiata ed impunita.
Saranno le mie tempie che si colorano di grigio ma sostengo fortemente che il suo gionale, come tutti gli altri, senza il sostegno di fondi publici, di cui io come tutti gli italiani ci facciamo carico, avrebbe chiuso da tempo in virtù di una evidente legge di mercato.: il numero di copie vendute non soddisfa i costi.
E’ da quando lavoro ( circa 30 anni) che pongo una fiche sul tavolo con scadenza mensile, per sostenere la vita della stampa italiana della quale, visto lo spessore, ne farei volentieri a meno.
Saluti
Francesco Grazioso ass. di volo 5 figli monoreddito , cud da 22.000 euro,
17 ore di servizio giornaliero di media, e 7 giorni a casa.
Caro Gramellini, sposti il “fuoco” delle sue stupidaggini su altri obiettivi. Grazie
Anch’io, come suo padre ho cominciato a morire, non quando sono andata in pensione ma quando mi hanno messo in cassa integrazione….Anch’io come suo padre ho esagerato a mettere il lavoro al centro della mia vita e avrei preferito continuare a lavorare mille e mille volte. La mia professionalità, i miei 29 anni di lavoro e di esperienza non sono serviti a niente….e ancora oggi mi sento defraudata da ciò che davvero non meritavo.
Carla Caufin