Se doveva segnare la nascita della Grande coalizione e la fine della collaborazione stentata tra i tre partiti che sostengono il governo, il primo pranzo ufficiale tra Monti, Alfano, Bersani e Casini non ha raggiunto del tutto il suo obiettivo. La maggioranza politica e la svolta verso una piena alleanza che in tanti si aspettavano non ci sono ancora. Come hanno sottolineato, tra l’altro, i leader di Pdl e Pd, avversari diretti fino a due mesi fa, e non ancora pronti a stringere un patto senza riserve. Se invece si misura quanto è accaduto ieri a Palazzo Chigi con il metro dello scontro all’ultimo sangue e delle lotte intestine degli ultimi mesi del governo Berlusconi, il risultato, va detto, ha del miracoloso.
Basti solo considerare la disponibilità espressa dai nemici di ieri di firmare insieme di qui a poco una mozione unitaria, che dia a Monti tutto l’appoggio parlamentare di cui ha bisogno, per tornare a trattare con i partners europei una strategia comune mirata a uscire dalla crisi dell’euro.
Qualcosa del genere sarebbe stato impensabile nel Parlamento del 2011, in cui anche le questioni più piccole facevano da detonatore a incendi quotidiani, pericolosi quanto inutili.
Da questo punto di vista va dato atto ad Alfano e Bersani, al di là della loro ufficiale limitata disponibilità, di essersi mossi con serietà e consapevolezza. Forse non avevano altra scelta, in una giornata in cui il presidente della Bce Draghi e quello del Consiglio europeo Van Rompuy ribadivano il loro allarme, in termini drammatici mai usati prima, e in cui la Grecia di nuovo è apparsa vicina al default. Ma questo non sminuisce in alcun modo il valore del loro senso di responsabilità.
Resta il fatto che esiste una differenza tra Casini, per cui il sostegno a Monti è strategico, e i segretari di Pdl e Pd, che continuano a negoziare volta per volta l’appoggio al governo. E bisognerà capire quanto sia ancora un gioco delle parti e quanto al contrario riveli un’effettiva divergenza tra i tre. In altre parole, il leader del Terzo polo pensa, pur senza dirlo apertamente, che Monti e la larga maggioranza di cui il governo dispone siano indispensabili oggi e continueranno a restare necessari domani, anche dopo le elezioni del 2013, per completare l’azione di risanamento economico del Paese i cui tempi si annunciano ogni giorno più lunghi.
Mentre Alfano e Bersani – che fanno i conti, all’interno dei rispettivi partiti, con una vasta gamma di resistenze, e pagano per questo un prezzo più alto per la solidarietà al governo – non sanno ancora se sia più facile per loro stringere una vera alleanza o prepararsi a una nuova competizione. La decisione non è affatto semplice, dipende da molti fattori e in fondo non è neppure tutta nelle loro mani. Infatti, come s’è visto nelle ultime settimane, Monti in Europa è una garanzia per tutti ed è impossibile prescinderne. Se, Dio non voglia, la crisi dell’euro continuerà ad avvitarsi, l’ora di prendere atto di trovarsi su una strada obbligata arriverà anche per Pdl e Pd.
Da La Stampa del 17/01/2012.
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