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Archive for marzo 2012

I tre porcellini.

Massimo Donadi lo ha definito il “Bordellum”. E non c’è dubbio che la nuova legge elettorale su cui il “tripartito” Pdl-Pd-Udc ha trovato l’accordo abbia qualcosa di inquietante. Se non altro perché – casualmente – avrebbe l’effetto di premiare i tre partiti della coalizione che l’hanno varato. Proviamo a vedere come: per quanto annunciato con elementi di vaghezza e di ambiguità che continuano a modificare la cornice e i dettagli (ad esempio non si capisceancora a chi viene garantito il cosiddetto “diritto di tribuna” e come), il nuovo sistema elettorale ha alcuni caposaldi che non cambiano e che sono chiaramente dannosi. Il primo effetto è quello di demolire il bipolarismo in Italia, grazie all’abolizione del vincolo di coalizione. Ovvero di quella regola che oggi permette ai diversi partiti di collegarsi in un patto di alleanza prima del voto, dichiarando agli elettori come, perché, e con quale programma. Domanda: a chi serve questo emendamento? Guarda caso proprio al Pdl al Pd e all’Udc, se volessero truffare gli elettori. (altro…)

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Come passa le sue giornate Silvio Berlusconi da quando è in pensione?

LUNEDÌ
Ritorno dal weekend nella dacia di Putin. Telefonata all’amico Putin per ringraziarlo e prendere accordi per il weekend successivo. Pranzo con lo staff tecnico del Milan per suggerire la formazione ideale. Telefonata all’amico Putin per sottoporre al suo giudizio la formazione del Milan. Nel pomeriggio, riordino della rubrica telefonica con l’aggiunta a matita dei numeri delle ragazze conosciute da Putin. Telefonata a Putin per verificare la corretta trascrizione dei prefissi di Minsk e Odessa, seguita dal definitivo ricalco a penna dei numeri risultati corretti. Cena con i giocatori del Milan con racconto di nuove barzellette imparate a Mosca. Telefonata della buonanotte ad alcune ragazze dell’agenda, tratte dalle lettere A-B-C. (altro…)

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Ah, averlo saputo prima. Magari, intuendo che i loro volantini avrebbero raggiunto prezzi da amatore (17.000 euro per 17 comunicati, mille euro l’uno), le Br avrebbero scelto l’editoria invece della lotta armata. Altri tempi, certo. Ma intanto: con una discreta telefonata alla sede di Bolaffi, dove si battevano all’asta brani di letteratura brigatista (periodo 1974-1978, compreso il caso Moro e il gerundio più famoso del mondo «… eseguendo la sentenza…»), Marcello Dell’Utri si è aggiudicato il prestigioso lotto. Un pezzettino di storia d’Italia ciclostilato che finirà ora tra le carte del “bibliofilo” Dell’Utri, una bella metafora italiana. La sindrome del collezionista, si sa, è una brutta bestia, una febbre. Ma Dell’Utri non ha solo quella, di febbre. Ha anche il sacro fuoco di pasticciare con la storia, un corpo a corpo furibondo in cui spesso ha la peggio. Così userà quei volantini per «una mostra sul tema del Sessantotto come motore di quel che ha provocato, comprese le Br». Divertente trovata. Come storico, del resto, Dell’Utri ha dato già le sue belle prove, per esempio facendo pubblicare da Bompiani l’incredibile patacca dei falsi diari di Mussolini, che la casa editrice, forse preda di un’insolazione, ha mandato in libreria con la dicitura “veri o presunti”, applauso per il rigore editoriale. (altro…)

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I No Tav si mobilitano per smentire il documento ufficiale sulla Torino-Lione redatto dal governo e impedire l'inizio dei lavori.

Lo scontro per la Torino-Lione si sposta sul piano tecnico e in 24 pagine fitte di osservazioni i No Tav rispondono punto per punto al documento stilato dal governo, Tav Torino-Lione, domande e risposte. Inoltre è indetta una settimana di lotta popolare dal 9 al 15 aprile, visto che l’11 è prevista la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni che consentirà l’inizio dei lavori.

Nei giorni scorsi il governo, pressato da più parti e sentendosi sfuggire il pieno controllo sull’opinione pubblica, ha deciso di compilare un documento che rispondesse alle domande più ricorrenti sulla Torino-Lione. 12 punti che spiegano i motivi ufficiali della Tav, perché è necessaria, perché non avrà ricadute sull’ambiente e invece favorirà l’occupazione, ecc.

Si tratta di un documento scritto da tecnici e formalmente imparziale ed oggettivo, che cela invece un grosso contenuto ideologico – quasi una metafora dell’attuale governo – ed evita di mettere in luce le molte criticità dell’opera.

Le perplessità sul documento governativo sono state fin da subito numerose. Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta ha sostenuto che “Il documento presentato dal Governo il 9 marzo scorso non convince e non risponde ai dubbi sull’utilità dell’opera e sulla sua realizzazione. I concetti riassunti nelle risposte del Governo non sono supportati da dati verificabili e paiono uno spot più che un documento tecnico. Inoltre la vera questione aperta rimane l’utilità dell’opera e non le modalità della sua realizzazione; i flussi di traffico ipotizzati sulla direttrice interessata dal progetto non giustificano la realizzazione di un’opera così costosa e impattante e sarebbero invece soddisfatti da un ammodernamento della linea ferroviaria storica ad oggi ampiamente sottoutilizzata”. (altro…)

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Qualcuno ha sbagliato qualcosa se c’è chi si dà fuoco per le strade. Dico subito che non sto parlando di politica, sto parlando di vita e di morte in un Paese, l’Italia, in cui anche in tempi di tragedia sono sempre passate tra la gente due frasi-talismano:“La speranza è l’ultima a morire” e “Finché c’è vita c’è speranza”. Guardi le immagini dal Tibet e ti rendi conto che il monaco in fiamme lancia la testimonianza del suo immolarsi come un tremendo messaggio. Lui brucerà, ma ci sarà un Tibet libero. Il fatto, però, si fa cupo e tremendo quando le fiamme non sono testimonianza, non sono protesta, non sono, nel modoestremo del monaco tibetano, denuncia, ma anche speranza. Sono la via di fuga. Se qualcuno (anche uno solo, ma ormai sono parecchi di più) all’improvviso , nel mezzo della sua giornata, della sua vita, del suo lavoro, della sua famiglia (“Amore mio”, comincia così una delle lettere d’addio dell’uomo che si è dato fuoco a Bologna) cerca scampo tra le fiamme, un Paese deve esigere di sapere che cosa ci sta accadendo. (altro…)

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Il governo che col consenso (che si autoassegna) intende annullare l’articolo 18 e sacrificare gli esodati sul Dio mercato.
Il paese alle prese con la recessione, con i prezzi che aumentano e la speranza di una crescita che non c’è: chi si sta preoccupando di creare nuovi posti di lavoro? Chi si deve preoccupare di pianificare lo sviluppo industriale, creare spazi ed opportunità se non lo fa più lo stato e le imprese vanno all’estero (non solo per l’articolo 18)?
In mezzo, una marea di persone che aspettano un segnale: c’è anche chi, strozzato da debiti, paure, non ce la fa più e con un gesto estremo si da fuoco.

“se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorare …” non si poteva iniziare la puntata di Servizio Pubblico con un altra canzone. (altro…)

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Il lavoro davvero rende liberi, perdere il lavoro vuol dire perdere la libertà. Vi sarete accorti che il rogo fotografato a Bologna l´altroieri somigliava a quello del giovane tibetano a Nuova Delhi del giorno prima. E i titoli, a poche pagine di distanza: “Il trentesimo tibetano che si è dato fuoco nell´ultimo anno”, “Nel Veneto, già trenta suicidi di imprenditori”. Ieri un operaio edile di origine marocchina si è dato fuoco davanti al municipio di Verona, è stato soccorso in tempo, era “senza stipendio da quattro mesi”. L´altroieri il piccolo imprenditore edile a Bologna, accanto alla sede delle Commissioni tributarie. Si può andare indietro e trovarne uno al giorno, operai disoccupati, artigiani, imprenditori. Sta diventando l´altra faccia dei bollettini delle morti cosiddette bianche. Caduti sul lavoro, caduti per il lavoro. Una Spoon River della crisi. Giuseppe C., il bolognese di 58 anni di cui hanno raccontato qui asciuttamente Michele Smargiassi e Luigi Spezia, la sua pagina se l´è scritta da solo. “Caro amore, sono qui che piango. Stamattina sono uscito un po´ presto, ho avuto paura di svegliarti… Chiedo a tutti perdono”. Parole pronte per una bella canzone di Lucio Battisti. (altro…)

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Diritto malato di eccessi ideologici. Meglio introdurre leggi a termine.

C’è un che di talebano nel nostro modo d’affrontare le questioni. O di qua o di là, senza vie di mezzo. In mezzo c’è solo un campo di battaglia, percorso da furori ideologici, intransigenze, spiriti belluini. Vale per i rapporti di lavoro, come la riforma dell’articolo 18. Per le materie politiche, come la nuova legge elettorale, dove è in corso una sfida all’arma bianca fra seguaci del proporzionale e del maggioritario. Per i temi etici, come il testamento biologico o le nozze gay. Uno vince, l’altro perde.Il bottino del vincitore è sempre rinfoderato in una legge, tagliente come lama di coltello sulla gola dell’esercito sconfitto.
Da qui norme rifiutate da una buona metà della popolazione, e perciò scarsamente rispettate. Il seme dell’illegalità trova anche in questo il suo terreno di coltura, in un sistema di regole percepite come ingiuste, vessatorie. Da qui, inoltre, un ordinamento punteggiato da miriadi di corpi contundenti, perché le leggi sono troppe, come i combattimenti ingaggiati dai partiti. Da qui infine lo svuotamento della funzione stessa della legge. La democrazia è compromesso, diceva Kelsen. La sua principale istituzione — il Parlamento — serve per l’appunto a favorire il dialogo fra le parti avverse. Sicché ogni legge dovrebbe riflettere questa capacità d’ascolto, di comprensione delle ragioni altrui. (altro…)

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Dopo i famosi diari di Hitler e di Mussolini, il senatore Dell’Utri ha acquistato all’asta anche alcuni volantini delle Brigate Rosse. Probabilmente possiede in una teca, anche la barba di Landrù, un cannone di Bava Beccaris, la patente di Pacciani e la testa mozza del Battista, assecondando una vocazione collezionistica decisamente “noir”. Per puntellare l’aspetto storico-culturale di questo suo pallino, il senatore ha poi dichiarato che quelle carte insanguinate gli serviranno per allestire “una mostra sul Sessantotto come motore del terrorismo”. Ovviamente ognuno è libero di sostenere ciò che gli pare intelligente, compresa una cosi sciocca banalizzazione della storia del nostro Paese. (altro…)

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Sciopero generale ieri a Madrid: i sindacati si ribellano alla riforma del lavoro e manifestano tutto il loro dissenso. Il governo tuttavia, forte anche del plauso della Commissione Europea e degli osservatori internazionali, dichiara di non avere intenzione di fare alcun passo indietro. La Spagna come l’Italia? Solo in apparenza.
La riforma spagnola per certi versi è più radicale di quella italiana eppure, grazie alla forte maggioranza parlamentare uscita dalle urne, Rajoy si è potuto permettere un percorso meno mediato e con meno intoppi. La situazione italiana è molto diversa. Nonostante Monti dichiari che i cittadini appoggiano la sua riforma, il suo consenso ha una natura molto diversa da quello di Rajoy. Senza togliere niente all’efficacia dell’azione del governo Monti, buona parte del suo consenso vive di luce riflessa e inversa: è la grande debolezza dei partiti a dargli molta forza. Ma per quanto deboli siano, sono pur sempre i partiti che fanno o disfano le maggioranze parlamentari che devono approvare le sue riforme. E da qui le mediazioni, i tavoli, le soluzioni intermedie, gli aggiustamenti. (altro…)

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Per la serie «Ai confini dell’impossibile» vorrei prendere le difese della signora Irene Pivetti, la pensionata più giovane d’Italia a cui dal 2013 la Camera dei deputati intende togliere proditoriamente le segretarie, gli uffici e altri bonbon. La ex presidente di Montecitorio (carica da lei occupata nell’ultimo decennio del millennio scorso con dispendio notevole di foulard) ha reagito coi consueti toni sommessi, parlando di «tagli forcaioli come nella Russia zarista». Un paragone su cui già si stanno arrovellando gli storici, dal momento che a toglierle le prebende non è stato Rasputin, ma lo sbarbatissimo Fini. (altro…)

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Le ultime autodifese di Lusi e Fede segnano una nuova svolta nell’inesauribile repertorio di alibi dei Vip coinvolti negli scandali. Fermo restando che a nessuno passa mai per la testa di dire“sono innocente, quella cosa non l’ho fatta, non è mai esistita”, ecco un breve prontuario di alibi prêt-à-por ter. Così fan tutti. Un classico, già sperimentato con insuccesso da Craxi, Mastella e vari epigoni e i cascami di Prima Repubblica, ma anche da Moggi, ma ancora molto in voga per il suo innegabile fascino. Funziona così: se ti accusano di un reato, tu non dire mai “non c’entro”, tanto non ci crede nessuno: di’ che lo fanno anche gli altri. Dunque, se lo fanno in tanti, non è reato. A prescindere. È la linea B.. Mai entrare nel merito delle accuse né dei fatti accertati, ma spostare l’attenzione altrove: sull’orario dell’indagine, del processo, della requisitoria, della sentenza (sempre “a orologeria”); o sulle presunte idee o intenzioni o patologie del magistrato (comunista, giustizialista,matto, golpista). Alla peggio si rivendica il diritto di esser “giudicato dai miei pari” (che non esistono), o dopo la cessazione dalle cariche (campa cavallo), o previa autorizzazione delle Camere (cioè mai), o meglio a non essere giudicati, punto. “Sono un cittadino più uguale degli altri perché ho avuto i voti”(B.), “il premier non è primus inter pares, ma superpares ” (Pecorella), “le annotazioni del premier impongono l’immediata assoluzione” (Bonaiuti), “Io so’ io e voi nun siete un cazzo” (marchese Onofrio del Grillo).Modica quantità. È la linea Romiti, che tentò di farsi assolvere perché i fondi neri sottratti ai bilanci della sua Fiat – 100 miliardi di lire o giù di lì – erano “irrilevanti” sui risultati di esercizio. (altro…)

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Il governo studia una exit strategy sull’articolo 18. “Voglio unire, non dividere”, dice Monti. Severino dirà no alla proposta di abolire la concussione. Sul dg di Viale Mazzini scelte in “totale autonomia”.

“IO VOGLIO unire, non dividere. Voglio trovare soluzioni che facciano avanzare il Paese, non creare problemi che spacchino partiti o parti sociali…”. Mario Monti è appena rientrato dalla cena ufficiale con le autorità giapponesi, e al telefono con la squadra dei suoi collaboratori di Palazzo Chigi tiene il briefing di fine giornata.
Una giornata che ruota intorno a due “fusi” diversi. A Tokyo mancano pochi minuti alla mezzanotte. A Roma sono quasi le cinque del pomeriggio. In Giappone il presidente del Consiglio incassa l’ennesimo successo in termini di credibilità e prestigio internazionale. In Italia registra invece un ulteriore inasprimento dei rapporti politici con la sua non-maggioranza, e in particolare con il Pd.  (altro…)

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Lo ha spiegato bene il magistrato Francesco Greco a Milano, l’importanza di ripristinare il reato di falso in bilancio, al più presto
nel 2000 c’erano 146 indagati per il reato di falso in bilancio, con 8 rinvii a giudizio nel 2012 ci sono 8 indagati e 0 rinvii a giudizio.

Senza possibilità di punire il reato di falso in bilancio, non c’è modo di fare screening sulle imprese per selezionare le imprese buone e punire quelle cattive, che usano fondi neri come riserva per le italianissime mazzette.
Il reato di falso in bilancio (e l’allungamento dei tempi di prescrizione)  dovrebbe essere in cima agli obiettivi del governo. E per fortuna che questo è un governo liberista di tecnici.
Governo che ha minacciato di immolarsi sull’articolo 18, ma accetta i diktat del PDL su giustizia e Rai.  (altro…)

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Milano ha sempre fatto la cosa giusta. Anche all’ombra del lungo governo delle destre, si è sempre mossa una città diversa che ha costruito le premesse indispensabili per portare a Palazzo Marino Giuliano Pisapia. Bastava farsi un giro a Fa’ la cosa giusta, la fiera del consumo critico, per scoprire tutto un altro mondo e tutta un’altra città che già esistevano. In nove anni la fiera organizzata da Terre di Mezzo è diventata un grande evento internazionale. Un enorme successo giunto ormai alla nona edizione. Lo scorso anno, a pochi mesi dal voto delle comunali, ha coinvolto 750 espositori e ben 70 mila visitatori. E’ questo il popolo arancione che ha cambiato il vento di Milano, e non solo.
Quest’anno però l’aria è davvero diversa. E’ la prima edizione dell’era Pisapia. La conferenza stampa che ha annunciato il lieto evento si è tenuta a Palazzo Marino e durante tutta la tre giorni – tra prodotti bio e pannelli solari – sarà allestita una agorà per ascoltare e per farsi sentire dagli assessori della giunta che dialogheranno di giustizia sociale, lavoro, casa, benessere… Il Comune, inoltre, avrà suoi spazi espositivi dedicati al Bike sharing e al Car sharing. Si tratta di una eccezionale vetrina che i nuovi inquilini di Palazzo Marino non potevano certo disertare. Ma soprattutto Fa’ la cosa giusta è un appuntamento irrinunciabile per tutti quelli che pensano che si possa cambiare la propria vita, senza l’avallo della politica, partendo dal basso, da se stessi, dalla propria etica, dal proprio modo di consumare, produrre, abitare, mangiare, divertirsi, viaggiare…  (altro…)

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E così dunque, con la classica pedata nel sedere, finiscono i servitori troppo zelanti, le maschere ormai logorate dall’uso, gli adoratori ingombranti che non servono più. E la disperata incredulità con cui Emilio Fede ha accolto il licenziamento dice a tutti, grandi e piccini, che la macchina del potere berlusconiano s’è inceppata, o forse è impazzita. Mai «Lui», come il direttore del Tg4 non si vergognava di chiamare il Cavaliere, avrebbe potuto fare a meno di quest’uomo anche solo cinque o sei mesi fa. Non molti anni orsono, d’altra parte, per dare l’idea dell’importanza del personaggio alla corte di Arcore il governo varò un decreto legge che riguardava sì Retequattro, ma che alle cronache parve naturale ribattezzare «Salva-Fede» — e anche nel più torvo ed evoluto regime degli spettacoli una Repubblica che ha legiferato a vantaggio esclusivo di Fede in tal modo solennizzava il suo più indissolubile legame con un universo di finzioni e di spudoratezza. (altro…)

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