Era l’inizio di dicembre quando Michele Salvati, sul Corriere, scrisse un ottimo articolo sui partiti che avevano appena rinunciato a fare politica direttamente, delegando le scelte operative al governo dei tecnici. Ora che i partiti e il Parlamento hanno molto più tempo libero, diceva in sostanza Salvati, ne approfittino per esaminare i loro errori, riformarsi profondamente, ritrovare sintonia con i loro elettorati, proporre al Paese riforme forti su temi importanti come il sistema elettorale, il conflitto di interessi, la delottizzazione della tv pubblica.
Viene da ridere – ma anche da piangere – a rileggere l’articolo di Salvati otto mesi dopo.
Perché, nell’ordine, abbiamo visto: il Pdl diventare una Bosnia di correnti più o meno ridicole – dai cani della Brambilla al ‘no euro’ della Santanchè – in ogni caso con l’unico obiettivo dell’aggrappamento disperato alle poltrone traballanti; il Pd perdersi definitivamente nella deriva centrista, incapace di proporre qualsivoglia opzione alternativa alla gestione del presente, determinato a nulla tranne che a non volerci rivelare con chi si alleerà e per fare cosa; last and least, si sono perse le tracce del famoso polo di centro, forse perché si è scoperto che nel Paese non se lo filava nessuno, quindi Rutelli e Fini desaparecidos e Casini pronto a ripararsi sotto l’ombrello del futuro vincitore.
Nel frattempo: di riforme interne ai partiti manco l’ombra, legge elettorale non pervenuta, conflitto d’interessi ah ah ah nessuno si ricorda nemmeno cos’è, e tivù pubblica rilottizzata come sempre.
Intanto il tempo di cui parlava Salvati è già trascorso per metà. E la metà che manca sarà già di campagna elettorale.
Buona fortuna a chi spera ancora che accada un miracolo.
Da PIOVONO RANE di Alessandro Gilioli.