Oggi Abu Mazen parlerà all’assemblea generale e chiederà il riconoscimento dello status di Paese non membro.
Oltre a Francia e Cina a favore anche Spagna e Svizzera. Mentre l’Italia tace. Israele teme che Abu Mazen usi la condizione di Paese osservatore per denunciare lo Stato ebraico alla Corte Penale Internazionale.
Per la Palestina scocca oggi il momento della verità. Scocca a New York, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. Oggi, infatti, l’Assemblea generale dell’Onu voterà la risoluzione con cui l’Autorità nazionale palestinese (Anp) chiede l’attribuzione dello status di «Stato non-membro» alla Palestina in seno all più rappresentativo consesso internazionale. L’Unione europea si presenta all’appuntamento con una posizione non unitaria, mentre gli Stati Uniti si sono dichiarati contrari.
Gran Bretagna e Germania non esprimeranno parere positivo. «Ci asterremo», ha detto il capo della diplomazia britannica, William Hague, poiché finora «non abbiamo avuto rassicurazioni «sull’immediato impegno» palestinese nel riprendere i negoziati di pace. Se la posizione britannica è suscettibile di mutamenti, quella del governo tedesco è definitiva, anche se non è chiaro se si tradurrà in una astensione o in un voto contrario: «Vogliamo scegliere, per quanto è possibile, insieme con i nostri partner europei», afferma il portavoce Steffen Seibert. «Comunque aggiunge posso dire con certezza che la Germania non accoglierà la risoluzione».
ALL’ULTIMO VOTO
In favore della richiesta palestinese si sono espressi, invece, Francia, Austria, Spagna, Norvegia, Danimarca e Svizzera. Secondo Innercity Press, sito di giornalismo insider specializzato nelle faccende delle Nazioni Unite, i Paesi europei favorevoli saranno almeno 15 e i «no» saranno meno di dieci inclusi Israele, Canada, Usa e «i suoi Paesi satelliti» tra tutti i 193 Stati dell’Assemblea. A favore della risoluzione si sono espressi da Parigi, il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, e da Vienna, il capo della diplomazia austriaca Michael Spindelegger.
Silente resta l’Italia: fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro confidano a l’Unità che «l’opzione più probabile è quella dell’astensione». La bozza pubblicata da Innercity Press «riafferma il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e all’indipendenza nel proprio Stato di Palestina sui Territori occupati dal 1967; decide di accordare lo status di Stato non-membro osservatore, senza alcun pregiudizio per i diritti acquisiti, i privilegi e il ruolo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina nelle Nazioni Unite quale rappresentante del popolo palestinese; esprime la speranza che il Consiglio di Sicurezza consideri favorevolmente la richiesta presentata nel settembre del 2011 dallo Stato della Palestina per membership piena». Infine, la bozza «esprime il bisogno urgente di una ripresa e di una accelerazione del processo di pace i Medio Oriente» che «ponga fine all’occupazione cominciata nel 1967 e realizzi la prospettiva di due Stati: un indipendente, sovrano, democratico Stato di Palestina che viva a fianco di Israele in pace e in sicurezza sulla base dei confini precedenti il 1967».
L’Anp ha più volte fatto sapere di aver ottenuto il consenso alla risoluzione della maggioranza degli Stati in Assemblea generale: tra i sostenitori, tre dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza: Russia, Cina e Francia. La sua approvazione consentirebbe al nuovo Paese osservatore di essere presente negli organismi dell’Onu, dal Consiglio dei diritti umani all’Unesco, così come oggi accade per il Vaticano.
«È un messaggio di speranza, un messaggio non violento» il voto di oggi Onu. Ad affermarlo, in una conferenza stampa nella sede dell’Olp a Ramallah, è la dirigente palestinese Hanan Ashrawi, la prima donna ad aver ricoperto il ruolo di portavoce della Lega araba. Da parte sua il ministro degli esteri palestinesi Riad al-Maliki ha precisato, in una intervista radio, che il dibattito sulla Palestina inizierà oggi alle ore 15 di New York, ossia le 22 nei Territori. La mozione palestinese sarà letta dal presidente Abu Mazen e il voto dovrebbe avere luogo due ore dopo, «quando in Palestina ha notato sarà mezzanotte». Una mezzanotte di attesa e di speranza nei Territori.
Da L’Unità del 29/11/2012.
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