Intervista a Antonio Rizzo (il nostro “Superbonus”) costretto a lasciare Dresdner Bank dopo le rivelazioni sulle creste del Montepaschi. È lui l’uomo chiave dei pm: “Così i manager mangiavano sui derivati”. Il procuratore di Siena: “Situazione incandescente”. Rissa sulle colpe di Monti e Bankitalia. Visco riferirà in Parlamento.
Il procuratore di Siena Ti-to Salerno delinea uno scenario inquietante: “La situazione è esplosiva e incandescente”. Le indagini su Montepaschi, dunque, stanno arrivando a una svolta. “Stiamo parlando del terzo gruppo bancario italiano”, dice. E poi blinda la procura: “Non posso dirvi niente”. Ieri è stato sentito, come persona informata sui fatti, Valentino Fanti, ex capo della segreteria di Giuseppe Mussari e segretario del consiglio d’amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena. L’hanno interrogato per quasi sette ore i pm Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalini, con il procuratore Salerno e gli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza di Roma, che conducono le indagini.
Appare finalmente chiaro che l’inchiesta Mps si sta svolgendo su quattro livelli. Il primo riguarda le eventuali irregolarità nell’acquisto di Antonveneta, nel 2007, pagata una decina di miliardi al Santander. Il secondo, l’aumento di capitale per ben 1 miliardo che Mps ha dovuto realizzare per poter fare l’acquisto: sottoscritto da Jp-Morgan, l’aumento di capitale è stato in realtà garantito e supportato dalla stessa Mps, attraverso l’operazione Fresh. Il terzo livello è quello delle operazioni con derivati realizzate per abbellire i bilanci e nascondere i buchi (Alexandria), o per cercare, invano, di rilanciare dopo operazioni sfortunate (Santorini, Nota italiana). Il quarto, infine, riguarda le “creste” che, secondo l’ipotesi d’accusa, i dirigenti Mps avrebbero fatto grazie alla sponda di intermediari, come Lutifin ed Enigma.
Un ex funzionario di Dresdner Bank, Antonio Rizzo, nell’ambito dell’inchiesta sulla finanziaria svizzera Lutifin ha raccontato ai pm milanesi, prima che l’inchiesta passasse a Siena, che Gianluca Baldassarri, capo della finanza Mps, e Matteo Pontone, responsabile di Mps Londra, erano conosciuti come “la banda del 5 per cento: perché su ogni operazione prendevano tale percentuale”.
RIZZO RACCONTA di un incontro avvenuto nel 2007 tra lui, il suo superiore Lorenzo Cutolo e Massimilano Pero, che in Dresdner vendeva prodotti strutturati. “In quella occasione, si venne a sapere che Dresdner per l’operazione avrebbe pagato una somma di intermediazione a tale Lutifin. Cutolo rimase sorpreso e disse che era assurdo pagare un’intermediazione per un affare che Dresdner poteva fare tranquillamente da sola”. Rizzo spiega poi di avere saputo che il pagamento a Lutifin era stato autorizzato dal suo superiore, Stefan Guetter. “Cutolo mi disse che lui aveva provato a fare qualcosa, ma che aveva rischiato il licenziamento”. Rizzo aggiunge di avere esposto nel marzo 2008 quanto accaduto all’organismo di controllo di Dresdner. “Cortese sostanzialmente mi ha detto che a suo avviso – ma il fatto sembrava notorio – Pontone e Baldassarre avevano percepito un’indebita commissione dell’operazione per il tramite di Lutifin. Mi disse anche che i due erano conosciuti come la banda del 5 per cento”. L’operazione raccontata da Rizzo è quella realizzata tra Mps e Dresdner su un derivato da 120 milioni di euro, con Lutifin come intermediario. “Scopo dell’operazione”, scrivono gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria di Milano, “era quello di far ristrutturare il pacchetto a Mps, che si è occupata di sostituire i titoli in sofferenza con altri in salute, in modo da consentire a Dresdner di neutralizzare le perdite che stava subendo, scaricandole su Mps”. L’inchiesta è quella del pm di Milano Roberto Pellicano, che nei prossimi giorni chiederà il rinvio a giudizio per 18 persone accusate di fare la “cresta” sulla compravendita di titoli. “È stato accertato”, secondo gli investigatori, “che la Lutifin services era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti del Monte dei Paschi di Siena in cambio dell’acquisto da parte dell’istituto di credito da cui dipendevano di un pacchetto titoli all’interno dei quali ve n’erano alcuni (derivati) che presentavano forti perdite per Dresdner Bank”.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/01/2013.
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