BEPPE LO DÀ PER FINITO, MA LUI DICE: SENZA ACCORDO SI RIVOTA E UNA PARTE DEL PARTITO LAVORA PER L’INCIUCIO CON B.
Sei un morto che parla”. All’ora di pranzo giunge la voce di Beppe Grillo. Graffia, sfregia, irride. Pierluigi Bersani si è fatto troppo vicino ed è un modo per scrollarselo di dosso, ritrovare la giusta posizione in campo. Rifiatare perchè il pressing si fa insistente. Il Pd vorrebbe fare il governo con i 5 stelle, roba da matti. Si fa intervistare dalla Bbc: “Destra e sinistra si metteranno insieme. Durerà un anno questo governo e poi il Movimento cambierà il mondo”.
È FORSE la disperazione che porta Bersani ad azzeccare il rilancio: “Ce lo venga a dire in Parlamento”. Il leader mancato della sinistra al governo con Mario Monti conferma di aver cambiato rotta, sistema il timone in un modo piuttosto impetuoso verso il mondo nuovo del grillismo dove sono confluiti parecchi milioni di suoi elettori e prosegue la sua corsa verso l’unico obiettivo che sembra avere. Giungere in Parlamento come premier incaricato, elencare le priorità e attendere il voto dell’aula. “Dovranno dire no alla legge che regola il conflitto d’interessi, no al dimezzamento dei deputati, no alla riforma del mercato del lavoro. E se lo diranno si prende atto e si va al voto”, dice Miguel Gotor, consigliere del principe, galvanizzato e ottimista. O mi voti o si vota. “Bersani non ridurrà il Pd alle cifre del Pasok (partito socialista greco ridotto quasi all’inesistenza dopo aver accettato un governo di grande coalizione, nda) e non ascolterà i consigli di chi vorrebbe spingerci nelle braccia di Berlusconi”.
Oltre i ceffoni di Grillo, Bersani ha da chiedersi quanti amici ha in casa. Ieri l’altro l’hanno accolto come l’ospite inatteso, spendendo neanche una sillaba quando ha illustrato la sua linea d’azione. “Siamo stati una decina a parlare, gli altri zitti come pesci in barile. E in quale barile stanno nuotando felici? Silvio ci fa sapere poche cose, ma chiare: datemi la presidenza del Senato, tutelate Mediaset, e io sarò ragionevole, comprensivo, responsabile”, racconta una voce anonima, testimone attendibile ma allarmato dell’aria che tira. Sono le coincidenze ma il doppiopetto di Berlusconi è ricomparso ieri. In un video-messaggio ha offerto la disponibilità a farsi carico, ed è intuitivo che lo faccia per l’altissimo senso dello Stato, dell’impegno a ragionare “sulle cose da fare”. Pragmatico, fiducioso , aperto anch’egli al nuovo. Ed è solo una seconda coincidenza se anche Massimo D’Alema pensa, nell’interesse del Paese, che il premier incaricato, dunque Bersani, possa e debba coinvolgere tutto il Parlamento nello sforzo di salvare il Paese dalla sciagura. E anche Walter Veltroni ritiene che il Paese abbia bisogno di un premier di altissimo profilo. Si chiama governo del Presidente, cioè di Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato potrebbe anche non affidare a Pierluigi Bersani l’incarico. Nell’ipotesi, finora non suffragata da fatti, le parole di Grillo riacquisterebbero senso: “Destra e sinistra faranno insieme un governo”. Ma Bersani vuole chiedere per sé, non per altri, l’incarico. Sceglie di avanzare da solo e l’idea di un governo di minoranza, aperto ai voti grillini e magari a quelli dei centristi di Monti, è l’unica ipotesi praticata, l’unica scelta possibile, “l’unica alternativa al suicidio”.
PER FAR QUESTO ha bisogno di due mandati. Il primo glielo dovrà conferire in una forma politicamente più robusta il partito. Ha la maggioranza e andrà liscia la conta. Come sempre accade i contrari rifuggiranno dall’idea di doversi mostrare e si accomiateranno, silenziosi, nelle retrovie. Aspettando che il pacco bomba gli esploda tra le mani. Perchè Grillo, ed è un conto da non scartare, ha nella parola una munizione micidiale: rendere eversiva, impraticabile l’idea stessa di una intesa. Come? Proponendo, per esempio, l’uscita dall’euro. Una posizione tattica che lo escluderebbe dal novero del convitato. “Anche in quel caso, anche se dovesse utilizzare il lanciafiamme per allontanarci da qualunque intesa, Pier Luigi non si scoraggerebbe. Andrebbe in Parlamento e, rivolgendosi a tutti (ma puntando il volto dei grillini), spiegherebbe: prima cosa da fare, conflitto di interessi. Seconda cosa, dimezzamento dei parlamentari…”. Così Gotor, ancora lui.
I punti programmatici si faranno un po’ più cospicui, la durata del governo più larga (un anno, forse due), la scommessa più alta. “Io sto con Bersani su tutta la linea, punto per punto” dice Enrico Letta, il suo vice. Punta gli occhi su quel che accade nella base del movimento e certo le notizie di un disagio più largo e impetuoso del previsto lasciano almeno la speranza di proseguire nel gioco dell’alleanza.
E’ il giorno dell’azzardo. E ogni mossa è anche un capitombolo verso l’ignoto.
Da Il Fatto Quotidiano del 28/02/2013.
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