“NON DIAMO FIDUCIA AL GOVERNO DELLA TRATTATIVA STATO-MAFIA” GRIDA IN AULA DA PD E PDL. MA C’È APERTURA SULLA VIGILANZA RAI.
Come Grillo sostiene nelle riunioni, è tutto un problema di linguaggio. Quello nuovo deve sostituire quello che secondo lui è arcaico, archiviato dall’inizio di un’altra fase storica. Così, alla prima prova importante, quella delle argomentazioni sul no alla fiducia, non ci girano intorno i parlamentari del Movimento 5 stelle. “Questo è il governo della trattativa Stato-mafia. E sarà no”. LO È OGGI, e rimarrà un no, se il programma Letta è quello illustrato alle Camere. Sarà una legislatura che vedrà il fronte dei grillini, soli con Sel e Fratelli d’Italia, da una parta e dall’altra quella dei deputati Pd e Pdl. Un assaggio di caos assaporato subito. “Presidente Letta, visto il ministro dell’Interno che ha scelto o che è stato obbligato a scegliere”, dice Andrea Colletti, deputato del Movimento, in un lungo e duro intervento, riferendosi alla nomina di Angelino Alfano, “possiamo affermare che sembra il governo della trattativa, del bavaglio alla magistratura e alle opposizioni politiche. Questo, siamo sicuri, sarà il governo del salvacondotto giudiziario a Silvio Berlusconi”. Una valutazione senza attenuanti che scatena fin da subito in aula commenti e interventi di ogni tipo. É l’opposizione firmata 5 Stelle, come ricorda da subito Giulia Sarti: “Questo sarà sempre il nostro tono davanti a quello che non condividiamo”. “Noi vi conosciamo”, continua Colletti, “noi sappiamo chi siete ed è inutile mettere delle facce nuove solo per far vedere che è in atto un cambiamento. Quando in una parete c’è la muffa, la soluzione è rimuoverla. Questo siete voi: una mano di vernice su di un muro già irrimediabilmente rovinato”. Durante il discorso la maggioranza ha tentato ripetutamente di fermarlo. “Non accettiamo attacchi di questo tipo”, gridano gli esponenti di Pd e Pdl. della trasversalità, degli accordi alle spalle dei cittadini”. “Caro Letta, lei è lo stesso che venerava un certo Giulio Andreotti, prescritto per concorso esterno ad associazione mafiosa; lei è anche il nipote di Gianni Letta, braccio destro di Berlusconi, amnistiato per finanziamento illecito dei partiti, indagato da varie procure d’Italia, tipico intreccio familistico del potere in Italia. E lei è la stessa persona che invitava a votare Berlusconi piuttosto che Grillo”. Tutto condotto al di fuori di uno schema istituzionale. “So – no tutte persone di cui non mi fido”, ha sottolineato il deputato Roberto Fico. A scandalizzare è il fatto che due partiti ap- “Vogliamo rispetto”. Il vicepresidente grillino, Luigi Di Maio, non lo interrompe e scatena l’ira dell’aula. A tempo scaduto però è costretto a togliergli la parola. Ma il segnale che sarebbe stato comunque un viaggio tra le turbolenze lo aveva già dato all’inizio della seduta Alessandro Di Battista, deputato grillino, che ai suoi aveva detto: “Veloci a entrare, c’è Fanfani che parla”. Il tutto mentre Enrico Letta denuncia la mancanza di cooperazione e l’assenza di volontà di fare insieme grandi riforme, Colletti prende la parola e ribadisce: “Presidente Letta, sappiamo anche perché lei è stato scelto da Napolitano: il suo nome è l’esemplificazione partenenti a due schieramenti opposti possano d’un tratto condividere lo stesso programma di governo: “Letta”, secondo Manlio Di Stefano, “ha quasi chiesto scusa per esser stato di sinistra fino a oggi e aver espresso posizioni forti contro la destra. Non ho parole, altro che inciucio qui si parla di comunione dei beni”. Nessuno spazio viene lasciato al dialogo. Il presidente del consiglio nella replica in aula cerca appoggi, parla di una Seconda Repubblica che ormai è giunta al termine e che lascia spazio ad una nuova realtà politica. Nella più rosea delle previsioni Letta si immagina riforme condivise non più approvate a maggioranza semplice. Un progetto che i grillini rifiutano in blocco: “Se davvero attuano questo programma”, dice Carla Ruocco, “mi dimetto. Che ci resto a fare in Parlamento? Fino ad ora i fatti hanno scritto la storia di un’Italia tristissima”. Nei prossimi giorni, invece, i grillini potrebbero avere a che fare con la commissione di vigilanza Rai. In Parlamento più di un’apertura: “É giusto numericamente e poi vediamo come se la cavano”. Il compito non è dei più semplici.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/04/2013.
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