Che la Lega voglia ritrovare un elettorato perduto lo hanno capito anche gli ultrà di Pontida. Quale sia la strada è più difficoltoso visto che non funziona più ritornare alla criminalizzazione degli immigrati, alla crociata razzista che fu una delle prime battaglie di un allora giovane Umberto Bossi. Ieri, quando Mario Borghezio si è presentato nel quartiere Niguarda, a Milano, dove un clandestino ha ucciso a colpi di piccone una persona e ha tentato di ucciderne altre cinque, è stato rispedito a casa a colpi di fischi, contestazioni. La gente, seppur sconvolta da quanto accaduto, non vuole aggiungere al lutto la violenza verbale di Borghezio. Che dopo il suo show sui clandestini, si è messo ad apostrofare i contestatori come “sporchi comunisti”.
IL PROBLEMA, dice la gente che quel quartiere, al contrario di Borghezio, lo vive, c’è, ma non per questo bisogna criminalizzare gli stranieri: “Abbiamo la necessità di non essere dimenticati, non vogliamo grida elettorali, non siamo dell’umore per ascoltarle, non sono la soluzione a niente, se non ad aggiungere violenza”. Non l’ha capita bene nemmeno nemmeno Matteo Salvini, il segretario della Lega in Lombardia: “I clandestini che il ministro di colore vuole regolarizzare ammazzano a picconate: Cecile Kyenge rischia di istigare alla violenza nel momento in cui dice che la clandestinità non è reato, istiga a delinquere”. E ancora: “O penso che Mada Kabobo, il clandestino assassino, non dovrebbe rimanere in un carcere italiano. Ci costerebbe… Questo è un caso drammatico, il gesto di un folle. Ma non va trascurato il fatto che sia stato commesso da un clandestino che non avrebbe dovuto essere qua, avrebbe dovuto essere espulso. Altro che abolizione del reato di clandestinità, ci sono già migliaia di gazebo pronti: seppelliremo il ministro Kyenge con migliaia di firme”.
È quel seppelliremo che la gente che ha davanti un funerale non vuole sentire da chi rappresenta la politica. Né da Borghezio, né tantomeno da Salvini. Anche perché c’è un funerale già pronto da celebrare: è quello di Alessandro Carolè, disoccupato di 40 anni che viveva con l’anziana madre, ammazzato con quattro colpi alla testa e uno all’addome davanti a un bar gelateria, in piazza Belloveso da Mada Kabobo, 31 anni, in Italia da almeno due, con un passato da richiedente asilo e un presente da balordo. Ha agito con determinazione, ferocia, inseguendo chi cercava di sfuggirgli e infierendo sui feriti a terra con altri colpi, picconate. E il bollettino della follia urbana mica è finito: se una delle persone ferite è stata dimessa ieri mattina, altre due restano ricoverate in ospedale in condizioni gravi, gravissime. Ermanno Masini, 64 anni, colpito alle spalle da un paio di colpi violentissimi che lo hanno lasciato a terra in condizioni disperate, è in coma. Il giovane Daniele Carella, 20 anni, professione edicolante, è stato sottoposto a un intervento chirurgico durato diverse ore. Lui è stato colpito mentre faceva il giro delle consegne come tutti i giorni. Kabobo gli ha sfondato il cranio con il suo piccone. E i medici non hanno sciolto nessuna prognosi. Non si sbilanciano: le loro vite sono appese a un filo, decisiva sarà la reazione che avranno nelle prossime ore. E mentre in ospedale i medici combattono una sfida perché non ci sia nessun’altra vittima da piangere, Borghezio pretende di arringare la folla, tornare dove lui non si è mai fermato: secessione, immigrazione, sicurezza.
TEMI CHE la Lega sbraita da tempo. Assordante il silenzio del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che della Lega è anche il segretario. Come assordante è il silenzio dei deputati del Carroccio, impegnati in una di quelle che non può essere considerata una opposizione a un governo (sono alleati del Pdl) ma di una battaglia personale contro un ministro che vuole il diritto di cittadinanza per coloro che nascono in Italia e porta sulla pelle un segno che alla Lega più radicale non piace affatto: è nera.
Il massacro si sposta anche verso Roma, dove in genere le questioni milanesi non appassionano. Ma c’è una campagna elettorale e dunque Francesco Storace della Destra prende al volo l’occasione: “Dopo quello che è successo nessuno a Milano ha chiesto le dimissioni del sindaco Giuliano Pisapia. Mi chiedo cosa sarebbe accaduto a Roma, dove abbiamo una delle sinistre più faziose d’Europa davanti a un episodio del genere”.
MA ANCHE Storace che probabilmente non sa neanche dove si trovi il quartiere Niguarda, probabilmente non coglie quello che la gente dice con molta chiarezza: “Non vogliamo che il nostro dramma venga strumentalizzato dalla politica. Non ci lascino soli, questo chiediamo. Ma non vogliamo sentire parlare di caccia al clandestino. Non sarebbe lo spirito nostro”.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/05/2013.
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