L’ex premier: vogliono far cadere il governo, povera Italia.
ROMA— «Vogliono farmi fuori con l’interdizione, ma resterò alla guida del centrodestra anche se riuscissero a cacciarmi dal Parlamento, non è così che mi elimineranno ». Silvio Berlusconi è un fiume in piena. Il colpo, sebbene preannunciato, lo subisce, eccome, racconta chi lo ha sentito. E in tanti tempestano di telefonate la residenza di Arcore.
In serata, tutto è pronto per l’affondo di fine giornata, il più duro, una sorta di contro-requisitoria alla Boccassini. Un attacco in diretta tv (anche se telefonico) dalle reti Mediaset, l’ennesimo, stavolta dal programma “Quinta Colonna” su Rete4. Niccolò Ghedini è già al fianco di Silvio Berlusconi nello studio di Villa San Martino. Poi, neanche un’ora prima dall’inizio della puntata, alle 20,30, il forfait. La decisione di soprassedere, rinunciare. I suggerimenti dei ministri, del vicepremier Angelino Alfano, delle colombe Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, tra gli altri, hanno la meglio. Non poco hanno pesato i richiami ai recenti interventi del presidente Napolitano, che tutto può tollerare in questa fase meno che ulteriori destabilizzazioni del fragile equilibrio politico per i guai giudiziari di uno degli azionisti di maggioranza. Così, il Cavaliere alla fine accetta di trattenere per sé la rabbia, l’amarezza, perfino i timori di queste ore. Ma fino a quando?
«Attaccare la nemica in toga, ma tenere fuori il governo, nessun fallo di reazione» è stato ancora una volta il diktat diramato da Arcore al termine della requisitoria, dando il via a un centinaio di reazioni, in pratica quelle di tutti i deputati e senatori e europarlamentari Pdl. Un coro contro Ilda Boccassini dai toni talvolta esasperati. Da tutti, con l’eccezione dei quattro ministri, appunto, reduci dal ritiro in convento a Spineto. Poco dopo le 18, il leader di partito affida a una nota di poche righe quello che sarà l’unico commento di giornata. «Sono tutti teoremi, illazioni, forzature, falsità ispirate dal pregiudizio e dall’odio, al di là dell’immaginabile e del ridicolo, ma tutto è consentito sotto lo scudo di una toga. Povera Italia!» Berlusconi non alza il tiro, ma ormai patisce giorno dopo giorno la sindrome dell’accerchiamento.
Ora che nel giro di poche settimane la condanna in appello sui diritti tv Mediaset, ha aperto la strada al rinvio a giudizio per la compravendita dei senatori e infine alla richiesta di condanna per il caso Ruby a 6 anni con l’interdizione (stavolta perpetua) ai pubblici uffici. Il nodo sta tutto lì, proprio nella clausola che lo escluderebbe dalla vita politica attiva. Berlusconi a quello non si rassegna e lo ripete, in privato: «Non mi faranno fuori così. Grillo d’altronde dimostra che si può essere leader politici anche restando fuori dal Parlamento». Ma la linea per adesso è quella di tenere separato il piano giudiziario da quello politico. Una linea in cui si riconosce — per ovvie ragioni — il segretario del partito e vicepremier Angelino Alfano. Il punto, spiegano tuttavia alti dirigenti di via dell’Umiltà — al netto dei loro comunicati stampa in difesa del capo — è quanto reggerà la tregua voluta dal leader, che oggi dovrebbe rientrare a Roma. Anche il sondaggio di ieri sera de La7 dà il centrodestra al 34,6 (nonostante la perdita di quasi un punto del Pdl) a fronte del centrosinistra al 30,2. Le tentazioni per il Cavaliere aumentano. Sebbene ai falchi che lo assediano ripeta che non si può aprire una crisi sui processi, che la gente non capirebbe, che non si può «restare col cerino in mano». Loro continuano ad alzare i toni. «Con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici la Boccassini ha chiesto l’ergastolo », dice per esempio Daniela Santanché, tentato «assassinio di Berlusconi per via mediaticogiudiziaria » rincara Fabrizio Cicchitto, mentre l’eurodeputata Licia Ronzulli (chiamata in causa dalla Boccassini nella requisitoria) si dichiara «ferita nella dignità da un processo folle e premeditato ». E ora? Molto dipenderà da quel che accadrà nelle prossime settimane, dalla piega che prenderà l’eventuale processo di Napoli sulla compravendita, cosa succederà dopo la sentenza Ruby del 24 giugno. L’andazzo è stato chiaro già ieri nei minuti seguiti alla richiesta di condanna, quando la notizia è rimbalzata con clamore sulla stampa internazionale, fin negli Stati Uniti. Tutti a scrivere che il governo Letta già fragile da oggi lo sarà ancora di più. Massimo D’Alema la pensa diversamente: «Il governo non può far dipendere il suo destino dalle sentenze, anche perché forse ve ne saranno altre».
Da La Repubblica del 14/05/2013.
Basterebbe contrapporre delle buone azioni concrete per dimostrare con fatti
la capacità di risolvere problemi, anche apparentemente piccoli. La risonanza sarebbe tale, da annullare in parte, infinite considerazioni negative. Si può fare!