Ieri, durante un’assemblea politica a cui ero stato invitato, a un certo punto si è alzato un l’unico under 35 presente, credo.
Ha spiegato, fra l’altro, che suo padre – licenza media – fa da sempre l’artigiano. Lui invece si è diplomato, laureato e poi ha preso un master.
Il risultato è che non solo suo padre ha sempre guadagnato molto più di lui, ma che tutto lascia pensare come anche in futuro lui resterà molto più povero del papà.
Ecco, questo mi pare il ritratto più vivido ed emblematico del famoso declino italiano e dell’altrettanto famoso scontro generazionale: non solo i figli sono più poveri dei genitori, ma lo sono avendo un titolo di studio più alto, per il quale presumibilmente i genitori hanno (inutilmente) investito.
Da questa case history, temo non isolata, si deduce infatti:
1. che siamo un Paese in cui l’istruzione non paga.
2. che, al contrario di quanto avvenuto per un secolo, la generazione successiva ha meno possibilità di quella che l’ha preceduta.
3. che le due cose messe insieme portano direttamente alla completa perdita di speranza da parte dei nuovi adulti e a una società tendenzialmente sempre meno istruita, cioè destinata all’involuzione, quindi a creare sempre meno speranze: in una spirale viziosa che se non viene invertita porta dritti al fallimento economico, sociale e civile.
Da PIOVONO RANE di Alessandro Gilioli.
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