IN UDIENZA NEL FILONE PER PROSTITUZIONE CON MORA E FEDE, NON RISPONDE ALLE DOMANDE, MA LEGGE SETTE PAGINE. QUANDO DISSE AL TELEFONO: “B. CULO FLACCIDO”.
Èil giorno di Nicole Minetti: “Il mio è stato un sentimento di amore vero nei confronti di Silvio Berlusconi”. Pantaloni rossi, camicetta bianca, giacca nera, scarpe Louboutin, Nicole torna nell’aula dov’è processata, insieme a Lele Mora ed Emilio Fede, per induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile. Non accetta di rispondere alle domande dell’accusa e dei giudici, ma sceglie di fare dichiarazioni spontanee. Legge sette fogli in cui denuncia innanzitutto di aver subito “una feroce campagna di odio e diffamazione portata avanti con ogni mezzo di comunicazione”. Campagna “senza precedenti dal dopoguerra a oggi nella storia d’Italia”. Racconta la sua storia, Nicole. È Marysthell Polanco, collega nel programma Mediaset Colorado cafè, a introdurla nel 2009 ad Arcore e alle feste del presidente. “Nacque così da prima un rapporto di grande amicizia, che poi sfociò in una relazione sentimentale, che io ritenni sempre esclusiva”.
NON SPIEGA, Nicole, perché nelle intercettazioni del 2010 chiama Berlusconi “culo flaccido”, in compenso racconta come entrò in politica, nel listino bloccato di Roberto Formigoni: per fare un piacere a don Verzè. “Fu un errore”, dice ora Minetti, ma poi fa notare di non essere stata l’unica ad entrare “nei consigli regionali e, soprattutto, in Parlamento” (l’unica con quali caratteristiche?). Spiega anche la testimonianza di Melania Tu-mini, “amica d’infanzia, per me una sorella” che, invitata ad Arcore , ha raccontato di aver trovato “un puttanaio”. “Pensavo di aiutarla anche in quella occasione, e invece ha fatto di tutto per colpirmi alla schiena come il peggiore dei traditori”: per “antico dualismo tutto suo”, “invidie e gelosie”. Dalle accuse processuali, Nicole si difende sostenendo di non aver “gestito” le ragazze del bunga-bunga, ma di avere aiutato solo per gentilezza quelle venute ad abitare, come lei, in via Olgettina. “Come accertato in questo processo, io non ho mai invitato nessuna delle parti offese a nessuna delle cene a casa del presidente”. Certo, le sue descrizioni al telefono delle feste sono piuttosto colorite (“Ne vedrai di ogni. È la desperation più totale”, dice a Melania. “Ci sono varie tipologie: c’è la zoccola, la sudamerica che viene dalle favelas e ci sono io che faccio quel che faccio”): ma sono soltanto “toni esuberanti e scherzosi di una conversazione tra vecchie amiche”. E la minorenne Karima? Conosciuta ad Arcore il 14 febbraio 2010, “non ho mai avuto modo di dubitare che l’età di Ruby fosse quella da lei dichiarata”. Ne ha poi accettato l’affido, la notte della questura, “pensando di fare del bene, alla fine si trattava di un atto temporaneo e formale per far tornare Ruby a casa sua” (in realtà a casa della prostituta Michelle). Le accuse, insomma, sono solo “un teorema, fondato su un malcelato moralismo”.
POI TOCCA al difensore di Emilio Fede leggere le sue dichiarazioni spontanee. “Assaggiatore. Scene orgiastiche. Situazioni bacchiche”: le affermazioni dell’accusa sono “una triste e aberrante descrizione della realtà”. “Né nudità, né balletti osceni, né minorenni come vittime sacrificali, né tantomeno rapporti sessuali alla presenza di chiunque. Non ho invitato Ruby, non mi ricordavo di averla conosciuta, non mi sono minimamente interessato alla sua età. Dunque non ne ho mai riferito ad alcuno” (un aiutino all’amico Silvio, imputato però in un altro processo). Infine, cambio di scena: la parola passa a due avvocati, Patrizia Bugnano e Stefano Castrale, che difendono Ambra e Chiara, le ragazzine che hanno partecipato a una sola serata ad Arcore con l’illusione di entrare nel Paese dei balocchi della tv. Hanno poi raccontato di essere scappate inorridite, con Fede che commentava: “Allora scordatevi Miss Italia e qualsiasi lavoro nel mondo dello spettacolo”. Si sono costituite parte civile, chiedendo di riavere la loro reputazione e un risarcimento di 200 mila euro a testa. “Pasticceria”: Chiara, per Fede, era “un bignè” da “assaggiare” e poi offrire a Berlusconi. Insieme alle testimoni Melania Tumini, Ma-ria Makdoum e Natasha Teatino, nel processo sono minoranza: loro raccontano i balletti erotici, il sesso orale con la statua di Priapo, Nicole Minetti nuda; le altre ragazze, la maggioranza, narrano invece le “cene normali”. Chi dice la verità? “Ci sono due categorie di testi in questo processo”, risponde l’ex senatrice Idv Bugnano, “quelle foraggiate da Berlusconi con soldi, appartamenti e lavori in tv, e quelle, come Ambra e Chiara, non foraggiate”.
Da Il Fatto Quotidiano del 08/06/2013.
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