HANNO MESSO IN PIEDI UN’OPERAZIONE PER RIPORTARE IN ITALIA A BORDO DI UN JET 20 MILIONI DI EURO DI PROVENIENZA ILLECITA.
Avevano ideato una dettagliata operazione per riportare in Italia venti milioni di euro di provenienza illecita. L’accordo salta, ma i reati commessi restano. Per questo un alto prelato, monsignor Nunzio Scarano, insieme a un ex funzionario dei servizi segreti italiani Giovanni Maria Zito, e ad un broker finanziario, Giovanni Carenzio sono stati arrestati ieri mattina nell’ambito di un’indagine della procura di Roma, di cui sono titolari i pm Nello Rossi, Rocco Fava e Stefano Pesci. A svolgere gli accertamenti invece sono gli uomini del nucleo valutario della guardia di finanza, guidati dal generale Giuseppe Bottillo. L’indagine che ha portato all’arresto dei tre è una costola di quella più ampia sui conti dello Ior. Stavolta però i reati sono corruzione, truffa e calunnia, che vengono contestati a vario titolo agli arrestati. I tre infatti volevano far rientrare in Italia venti milioni di euro di cui era fiduciario inizialmente il broker Carenzio, lo stesso che alla fine farà saltare l’operazione. Ma è leggendo l’ordinanza di custodia cautelare che si capisce come ogni cosa fosse organizzata nei minimi dettagli e come ognuno avesse delle mansioni specifiche. Stando alle intercettazioni, il tentativo di riportare quel denaro in Italia avrebbe rappresentato un favore per la famiglia degli armatori napoletani D’Amico, i fratelli Paolo e Cesare, indagati anche questi per evasione fiscale, come anticipato dal Fatto qualche giorno fa. “Il pm – scrive nell’ordinanza la gip Barbara Callari – ha ritenuto di individuare i titolari della somma di denaro in questione negli imprenditori Cesare e Paolo D’Amico, con i quali monsignor Scarano intrattiene frequenti e stretti rapporti”.
ED È DEI FRATELLI D’Amico, che smentiscono il loro coinvolgimento, che si parla anche in un’intercettazione del 13 giugno 2012, quando il monsignore e lo 007 fanno riferimento agli armatori. Zito chiede a Scarano: “la somma complessiva quant’è?”. Scarano risponde: “Penso che per Cesare e Paolo saranno introno ai 20″. Così monsignor Scarano e il broker Carenzio si accordano. La somma da far rientrare era più alta: 40 milioni di euro, che poi diventano 20. A conferma dell’esistenza del denaro in Svizzera i pm forniscono agli atti una mail inviata da un funzionario del servizio finanziario usb, dal quale emerge come l’istituto elvetico, il 20 giugno 2012, abbia messo a disposizione di Carenzio la somma di 41 milioni di euro, proveniente appunto dai fondi dei titoli. Per mettere a segno il tiro, però il duo ha bisogno di una terza persona, l’uomo degli agenti segreti Giovanni Maria Zito. Grazie all’agente infatti potranno eludere i controlli alla frontiera, e portare il denaro in contanti in Italia tranquillamente. È Zito, infatti, che si attiva per trovare un jet privato da utilizzare per il trasporto del denaro in contante. Coinvolge anche un uomo, Bruno, del tutto inconsapevole, che porterà con sè chiedendogli di presentarsi armato, e trova anche delle schede telefoniche “coperte” intestate ad ignari. Mentre prepara tutto questo, lo 007 presenta anche delle giustificazioni mediche non veritiere all’Aisi: per questo è indagato anche per truffa.
OVVIAMENTE il lavoro “parallelo” di Zito viene fornito dietro lauto compenso: nell’intercettazione del 21 giugno 2012 infatti Carenzio e Zito parlano anche di questo. Zito: “Io le assicuro il risultato finale, stia tranquillo senza alcun problema (…) in modo che io mi faccio già un… lei sa perfettamente che ci sono delle piccole spese di carburante e quelle ovviamente sono sue, poi ne riparliamo a voce… comunque sono sciocchezze”. Carenzio: “Si si”. Zito: “Il resto e gratis et amor dei”. Sembra tutto pronto insomma, ma a pochi giorni dall’operazione Carenzio ci ripensa e agisce in modo incomprensibile per gli stessi magistrati. Il 15 luglio chiama i carabinieri e denuncia anonimamente un attentato nei confronti del giudice Franco Roberto, capo della procura di Salerno. Secondo i magistrati, questa iniziativa era volta unicamente “a bruciare l’utenza telefonica provocando su di essa controlli da parte delle forze dell’ordine dopo la denuncia fatta”. Mentre brucia la scheda telefonica, però, Giovanni Zito è già in viaggio da Roma verso Padova, dove incontrerà il legale rappresentante di una società che mette a disposizione il jet privato. Il 16 luglio arrivano a Locarno , ma il broker non si presenta, inscena addirittura un attentato all’aeroporto di Capodichino tentando così di giustificare il ritardo del suo aereo. Ormai i rapporti sono totalmente deteriorati e l’operazione salta.
LO 007 però vuole esser pagato lo stesso. Così a dover fronteggiare le spese interviene Monsignor Scarano. Che stacca due assegni. Il primo ammonta a 400 mila euro e viene incassato da Giovanni Zito; il secondo di altri 200 mila. Per quest’ultimo però Scarano tenta di evitare il pagamento. Si presenta ai carabinieri e denuncia le scomparsa del libretto degli assegni in bianco. Azione che gli costa anche il reato di calunnia nei confronti di Zito. Scarano non ci sta e vuole il suo denaro. Pensa una seconda opzione per farlo recuperare quello perso. E con l’ausilio dell’avvocato Francesco Carluccio pensa addirittura di denunciare lo 007 affermando di avergli prestato quel denaro per un’immobile che lui effettivamente compra. Era un prestito nella mente di Scarano, non il compenso per un’operazione che anche lui voleva mettere a segno. Ma di questi assegni staccati è a conoscenza anche Maurizio D’Amico, della famiglia degli armatori salentini. In una intercettazione del 19 luglio 2012 Scarano infatti informa l’amico Maurizio di aver incontrato Zito nella serata precedente al quale “ho dovuto firmare 2 da 200 mila”. Poi il 20 luglio, ribadisce di stare in una situazione precaria a causa “dell’elevato importo a favore del tuo amico se servizi”.
Ma ci sono anche altri che sanno di questa brutta faccenda. Come Don luigi Noli, amico del monsignore salernitano che, scrivono i pm, “ha letto una lettera fattagli pervenire da Zito nella quale ha esposto le ragioni in merito al mancato rientro dei capitali svizzeri”.
Da Il Fatto Quotidiano del 29/06/2013.
L’ha ribloggato su BABAJI.