I VOLTI DEI MANIFESTANTI ARRIVATI DA TUTTA ITALIA PER GIURARE FEDELTÀ ALLA CARTA. I NOMI DEI PARTITI MA ANCHE UN POPOLO CHE RITROVA UNA SPERANZA.
Mamma stai tranquilla sono a studiare la Costituzione”. Antonio ha 14 anni, primo anno di Liceo scientifico, viene da Latronico in provincia di Potenza. Tiene alto il cartello scritto a penna sorretto da due asticelle di legno e lo mostra con fierezza. È sicuramente il partecipante più piccolo del lungo corteo che muove i primi passi da piazza della Repubblica. In testa lo striscione “Costituzione: La via Maestra” sorretto da Maurizio Landini, Sandra Bonsanti, Gustavo Zagrebelsky, don Luigi Ciotti, Cecilia Strada e Stefano Rodotà, sommersi dai flash dei fotografi e da cittadini che vogliono avvicinarli per dire: “Eccomi, sono qui, siamo tanti”.
DOPO GIORNATE di pioggia ieri è stato il sole a riscaldare la passione di oltre 100 mila persone, tra cittadini e associazioni, oltre 200, arrivati da ogni parte d’Italia, i pullman erano più di 250, per giurare fedeltà alla Carta e chiedere a gran voce che venga applicata. “La Costituzione non si tocca, la difenderemo con la lotta” è lo slogan che risuona lungo le vie che da piazza della Repubblica portano a piazza del Popolo dove il corteo arriva alle 16. “Mi sento fuori luogo” ci dice Monica, 23 anni, impiegata di Reggio Emilia, che spiega: “Dover manifestare per difendere ciò che ci definisce liberi e uguali non è, forse, una follia?”. Una follia che ieri a Roma è divenuta collettiva e che nel Paese “alla rovescia”, come dal palco lo ha definito Marco Travaglio, si fa normalità. “Io ho firmato l’appello de Il Fatto” confessa orgoglioso Carlo “siamo ridotti a sudditi, ma non ci arrendiamo perché noi siamo cittadini e lo rivendichiamo nelle strade, come oggi”. L’atmosfera che si respira è di gioia velata dalla preoccupazione come spiega bene Laura, 45 anni, operaia in una ditta di pulizie prima di essere licenziata: “Sono felice di essere qui assieme a persone che mi assomigliano, ma non sono spensierata perché da lunedì dovrò ricominciare a cercare lavoro come faccio ogni giorno da oltre un anno”. Vagli a ripetere che viviamo in una Repubblica fondata sul lavoro come recita l’articolo 1 della Costituzione quando è un diritto che viene calpestato come fosse erba in un prato. Eccola la Via Maestra, il faro, la luce per farsi largo nel buio del tempo dei diritti negati. “Questa è la vera e sola rivoluzione da fare” dice Marta che di anni ne ha 21 arrivata da Ancona con l’autostop perché ha perso il pullman e voleva esserci a tutti i costi perché, spiega, “i suoi genitori sono disoccupati e oltre al lavoro hanno perduto anche la speranza”. Quella speranza che brilla nello sguardo vispo di Luca, 28 anni, capelli ricci, laureato in Economia e commercio che gli cammina affianco e racconta: “Sono figlio di contadini, sani come la terra, che lavorano e io sono fiero di loro perché mi hanno cresciuto con i valori della Costituzione”. Parole che confortano e non si confondono con l’inno partigiano “Bella Ciao” intonato dal corteo. E che vengono fatte proprie dagli operai dell’Ilva di Taranto. Non c’è l’Anpi, ufficialmente, ma sono molte le bandiere con lo stemma della Resistenza. Non ha aderito neppure il M5S, ma ci sono senatori e deputati come David Tripiedi, 28 anni idraulico, eletto in Lombardia: “Sono qui come semplice cittadino” e alla domanda del perché il suo Movimento, che ha dato vita alla ribellione contro la revisione dell’art. 138 salendo sui tetti di Montecitorio, non è tra i sostenitori della manifestazione, risponde: “Chiedetelo al nostro capogruppo alla Camera, ripeto, sono qui come cittadino”. Piazza del Popolo è già gremita mentre parte del corteo è ancora all’altezza della discesa del Pincio.
CI SONO Antonio Ingroia e Antonio Di Pietro, Nichi Vendola, Paolo Ferrero, ma dal palco parlano solo i cinque promotori della Via Maestra oltre al direttore e al vicedirettore del nostro giornale, Antonio Padellaro e Marco Travaglio. E anche molti giornalisti, anche quelli che fino a ieri non hanno mai speso una goccia di inchiostro per raccontare la “ribellione” al progetto di modifica della Costituzione, che oggi si è rivelato essere un sentire comune. “Questo bimbo ha quasi un anno, è mio figlio, la Costituzione deve continuare a camminare anche con le sue gambe” è la riflessione più intensa che ci regala una giovane mamma che si fa largo tra la folla spingendo il passeggino.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/10/2013.
Rispondi