L’EX MINISTRO: “NOI L’ABBIAMO MESSO LÌ, L’EUROPA LO DEVE SAPERE” IL RITORNO DEL POETA CHE GESTIRÀ FORZA ITALIA E L’AVVISO AD ALFANO E SCHIFANI.
Sandro Bondi, poeta in rime sciolte, mescola con sapienza l’offensiva e il silenzio. Ripescato nel girone sempre più ristretto dei fedelissimi, pronto a coordinare la nuova Forza Italia (e la relativa cassa), l’ex ministro rammenta a Enrico Letta chi l’ha spedito a Palazzo Chigi: come a dire, io e te, abbiamo lo stesso Capo.
Dice Bondi: “In un’intervista a diversi quotidiani europei, Letta esprime giudizi arbitrari e infondati sul Pdl e, soprattutto, omette di ricordare un elemento che non può essere sottaciuto ai cittadini europei: il suo governo e la sua indicazione come premier di una larga coalizione deriva da una esplicita e determinante volontà politica del presidente Berlusconi”.
LE LARGHE INTESE furono (e sono) l’ultima salvezza di Berlusconi per contare ancora e la rielezione di Giorgio Napolitano già conteneva l’ipotesi Letta. Un elemento, per citare Bondi, che forse il Pd ignorava: eppure il Pdl, alba di sabato 20 aprile, giorno di Re Giorgio II, valutava la candidatura del giovane Letta. Quando le indiscrezioni puntavano su Giuliano Amato, il 23 aprile, Matteo Renzi fu bloccato da Berlusconi con una telefonata, racconta nel libro Oltre la rottamazione: “Non c’è un nostro veto su di te, caro sindaco. Però preferiamo Amato o Letta”.
E il nipote Enrico, che gestiva un partito distrutto col segretario Bersani dimissionario, aspettava la decisione di Napolitano e qualcosa poteva sospettare: “Ci atterremo alle sue indicazioni”, disse durante la notte di vigilia al grande salto a Palazzo Chigi.
E così, punge Bondi senza terzine, Letta deve essere riconoscente al Cavaliere. Proprio quel Cavaliere che, in centinaia di retroscena, s’è lamentato di un patto mancato che aveva generato l’esecutivo Pdl-Pd più centristi con la regia del Quirinale.
Né falco né colomba, né lealista né innovatore, insomma senza etichetta, Bondi può sfruttare l’investitura del Capo, che non distingue più fra amici e nemici. Ma non ha dimenticato la figuraccia di Bondi che sfiduciava il governo Letta al Senato e un attimo dopo veniva smentito dall’adorato Silvio. Che ai ministri ripete spesso: “Sandro avrà un ruolo centrale in Forza Italia”. E Sandro, che si consegna al riposo di queste feste, comunica al Fatto che “il detentore di deleghe e poteri sarà soltanto Berlusconi”. Facile, messaggio non morbido per Angelino Alfano.
Pur rischiando di bloccare il tentativo disperato per il voto segreto a Palazzo Madama per la decadenza, Bondi cestina la lettera di 22 alfaniani al presidente Grasso contro lo scrutinio palese: “A mio avviso la nuova raccolta di firme fra i parlamentari del Pdl delegittima di fatto il ruolo del nostro capogruppo, l’amico Renato Schifani”. Perché, poi, Schifani da che parte sta? E il redivivo Bondi, che si becca uno “strabico” da Chiavaroli (gruppo Alfano), ha sete di vendetta. In ordine alfabetico: A di Alfano, L di Letta. In nome del Capo.
Da Il Fatto Quotidiano del 02/11/2013.
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