Non è facilissimo giudicare la vicenda Cancellieri perché ogni sortita dal carcere preventivo — se non di un serial killer o di uno stragista — segna un punto contro l’inciviltà di quella pratica. Specie se è vero che il ministro ha usato il suo potere, sia pure irritualmente, anche in favore di decine di detenuti ignoti e ben più indifesi della signorina Ligresti. C’è però un aspetto, nella querelle politico-giudiziaria, che giudiziario non è, e anzi probabilmente è del tutto lecito; ma fa trasecolare, penso, molti italiani. Parlo dei tre milioni e mezzo di liquidazione che, secondo le cronache, il figlio del ministro avrebbe percepito dai Ligresti dopo un solo anno di lavoro. Ignoro i parametri che portano a un calcolo del genere; immagino siano trasparenti come l’acqua di fonte, e perfettamente legali; mi domando, solo, come può reggere una società così follemente sperequata da garantire a un manager, per un così breve periodo di lavoro, una buonuscita così smisurata, pari al salario di sei o sette vite operaie. Oltre — beninteso — al suo stipendio. Il potere di corruzione, o quanto meno di manomissione dei rapporti sociali, che il denaro ha assunto negli ultimi anni è pauroso. Ed è la vera questione che
il caso Cancellieri solleva.
Da La Repubblica del 03/11/2013.
[…] alcuni di questi aspetti. Praticamente tutti. Lo stesso Michele Serra rifletteva ieri sull’ingente “buonuscita” percepita dal figlio del ministro dopo appena un anno di lavoro nel gruppo Fondiaria-SAI (3,6 […]