Ci vorrebbe un intero dipartimento universitario in scienze della comunicazione per provare a ricostruire la storia paradossale della “Terra dei fuochi” prima che si chiamasse “Terra dei fuochi”, conquistando un marchio (a suo modo) così affascinante, e vendibile nei titoli di giornale. Per esempio: secondo l’ambientalista Massimo Scalia, ex presidente della Commissione parlamentare sulle ecomafie, le catastrofiche rivelazioni del camorrista Schiavone sull’interramento di rifiuti tossici in Campania risalgono a ben prima della sua audizione (secretata) con quella Commissione; furono pronunciate pubblicamente già nel 1995 nel corso di un processo. Perché lo scandalo non esplose allora? E perché non esplose dopo la circostanziata, fremente denuncia di Roberto Saviano (“Vieni via con me”, novembre 2010) di fronte a dieci milioni di persone?
La politica è rimasta sorda per quasi vent’anni? È cosa che indigna, ma non stupisce. Ma il sistema mediatico, e i cittadini campani che vivevano sopra un ordigno cancerogeno a lento rilascio, perché hanno aspettato tanti anni prima di reagire? È uso processuale consolidato estendere la responsabilità penale a chi “non poteva non sapere”. Alla stessa stregua, gli italiani “non potevano non sapere”: era tutto scritto nero su bianco, tutto orribilmente già detto.
Da La Repubblica del 05/11/2013.
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