“Senza accordo non saremo al Cn, pronti ai gruppi autonomi”
Il centrodestra.
ROMA— «Signori, ho fatto tutto quello che dovevo. Sono tranquillo con la mia coscienza. Se il partito si spacca, è perché lo vuole Berlusconi. Qualunque cosa accada, domani chiudiamo la partita». È sera e il tempo stringe. Angelino Alfano è netto. Non può fare altrimenti, lo circondano colombe furiose. Si sentono prese in giro da Silvio Berlusconi. E il racconto dell’ennesima, pazza giornata del Pdl è benzina sul fuoco. «Il Presidente – giura il vicepremier – mi ha dato la sua parola che avrebbe accettato i due coordinatori e garantito il governo. Mi ha pure giurato che avrebbe convocato l’ufficio di Presidenza. L’ho sentito stamattina, poi è scomparso…». Ecco allora l’ultimatum, la disperata sfida di Alfano prima della scissione. I governativi si aggiornano ad oggi alle 13, ma senza segnali diserteranno il Consiglio nazionale. E soprattutto, assicurano molte colombe, terranno a battesimo immediatamente gruppi parlamentari autonomi.
La sala della Presidenza del Consiglio ribolle. «Cos’altro dobbiamo attendere?», quasi urla Gaetano Quagliariello. «Il dado è tratto», si accende Paolo Naccarato. «Dobbiamo procedere per la nostra strada, con serenità», ragiona Giuseppe Castiglione. Come un sol uomo Fabrizio Cicchitto e Roberto Formigoni, Andrea Augello e Guido Viceconte insistono su un concetto e uno soltanto: «Abbiamo varcato il Rubicone, se rientriamo Verdini ci taglia la testa».
Montagne russe, nel Pdl. Perché mercoledì notte il film era diverso. Il finale opposto. Berlusconi riceve Alfano e – racconta il vicepremier – gli promette una sorta di “resa”. Ufficio di Presidenza venerdì, un documento nuovo di zecca per accogliere tutte le richieste dei governativi.
Ossigeno, per le colombe. Poi più nulla. Perché i falchi, angosciati, organizzano il contrattacco. Corrono dal Cavaliere. Minacciano la scissione: «Non puoi cedere ai traditori ».
A metà pomeriggio il volto dei falchi che popolano il Transatlantico si trasforma. Raffaele Fitto, mogio fino a un attimo prima, riprende fiducia. «Ma attenti – avverte – fino a sabato è lunga….». Saverio Romano e Stefania Prestigiacomo bivaccano per ore sui divanetti. Cercano di contattare Denis Verdini, a pranzo a Palazzo Grazioli. Poi riprendono coraggio: «I numeri sono numeri. Se Alfano ha il 30%, non può pretendere nulla».
Cambia il vento. Lo segnala anche Quagliariello in tv: «Stiamo facendo tutti gli sforzi possibili, ma se la soluzione non c’è, non si rinnova un patto associativo». E Formigoni: «La richiesta di far slittare il Consiglio nazionale è ancora valida». Alfano riunisce le truppe.
Detta la linea: «Non offriamo pretesti, non siamo noi che vogliamo rompere. È il partito dei falchi che vuole una crisi al buio».
Non è più disposto ad attendere, Alfano. È in contatto con Mario Mauro, sa che il ministro della Difesa è pronto già oggi a ufficializzare la scissione di Scelta civica, lanciando la sezione italiana del Ppe. Ecco allora che il ministro dell’Interno scandisce l’ultimatum: «Domani alle 13 decidiamo, basta rinvii».
Molti parlamentari sono lontani da Roma, vengono richiamati in gran fretta. Oggi a pranzo nessuno può mancare. Si prenotano due sale per il summit, una alla Camera e l’altra al Senato. Tutto conduce alla rottura. Eppure Alfano ripete: «Berlusconi mi ha dato la sua parola, concediamogli una notte per pensarci».
Da La Repubblica del 15/11/2013.
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