Non si deve censurare la rete; non la si può irreggimentare; è reazionario pensare di applicare al web dinamiche di controllo nate in contesti precedenti. Lo scrive sul Post (e mi scuso per la brutalità della mia sintesi) Massimo Mantellini, che è, in materia, molto attento e autorevole. Lo stesso Mantellini, però, poco dopo si chiede se “è normale che un’azienda come Facebook possa avere milioni di profili in italiano e nessuno in Italia che si occupi di moderare contenuti pesantemente diffamatori”. Domando: come si fa a “moderare contenuti diffamatori” senza cancellarli, cioè censurarli? Il mito dell’“auto-moderazione” della rete non è per caso un eufemismo? Nel senso che si tratta pur sempre di togliere la parola, sia pure temporaneamente, a chi la usa per ferire e insozzare gli altri? Più in generale: come possono l’iperdemocraticità della rete, la sua rivendicata orizzontalità, il suo assemblearismo senza confini, riconoscere un principio di responsabilità e/o un principio di autorità? E un fornitore di servizi come Facebook, che grazie a quel servizio guadagna miliardi, se non è un editore in senso classico di quali nuove responsabilità e nuova autorità è investito? Nessuna?
Solo onori e nessun onere?
Da La Repubblica del 08/01/2014.
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[…] del fenomeno e sulle responsabilità, Bartezzaghi su soglie e limiti che sono stati varcati, Serra sempre sulle responsabilità (facendo coincidere la rete intera con Facebook, sic!). Ma non sto qui a dire chi condivido e chi […]