RENZI INVIA A RICCIONE IL SUO UOMO DI FIDUCIA CHE VIENE FISCHIATO MA RILANCIA L’ALLEANZA PER LE PROSSIME ELEZIONI AMMINISTRATIVE.
Parole parole parole soltanto parole parole tra noi”. Mina non c’è e neppure Matteo Renzi, che, come prevedibile, ha disertato l’appuntamento che Vendola ha annunciato dopo l’incontro avuto con lui a Roma prima che entrasse in sintonia con Berlusconi. È stato Renzi a nascondere a Vendola l’accordo già sottoscritto o Vendola lo ha taciuto al suo popolo? Sta di fatto che nel suo discorso di apertura al congresso, il leader di Sel ha detto che con un dominus legibus solutus non si fanno patti. Era folle credere che Renzi, abituato agli applausi a scena aperta, potesse venire a incassare fischi. A raccoglierli ha mandato Stefano Bonaccini, neoresponsabile Enti locali della sua segreteria. “Sono Stefano Bonaccini, amici e compagni, porto i saluti del Pd” e giù il diluvio di fischi inframmezzati da: Bonaccini chi? E lui pensando di placare gli animi si rifugia in una battuta: “tanto non mi dimetto”. Poi, per riportare a Renzi il ricordo di un applauso, esprime solidarietà agli alluvionati dell’Emilia. Ma il battito di mani dura poco meno di un istante. “Crediamo che le regole debbano essere scritte assieme, ma non vogliamo governare con Berlusconi”.
DALLA PLATEA: “Ma che cazzo dici? Ma che cazzo sei venuto a fare?”. Pioggia di fischi. Nichi Vendola prende il microfono per richiamare la platea al rispetto del confronto democratico, ma la “sua comunità” non lo ascolta più e lui che ieri aveva detto “il Pd non sarà il nostro destino” nel disperato tentativo di non spezzare quel filo, dice: “Abbiamo molta gratitudine nei confronti del Pd, lasciamo parlare Bonaccini, vi prego”. Bonaccini ringrazia per l’assist e riprende il suo intervento partendo proprio dalla nota dolente: la legge elettorale che di fatto elimina dalla competizione un partito come Sel. “Renzi è elastico rispetto alla soglia di sbarramento, l’abbiamo alzata per impedire le larghe intese non per eliminare voi con cui vogliamo stare assieme e costruire un nuovo centrosinistra”. Con chi? E su cosa? Si ode chiaro e forte dalla platea. In effetti è difficile immaginare come si possa coniugare il jobs act di Renzi con l’innalzamento delle tutele dei lavoratori invocate da Vendola, la sua richiesta che il reddito minimo garantito diventi una priorità di governo con la più generica proposta di un assegno universale dei renziani, per non parlare del matrimonio gay che il leader di Sel auspica da sempre.
MA BONACCINI, dopo aver ammesso che il Pd ha commesso molti errori in questi anni con uno “sbagliatamente” che strappa una risata collettiva, furbescamente lancia la ciambella di salvataggio a Sel: “Recuperiamo il vostro partito nell’alleanza alle amministrative, mandiamo a casa Cota e Cappellacci”. Vendola annuisce, mentre la testa dei suoi militanti continua ad andare per conto proprio: “Basta con le promesse, non ci caschiamo più. Prima fateci vedere che legge elettorale approverete”. Bonaccini conclude con la proposta dell’abolizione del Senato, “è necessaria – dice – per impedire lo stallo delle leggi e risparmiare”. Lo stesso risparmio che si otterrebbe con il taglio delle indennità, proposta di legge del M5S impantanata alla Camera.
Unica vera star del congresso, Maurizio Landini, accolto al grido: “Ti vogliamo segretario della Cgil”. Lui sfida la Camusso dicendo che il congresso va sospeso e spiega che essere di sinistra o di destra non cambia nulla se accetti gli stessi vincoli economici (vedi approvazione fiscal compact) perché non è la Costituzione a essere contro la finanza, ma è la finanza a essere contro la Costituzione. A Renzi dice: “Lunedì avrai le nostre proposte”. Si chiude così il secondo giorno del congresso di Sel, che ha sempre più l’aria di essere anche l’ultimo. A riassumerlo potrebbero essere le note di “Vengo anch’io, no tu no, ma perché? Perché no”.
Da Il Fatto Quotidiano del 26/01/2014.
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