Avrà pure evitato il più possibile di frequentare i melmosi palazzi romani, il buon Renzi, ma è caduto nel primo trappolone che in quei palazzi gli hanno teso: tra l’altro un trappolone più “romano” di una cena fra onorevoli dorotei da Fortunato al Pantheon.
Ed è tutto partito da quella cosa lì, dalla mitica e un po’ frettolosa riforma elettorale, “abbiamo fatto in due settimane quello che non era stato fatto in vent’anni”.
Facile a dirsi, su Twitter. Ma poi succede che a parole tutti gli dicono okay, in pratica appena quello riprende il Frecciarossa per Firenze loro iniziano a riunirsi per fargli la festa.
E così è successo che da Alfano a Berlusconi, da Scelta Civica alla neo minoranza piddina, si sono detti: eh no, non è che questo porta a casa la riforma elettorale, se ne intesta il merito, e intanto fa pure la parte di quello che non c’entra niente con il governo, che poi alle elezioni arriva senza macchia per lo stato disastroso dell’Italia.
Quindi: se vuoi farti bello con questa cosa, caro, devi fare anche il premier, che in tre mesi sei bollito, visto che in Parlamento hai si è no cinquanta seguaci quindi ti impantani che al confronto Letta sembrava dinamico.
A questo giochetto si è aggiunto lo svoltone di tanta parte dei vari potentati nostrani: quelli che tre anni fa inneggiavano a Monti, ad aprile stavano con Letta e adesso vedono in Renzi l’ultimo argine per salvare la ghirba. Non è che l’intervista di Squinzi a Minoli, sulla radio di Confindustria, sia stata esattamente un segnale debole, in questo senso.
Risultato: il combinato disposto tra le pressioni di due establishment – quello politico e quello economico – ci ha portato qui, dove siamo stasera.
Con il governo nato per la “stabilità” che non ha campato un giorno senza barcollare e difficilmente arriverà a compiere un anno.
E con il probabile terzo premier di seguito non scelto dagli elettori.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
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