Ma una persona degna e competente come Massimo Bray, in dieci mesi da ministro della Cultura, che cosa avrà avuto il tempo materiale di fare, a parte riordinare la scrivania, leggersi qualche carta, visitare qualche sito d’arte, fare due chiacchiere con i suoi funzionari, abbozzare qualche progetto destinato ad abortire sul nascere? La folla di uomini e di occasioni che la sedicente seconda Repubblica si è divorata negli anni, scialando tempo e sprecando energie, è un micidiale affresco di inconcludenza politica. Parafrasando il saggio-pamphlet di Jakobson, «Una generazione che ha dissipato i suoi poeti», noi siamo la generazione che ha dissipato i suoi ministri; e nei famosi “costi della politica” bisognerebbe includere anche questo consumo compulsivo di competenze e di speranze. Per la legge dei grandi numeri è fortemente probabile che tra loro si celasse qualche grande riformatore, qualche saggio amministratore, qualche vivace innovatore; ma non lo sapremo mai.
La stabilità politica non basta, da sola, a garantire la formazione di nuove classi dirigenti; però la favorirebbe, e parecchio. Non si può governare, neanche per una settimana, senza avere in mente un’idea del futuro, e un ragionevole tempo per provare a inseguirlo.
Da La Repubblica del 22/02/2014.
Mah!?