DOPO QUASI TRE ORE IL QUIRINALE CORREGGE LA LISTA: “ALLA GIUSTIZIA NON PUÒ ANDARE UN GIUDICE”.
Un governo di legislatura? La mano sul fuoco non ce la possiamo mettere, speriamo che vada tutto bene”. Giorgio Napolitano ha finito le sue dichiarazioni ai microfoni della Sala alla Vetrata. Ma i cronisti gli si affollano intorno, provano a strappargli un parere più informale sull’esecutivo che Matteo Renzi ha appena presentato. Al di là di quel “governo delle novità”, come lui ha voluto definirlo. E della precisazione: “Non c’è stato nessun braccio di ferro”. Il Capo dello Stato gesticola. È vispo, ma trasmette l’idea di chi ha condotto l’ultima battaglia. E a questo punto, guarda il tutto con un po’ di distacco. “Lui speriamo che se la cava”, sembra dire. È un monarca che nelle due ore e mezzo del confronto finale con il premier incaricato ha esercitato fino a che ha potuto il suo potere di moral suasion e il diritto di veto. Che ha spiegato, trattato, indirizzato. E che alla fine è arrivato fino a un certo punto (Nicola Gratteri è entrato ministro ed è uscito defenestrato, mentre Emma Bonino è stata sacrificata a Federica Mogherini). E poi, ha alzato le mani. Di fronte a un Matteo Renzi che alla fine delle sue dichiarazioni ufficiali, afono, ma palesemente soddisfatto, dice convinto: “Mi gioco la faccia, che è più importante della carriera”.
LA GIORNATA finale e decisiva nella formazione del governo va avanti in un modo che meno istituzionale non si può. Durante la notte, Matteo Renzi incontra Angelino Alfano: “Io non tratto più”, gli dice. In ballo ci sono le poltrone, ma anche le richieste programmatiche e quel famoso assenso a una clausola di salvaguardia nell’Italicumn contro il voto subito. Renzi cede alle richieste di conferma dei treministri(Alfano,LupieLorenzin), ma Angelino non è più vice premier. Non si impegna su altro. È ancora mattina quando dal Nazareno Lorenzo Guerini fa sapere che Matteo Renzi salirà al Colle con la lista alle 16. Peccato che nessuno avverte il Quirinale ufficialmente. Al Colle la comunicazione che il premier incaricato arriverà alle 16 e 30 giunge all’ultimo momento. Gli va bene per un pelo: alle 17 era attesa Dilma Roussef, la presidente del Brasile, che si è ammalata e ha dovuto disdire l’impegno all’ultimo momento. Altrimenti “Turbo-Renzi” avrebbe dovuto aspettare.
Renzi arriva alle 16 e 28, accompagnato da Graziano Delrio, su un’Alfetta grigia. Stavolta lo fanno salire dallo scalone principale. Vestito e cravatta scuri (“Ho messo l’abito giusto”, scherzerà alla fine) arriva con una lista, che comprende 8 donne e 8 uomini. Parità di genere sulla quale è disposto ad impiccarsi. Dopo aver ceduto su un tecnico, Padoanall’Economia, e sulla riconferma dei ministri Ncd, vuole Nicola Gratteri alla Giustizia. E non intende mollare su Federica Mogherini agli Esteri, anche se Napolitano vorrebbe riconfermare sia la Bonino, che Moavero Milanesi agli Affari Europei. La Mogherini al Colle è stimata, ma non la considerano ancora matura.
Mentre passano le ore è chiaro che il colloquio non è una formalità. Toni cordiali: sia Napolitano che Renzi sono due combattenti. E questo aiuta. Renzi arriva non con degli aut aut ma con delle proposte: non vuole mettere il Colle nella posizione di dovergli bocciare la lista. E poi, è la prima volta che i due discutono della squadra nel suo insieme. Napolitano ci tiene a marcare una distanza. Non è il governo del Presidente, quello che sta nascendo. Però su un pm come Guardasigilli non può mollare. “C’è una regola sempre rispettata: i magistrati non possono andare alla Giustizia”, spiega a un Renzi determinatissimo. Che continua a ripetere: “Se mi gioco la faccia e l’osso del collo voglio decidere il volto del mio governo”. Riesce a tenere la Mogherini agli Esteri e – a parte Gratteri – praticamente tutta la squadra che aveva portato entrando. Napolitano lo lascia solo, nella saletta napoleonica, con un telefono. E lui ricomincia le consultazioni. Chiama Andrea Orlando: “Tu vai alla Giustizia”. Al ministero dell’Ambiente al suo posto entra Galletti di Scelta Civica, che doveva andare alle Politiche Agricole. A quel punto iniziano i sondaggi con i bersaniani. È uscito Gratteri, e dunque si è liberato un posto per un uomo. Un bersaniano. Esce Valeria Fedeli, entra Maurizio Martina. Alle Politiche agricole. Per ricomporre il puzzle ci vuole un’ora.
FUORI ci si chiede cosa stia accadendo. Un punto finale con Napolitano, per rivedere il tutto, inframmezzato da un Tweet del premier in persona: “Arrivo, arrivo #lavoltabuona”. E poi Renzi esce. “Un colloquio lungo? L’esecutivo deve durare 4 anni”. Il messaggio: “Rischiamo tutto, ma con determinazione e convinzione”. E soprattutto: “Se può fare il presidente del Consiglio uno come me sotto i 40 anni vuol dire che tutto è possibile”.Èrilassato.Achi gli chiede se ci siano elementi di discontinuità risponde in battuta: “Questa non è la rubrica della settimana enigmistica ‘Scopri le differenze’”. Obiettivo raggiunto. Anche il Presidente ha un’aria baldanzosa. Chiarisce: “C’è l’impronta di Renzi nelle facce giovani”. L’era Napolitano volge al declino.
Da Il Fatto Quotidiano del 22/02/2014.
Rispondi