ALESSIO TACCONI E IVAN CATALANO AL GRUPPO MISTO LETTERE DI DIMISSIONI A PALAZZO MADAMA. ALTRI IN BILICO.
Il giorno dopo la tempesta. Fatto di nuovi addii, dimissioni messe nero su bianco e riunioni fiume per rimettere assieme i cocci in Senato. Di contorno, insulti incrociati tra lealisti e ribelli, e il rischio concreto di nuove uscite a breve: almeno due, a Palazzo Madama. Dopo l’espulsione via web dei 4 dissidenti e le dimissioni annunciate da altri sei senatori, il Movimento Cinque Stelle riparte dal nuovo bollettino di caduti e feriti. Il conto racconta di due deputati, Alessio Tacconi e Ivan Catalano, che lasciano M5S per passare al gruppo Misto. E di sei senatori che hanno presentato formalmente le dimissioni. Nella lista c’è uno dei cacciati, Luis Orellana, assieme a 5 dei senatori in rivolta contro le espulsioni: Maurizio Romani, Alessandra Bencini, Maria Mussini, Laura Bignami e Monica Casaletto. Nessuna mossa formale dagli altri tre espulsi: Francesco Campanella, orientato a restare a Palazzo Madama (“Ma prima voglio sentire la base sul territorio”), Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista, che pure avevano lanciato segnali su dimissioni imminenti. È invece sicura l’uscita dal M5S dei deputati Tacconi e Catalano. Il primo, veronese di 36 anni, aveva annunciato l’addio già giovedì sera, dopo essersi proclamato “il quinto espulso”. E Luigi Di Maio l’aveva “salutato” così: “Se ne va per non rendicontare le spese”. Ieri, nella email di dimissioni inviata al capogruppo D’Incà, Tacconi ha invocato “una smentita, visto che quanto detto da Di Maio è un vergognoso insieme di falsità. Ho sempre rendicontato e restituito tutto. In assenza di tale presa di posizione, dovrò concludere che anche M5S usa la macchina del fango”. Catalano, lombardo di 27 anni, già a rischio espulsione per problemi sulla rendicontazione, si è accapigliato su Twitter con alcune deputate sul tema stipendi. Durissima la nota di altri 9 deputati, tra cui Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista: “Finalmente zavorra che va via, gente che non c’entra nulla con il M5S, diventeranno parassiti visto che non hanno neanche la dignità di dimettersi”. Ma è Roberta Lombardi a scrivere parole da ultimatum: “Noi siamo in guerra, chi non è completamente convinto del nostro percorso decida cosa fare da grande. O dentro o fuori”. Il clima è (anche) questo, alla Camera. Dove i malpancisti che riflettono sul da farsi sono almeno 5. “Ma per ora non se ne va nessun’altro, vogliamo riflettere” spiega un deputato.
IN SENATO, giornata di volti provati e discorsi infiniti. Segnata dalla nota di Romani: il primo ad annunciare le dimissioni giovedì, punto di riferimento dei critici. “Non voglio essere complice di questo linciaggio” scrive il medico toscano. Convinto che “definire dissidente e arrivare a espellere chi pensa con la propria testa e ha il coraggio delle proprie idee è una mossa suicida: a ciò si aggiunge la rabbia e la violenza che ho visto usare verso i nostri colleghi”. Giovedì molti colleghi avevano provato a farlo recedere. Ma Romani è stato irremovibile. Arriva la notizia delle sei lettere di dimissioni. Manca quella della genovese Cristina De Pietro, tra i dimissionari giovedì notte. Ieri non si è vista a Palazzo Madama. La descrivono come molto incerta. I moderati sperano di recuperare lei e anche i 5 che hanno dato le dimissioni. Perché l’aula voti, decidendo se accettarle o meno, potrebbero passare diverse settimane. E di solito l’aula le respinge sempre in prima istanza. Il tempo insomma ci sarebbe. I senatori si riuniscono nel pomeriggio, anche per decidere come votare in aula sulle dimissioni. Lariunione dura oltre 4 ore. Ci sono anche tre dimissionari, Romani, Mussini e Bencini. Su proposta di Elisa Bulgarelli, ci si scambia proposte scritte per migliorare il gruppo. Si discute di come migliorare il regolamento sulle sanzioni. La tensione sale sul finale, con Vito Crimi che “punge” Romani e il collega che replica duro. Discussioni anche tra il capogruppo Santangelo e un paio di senatori. Niente decisione sul voto in aula. A margine, Mussini: “Finché non accettano le mie dimissioni rimango nel M5S, costituire un nuovo gruppo sarebbe inutile”.
PER ORA i 5 dimissionari non si smuovono. Ma ballano altri nomi, De Pietro in primis. In bilico anche Ivana Simeoni, eletta a Latina (il figlio, Cristian Iannuzzi, è deputato M5S). Su Facebook si era detta contraria alle espulsioni: “Non condivido né metodo né motivazioni”. In sofferenza anche l’emiliana Michela Montevecchi e Bartolomeo Pepe.
Intanto continuano le voci sul nuovo gruppo di centrosinistra che nascerebbe a Palazzo Madama con civatiani, fuoriusciti di M5S e Sel. Ieri Civati ha negato “cene segrete con dissidenti” ma ha rilanciato: “Oltre ai 4 espulsi potrebbero uscire altri 10 dai Cinque Stelle. Potrebbero fare un gruppo da soli, senza bisogno dei miei amici”. Da Parma invece arriva la presa di distanza del sindaco grillino Federico Pizzarotti: “Non ho capito le espulsioni, perdere tempo in spaccature e dissidi interni ci indebolisce”.
Da Il Fatto Quotidiano del 28/02/2014.
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