NON SOLO CRIMEA.
SONO LE 7 DI MATTINA ma Oles, Igor e Viktor sono già davanti al centro di reclutamento dietro piazza Maidan. Un’ora in anticipo rispetto a quella stabilita da Andri Paruby -il neo segretario della sicurezza nazionale e del consiglio della Difesa -per dare il via all’arruolamento di tutti i cittadini maschi maggiorenni. I tre 22enni sono amici e studenti universitari di ingegneria di Odessa, accampati da tre mesi in una delle tante tende sulla piazza dell’indipendenza, diventata l’epicentro della più grave crisi internazionale del terzo millennio. “Abbiamo combattuto con le pietre contro i mitra della polizia sulle barricate di Hrushevskogo, ci siamo salvati ma decine di persone sono morte. Se non ci arruolassimo sarebbe come vanificare il loro sacrificio”. Arrivano altre persone. Sono adulti, intorno ai 50 anni: avvocati, insegnanti, operai, contadini. Dicono che i loro nomi non sono importanti: “Scriva che siamo ucraini, questo è ciò che importa. Ucraini, non russi. Ma scriva anche che non abbiamo nulla contro il popolo russo ma contro Putin. Vogliamo essere indipendenti. Né con Putin né con l’Europa o l’Occidente, solo indipendenti”. L’insegnante prosegue: “Vogliamo essere liberi di decidere cosa è meglio per noi, in termini economici e commerciali, ma soprattutto non vogliamo più che la Russia ci imponga presidenti fantoccio che si rivelano essere sempre dei gangster”. L’avvocato mi guarda e dice: “Sa quanti imprenditori sono venuti da me disperati perché strangolati dalla corruzione dei burocrati e della polizia? Tanti alla fine hanno ceduto le loro attività e hanno lasciato il paese. Yanukovich ha trasformato l’Ucraina in una repubblica mafiosa”.
POCHI, in realtà, hanno davvero fiducia in questo governo: “ Speriamo che i kolo ( i comitati popolari dei cittadini con funzione di controllo, ndr) funzionino, ma ora dobbiamo preservare la nostra sovranità.” I paramilitari del movimento ultra-nazionalista di destra Pravi Sektor, in mimetica nera, giubbotto antiproiettile e passamontagna, pattugliano le strade con mazze da baseball, accompagnati dall’alto dai corvi che lanciano grida stridule. Poco prima delle 8 arriva un centinaio di persone. Di ogni età. Il governo annuncia di aver richiamato tutti i suoi riservisti, circa un milione di persone, mentre la forza militare attiva sarebbe costituita da circa160mila unità. Dal palco allestito nella vicina Maidan si alzano i cori bizantini dei preti. Che l’ora sia grave lo si nota dalla presenza anche dei pope della chiesa ortodossa moscovita. Finora in prima linea c’erano stati i preti greco-cattolici e i pope della chiesa ortodossa di Kiev, ma non i moscoviti, filorussi. A mezzogiorno Maidan è gremita di gente. Le babuske distribuiscono bicchieri di thè e chi è arrivato da Leopoli, dopo una notte di viaggio, accetta volentieri. Quando entrano nella piazza gli espatriati con le bandiere canadesi, italiane, inglesi, francesi, precedute da uno scozzese che suona la cornamusa, scoppia un applauso fragoroso: molti uomini piangono mentre ringraziano i “fratelli stranieri” per essere lì a sostenerli. Ma l’applauso più lungo è per il rappresentante dei tartari di Crimea, tornato a Kiev per dire che “non si arrenderanno ai russi. La Crimea non è russa, è ucraina”. I tartari però sono solo il 30 per cento della popolazione di Crimea, non possono affrontare le forze speciali russe. Le loro speranze naufragano nel pomeriggio quando il comandante in capo della Marina Denis Berezovski – appena nominato da Kiev – giura fedeltà alle autorità filorusse . Per questo Andrei Paruby, uno dei leader dell’insurrenzione contro Yanukovich, è tornato a Maidan per appellarsi a riservisti e volontari. Ma anche dalle regioni del Donetsk e di Dnipropetrovsk – le zone al confine con la Russia – dove Kiev sta per nominare due influenti oligarchi, la partita sembra persa. Se anche a Kharkiv, dove l’altro ieri ci sono stati scontri pesanti tra cittadini pro Kiev e pro Mosca, e la tensione è di nuovo altissima, i filorussi non verranno più contrastati, Putin potrà sentire la vittoria a portata di mano. Ma, secondo i maidanisti, la capitale non si arrenderà, a costo di altro sangue.
Da Il Fatto Quotidiano del 03/’03/2014.
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