Il “ Perekhod”, la transizione, semina caos in Crimea
Il reportage.
VUOL dire “transizione” e bisogna farla in fretta. Perché come dice uno stravolto signore dal cappotto “grigio Soviet”, tornato improvvisamente di moda, «Non basta cambiare bandiera per passare da uno Stato a un altro ». E dopo i giorni della retorica, gli inni, gli eroi, si scende tutti sulla Terra a parlare di cose piccole ma fondamentali: le tasse, la benzina che costerà meno, il passaggio di proprietà dell’auto, i passaporti, l’ora solare che dal 30 marzo slitta due ore avanti per allinearsi a Mosca, i libri di scuola, quel prestito da saldare non si sa più a chi.
Ognuno aggiunge una voce alla lista dei problemi in un’angoscia crescente attenuata solo dalle notizie che arrivano da Casa, da Mosca. Putin ha fretta. Ieri ha firmato un decreto che riconosce l’indipendenza della Crimea. E già oggi pomeriggio ha convocato in anticipo la Duma per «un’importante comunicazione riguardo la questione Simferopoli». Probabile dunque che l’annessione possa essere sancita prima del 21 marzo, magari solo per il gusto di arrivare prima della Ue che in quel giorno
ufficializzerà il Patto di associazione con l’Ucraina “rivoluzionaria”.
Si guadagnano solo pochi giorni ma davanti a un
Perekhod
che rischia di seminare caos e ingiustizie, vanno bene anche i minuti. Basta dare un’occhiata dall’altra parte del marciapiede allo sportello della Privat Bank. Fino a sabato la gente prelevava in massa. Ma ora non c’è più contante e gli uffici sono deserti. Ufficialmente, da ieri è già in vigore il rublo russo. Fino a tutto il 2016 si potranno usare anche le grivne ucraine ma quello che conta è il liquido. La Privat bank è ucraina di Dnepropetrovsk e ha tagliato i fondi. I correntisti sono oltre un milione, quasi la metà di tutti gli abitanti della Penisola e sono già presi dal panico. Per fortuna che “Babbo Putin” ha uomini danarosi al suo fianco sempre pronti a risolvere i problemi. Il proprietario della Banca di Mosca sta già provvedendo a salvare la situazione e, con l’occasione, ad accaparrarsi la banca più importante della Crimea. Questione di giorni, dicono.
Il
Perekhod,
assicurano in Parlamento, durerà al massimo un anno. Non è poco ma soprattutto non c’è molta chiarezza. L’unico conforto è che («Adesso finalmente si può dire!») una decina di vice
ministri del governo russo sono a Simferopoli da dieci giorni per studiare un piano razionale di annessione. Hanno cominciato dalle questioni primarie. I latticini per esempio. La Crimea li riceve per
l’80 per cento dalla regione di Kherson, adesso diventata terra straniera. Qualcuno molto autorevole ha già lanciato minacce e lusinghe ai produttori locali e yogurt, formaggi e latte fresco «sono assicurati
». Poi l’acqua. Per irrigare campi e vigne della Crimea è fondamentale il canale che dirotta fin qui le acque del Dniepr. Yurij che ha una fattoria al Nord è tranquillo: «L’acqua la paghiamo. Kiev non ha interesse a perdere una risorsa economica come questa». Ma non è del tutto tranquillo. Stesso discorso per l’energia elettrica. La centrale ucraina di Zaporizhije non avrebbe altri clienti che la Crimea e le converrà continuare le forniture.
Ma il caos si annida in mille altre questioni. Prendiamo quella degli immobili e delle transazioni, grazie a Viktor, segretario di notaio in vacanza coatta: «I notai sono tutti iscritti all’ordine ucraino. E non possono più firmare un solo atto da una settimana. È tutto fermo, vendite, transazioni, eredità». A complicare le cose c’è che tutti i registri catastali sono centralizzati a Kiev dove sono stati chiusi e oscurati. Non sarà possibile dimostrare la proprietà di niente, partiranno contestazioni, cause legali. Aleksandr Formancjuk, politico in pensione adesso politologo di mestiere, ammette: «La ricostruzione dei catasti sarà l’operazione più delicata. Mosca ci ha promesso che non farà pagare niente ai cittadini, speriamo».
Gratis, pare, sarà anche cambiare le targhe alle auto. Verranno
da Mosca e dovrebbero avere il numero 92 a indicare la Crimea. Chi, per patriottismo o per pigrizia, ancora mantiene la targa sovietica è già a posto. Anche la scuola sembra un affare risolto. In Crimea ci sono 650 scuole russe, 14 tatare e 7 ucraine. Può andar bene così.
Restano le tasse e i codici civili e penali. Su Facebook ci si scambia informazioni sulle società giuridiche, sul diritto del lavoro, civile e penale, che hanno tante sfumature diverse. Si vedrà nei prossimi mesi ma intanto resta in vigore la legge ucraina. E chi ha già pagato una parte delle tasse a Kiev? Mistero e preoccupazione.
Come per i documenti e l’anagrafe. Tutto verrà riscritto in lingua russa e i passaporti nuovi sono già in fattura. Chi ha visti concessi da altri paesi in quanto cittadino ucraino li perderà. Sara più difficile andare negli Usa ma più facile andare in Bielorussia o Kazakhstan. Dipende dai gusti. E Irina, dolcissima trentenne, dall’aria spaesata si domanda: «Ma non sarà mica obbligatorio? Io voglio restare ucraina, ma come vive uno straniero in Russia? Comunque in questo caos avrò almeno il tempo di pensarci su». Piccoli vantaggi del Perekhod.
Da La Repubblica del 18/03/2014.
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