DENTRO E FUORI L’OLIMPICO SCONTRI TRA TIFOSI E POLIZIA: DIECI I FERITI, TRE DA SPARATORIA. LA QUESTURA: “LITE OCCASIONALE” MA TRA I RESPONSABILI POTREBBERO ESSERCI ULTRÀ DELLA ROMA.
E alla fine si gioca. La partita inizia alle 21:45. Tre quarti d’ora di attesa e inutile tensione. Roma città perennemente sull’orlo di una crisi di nervi. Ieri una manifestazione, oggi una partita di calcio: l’intero sistema della sicurezza della Capitale sembra andato in tilt. È Napoli Fiorentina che si gioca, e siamo di fronte a tifoserie violente, ma la giornata di ieri è stata da incubo. Tutto inizia alle 19:10, le voci si rincorrono: un tifoso del Napoli è stato ferito a colpi di pistola. È un ragazzo di trent’anni colpito al torace. È grave. No, è morto già.
SU IPHONE, iPad, cellulari, i tifosi che si incamminano verso lo stadio raccolgono notizie confuse e contraddittorie. Quando manca un minuto alle sette e mezza della sera, i feriti sono tre, sempre vittime dello sparatore, due sarebbero in codice rosso. Chi ha sparato? Non un tifoso della Fiorentina, ma un ultrà della Roma o della Lazio. Tutto è avvenuto a Viale di Tor di Quinto, dove intorno alle 17:30 un gruppo di tifosi del Napoli si scontra con alcuni ultrà della Roma. Le notizie sono confuse, le voci parlano di un romanista che avrebbe tirato fuori un revolver e sparato per difendersi. Bastava anche di meno per far scoppiare l’inferno. E così, alle otto le scintille infiammano le strade. A pochi passi dallo stadio Olimpico ci sono i primi tafferugli con la polizia. I tifosi del Napoli, la parte più organizzata e dura ultrà che si raccolgono dietro sigle che hanno un seguito fortissimo nelle periferie della città, cominciano a lanciare petardi e “bomboni” contro la polizia. Bastano poche cariche di alleggerimento per disperderli. Il clima si fa ancora più teso, e la Polizia si affretta a smentire le voci su agenti feriti e ricoverati in ospedale. “Non ci sono poliziotti feriti”, ripetono gli uffici stampa per evitare che altre notizie si diffondano sui social network e siti, contribuendo ad accendere gli animi.
INTANTO le tv rimandano le immagini dello stadio. I calciatori che aspettano segnali. I presidenti come imbambolati. Si vedono i volti della politica. Matteo Renzi è accanto al presidente del Coni Malagò. Il presidente del Senato, Piero Grasso, lancia anatemi contro le tifoserie violente. L’onorevole Rosy Bindi, toscana e presidente della commissione parlamentare Antimafia, non si rende conto di quanto sta accadendo e sorride a favor di telecamere. Renzi ha l’espressione stupita come chi non riesce a capire cosa stia davvero succedendo. Quando sono le nove di sera, e lo stadio è pieno di tifosi delle due squadre che aspettano una risposta, nessuno sa se il pallone verrà calciato o meno. Si avviano trattative. Rappresentanti della Lega calcio parlano con i presidenti delle due squadre. Il questore di Roma cerca di mediare e spinge perché si giochi. Aurelio De Laurentiis, il presidente del Napoli, convince il suo giocatore migliore, Marek Hamsik a mediare con la tifoseria nella curva Nord. E qui lo spettacolo che milioni di italiani vedono è davvero deprimente. A parlare con l’idolo della tifoseria è un capo ultrà dalla stazza notevole con addosso una t-shirt nera e la scritta “libertà per gli ultrà”.
DALLA CURVA partono fumogeni e bombe carta, un vigile del fuoco viene ferito. Quando sono passati venti minuti dalle nove, ancora non c’è una decisione. Per i tifosi del Napoli non si deve giocare. Dalla Questura fanno sapere che il clima non consente una decisione del genere. “Se sospendono la partita – ci dicono alcuni strani tipi seduti davanti ai baracchini che all’esterno dello stadio vendono panini con la porchetta – qui succede l’inferno”. Alle 21:45 la decisione: si gioca. Gli altoparlanti suonano l’Inno di Mameli e dalle curve piovono fischi. Gli ultrà del Napoli inveiscono contro i tifosi della Fiorentina. “Vesuvio, Vesuvio, lavali col fuoco”, rispondono gli eredi di Dante. Nelle tribune vip politica e potere si scambiano sorrisi e ammiccamenti. Sul prato ventidue uomini rincorrono un pallone. Sulle curve, l’Italia sfoga i suoi istinti peggiori. Fuori blindati e autoambulanze. È Roma.
Da Il Fatto Quotidiano del 04/05/2014.
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