In Italia i colletti bianchi sono solo lo 0,4 per cento dei detenuti, a fronte di una media europea dieci volte superiore, anche se da noi le tangenti sono molto più comuni che nel resto della UE. Ma se ci concentriamo solo sulle mazzette, i dati sono ancora più incredibili: in tutto il Paese, i condannati che si trovano in carcere per corruzione sono meno di dieci”. La fotografia del professor Alberto Vannucci, che dirige il Master in Analisi e prevenzione della corruzione all’università di Pisa, racconta una realtà dove lo scandalo del Mose non dovrebbe creare alcuno scalpore: “È lo stupore che mi stupisce. Mose, Expo 2015, G8 alla Maddalena, mondiali di nuoto e così via avevano tutti un epilogo scontato, come ogni grande opera realizzata con quei criteri. Non potrebbe essere altrimenti”.
È rassegnato professore?
Il problema è che la corruzione, di fatto, è stata depenalizzata.
Addirittura?
Sono stati scientificamente introdotti meccanismi che hanno reso il lavoro dei magistrati sempre più difficile.
Poi c’è l’ultima legge delega del governo, ennesimo salvacondotto per i colletti bianchi.
Se prima erano quasi certi di farla franca, ora ne avranno la matematica certezza. E manterranno pure la fedina penale pulita.
Per sfuggire al processo, però, bisognerà risarcire i danni provocati.
Le assicuro che resta comunque molto conveniente: le somme di denaro che s’intascano sono davvero ingenti. Provvedimenti come l’abolizione del falso in bilancio, la salva-Previti, le altre varie leggi ad personam, e quest’ultima legge delega sono criminogene.
Eppure Renzi promette interventi rigorosi per contrastare questo fenomeno, che tra l’altro costa all’Italia 60 miliardi di euro ogni anno.
È una contraddizione tipica della politica italiana. È difficile capire se questa legge delega, coi suoi sconti di pena e i suoi regali ai colletti bianchi, è frutto di superficialità, incapacità, o peggio di malafede. Del resto il premier è legato a una maggioranza eterogenea, che da sempre, in alcune sue componenti, è molto sensibile a queste istanze.
La maledizione delle grandi intese.
Per le cricche direi che è una benedizione. Comunque l’armonia bipartisan, nell’avallare questo sistema di corruzione ormai endemico, è diffusa. Il Mose è l’esempio perfetto: sono finiti nei guai, tra gli altri, un sindaco di sinistra e un ex presidente di regione di destra. E parliamo di un’opera interminabile, che ha già sforato di parecchi anni i tempi previsti, triplicando i costi, ponendo al centro questa figura – unica in Europa – del concessionario unico. Soggetto potentissimo che tiene tanti a libro paga, tra cui politici a sua completa disposizione. La corruzione sa trasformarsi e adattarsi in modo duttile a contesti diversi, non è una realtà omogenea. Expo e Mose, per esempio, sono casi completamente diversi.
Com’è possibile che, nonostante i continui scandali, sia ancora così semplice sfuggire ai controlli?
C’è una governance multi-livello della corruzione che coinvolge dall’amministratore locale ai vertici delle istituzioni. È un sistema ben consolidato e mai scalfito, che dagli anni Ottanta si appella all’emergenza per fare tutto in deroga, garantendo così una perenne mangiatoia di Stato. Si sono appellati all’emergenza persino per i festeggiamenti dei 500 anni dalla scoperta dell’America, prevedibili da 5 secoli.
C’è anche un problema di burocrazia ?
Certo. Se vuoi rispettare le leggi vai incontro all’incapacità della Pubblica amministrazione, all’inefficienza delle procedure, alla cattiva allocazione delle risorse. Per questo l’emergenza è diventata, da noi, la norma: si accumulano scientificamente ritardi, come per Expo 2015, così da procedere in deroga.
Cosa si può fare?
Riformare il sistema aiuta, ma il problema, come dice il commissario Cantone, è soprattutto culturale. Questo non dev’essere però un alibi per autoassolversi. Bisogna investire con lungimiranza sull’istruzione e recuperare l’effetto deterrente delle condanne: i corrotti devono pagare e la società deve riconoscere la gravità di certi reati. La sanzione, insomma, dev’essere anche sociale. Ma essere ottimisti è difficile: il secondo più votato alle Europee, con voto di preferenza, è proprio un condannato in primo grado per corruzione.
Da Il Fatto Quotidiano del 07/06/2014.
Io però non avevo detto propriamente quello che é riportato qui sopra. In particolare ho spiegato alla Signorina Borromeo che l’introduzione della reclusione domiciliare e dell’arresto domiciliare quali pene principali non cambierà molto lo stato delle cose perché si risolverà in una semplice anticipazione, già in sede di cognizione, della decisione se concedere o meno al reo il relativo beneficio penitenziario, in vicende processuali nelle quali statisticamente il Tribunale di Sorveglianza difficilmente rifiuta la concessione di misure alternative al carcere. Avevo inoltre chiarito alla giornalista che sul fronte della tenuità del fatto, la dizione legislativa farebbe pensare ad una prosecuzione dell’esperimento che il Legislatore del 2000 aveva già avviato con l’art.34 del D. L.vo 274/2000, istitutivo della competenza penale del Giudice di Pace, ma che per farsi un idea concreta di quello che accadrà, sarà indispensabile attendere che il Governo eserciti la delega. Ho il timore di essere stato un pochino frainteso…………..per usare un eufemismo.
devono essere condannati a fare….l’operaio. http://www.multeinbasealreddito.it
[…] 8.700 corrotti. Sapete quante persone sono nelle carceri italiani per il reato di corruzione?10. DIECI!!! Se la corruzione venisse punita come si deve, certamente dovremmo aprire nuove carceri, ma […]
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magari punire senza carceri ma lavori forzati
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