LUNEDÌ IL DDL BOSCHI ARRIVA IN AULA: 5 STELLE, DISSIDENTI PD E FRONDISTI FI IN TRINCEA.
Sarà battaglia, nell’aula disseminata di mine. Pericolose perfino per il premier del 40,8, quello che rottama senza chiedere mai (tranne che a Berlusconi). Lunedì il ddl Boschi, il testo che disegna un Senato non elettivo e rende più difficile referendum e leggi di iniziativa popolare, sbarca in Senato. Renzi è fiducioso, come suo costume: “Non temo il voto in aula”. Ma tra l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione ci sono di mezzo oppositori in serie, agguerriti. Il loro primo obiettivo è non far passare la riforma con i 2/3. La quota necessaria (ma nella seconda votazione) per evitare il referendum, il discrimine tra successo e piccola vittoria per il premier. Si parte dai 40 di Cinque Stelle, pronti all’ostruzionismo a palazzo Madama e alla campagna nelle strade.
Poi ci sono i dissidenti dem, una ventina, coalizzatisi in commissione con gli ex M5S (una decina) e i Popolari per l’Italia di Mario Mauro (10). Il pugno di senatori di Sel. Si vira a destra ed ecco Forza Italia, dove Berlusconi ripete ogni 24 ore che il patto del Nazareno va onorato. Ma i frondisti resistono. E poi c’è il numero 10 dei regolamenti d’aula, il leghista Roberto Calderoli, che lancia messaggi sulfurei. Sullo sfondo, la grande minaccia: la sentenza d’appello sul caso Ruby, prevista per il 18. Capace di far saltare in aria il patto con Berlusconi, quindi (quasi) tutto.
IERI LA BOSCHI, prima firmataria della riforma renziana, ha auspicato: “Spero che l’ostruzionismo dell’M5S non blocchi il Paese”. Ma i 5 Stelle sono pronti alla pugna. L’ostruzionismo in aula ci sarà, eccome. “Senza eccessi” assicurano dal Movimento, dove parlano di “opposizione dura ma nei limiti dei regolamenti”. Ieri a Milano Casaleggio ha incontrato i capogruppo Buccarella e Carinelli e Luigi Di Maio per fare il punto sulla linea, dentro e fuori palazzo Madama. Si pensa a sit-in e ad iniziative pubbliche con associazioni, intellettuali e costituzionalisti. Tra lunedì e mercoledì a Roma arriverà Grillo, per dar man forte ai suoi. Difficile però una manifestazione pubblica con il leader, di cui pure si vocifera. Buccarella, capogruppo in Senato: “Stiamo lavorando alle iniziative. L’essenziale è far sapere a tutti i cittadini che questa riforma renziana scardina il nostro sistema democratico”. Per i 5 Stelle però si pone un problema: come conciliare l’opposizione frontale alla riforma con il tavolo sulla legge elettorale con il Pd? Buccarella ammette: “È un tema concreto, di cui stiamo discutendo”. Walter Rizzetto, voce critica , fautore del dialogo col Pd: “Dobbiamo tenere distinti i due piani con la strategia politica. Di sicuro questa riforma è inaccettabile, e noi non arretriamo”.
RENZI CONTINUA a rinviare il prossimo incontro con il M5S sulla legge elettorale. Può essere un autogol, perché così mette in difficoltà i dialoganti e fa salire la rabbia dei falchi. Non a caso ieri sera Di Maio ha rumoreggiato: “Noi vogliamo far rientrare i cittadini in partita con le preferenze e con il Senato elettivo. Basta eliminare l’alibi a Renzi: ha detto che poteva fare le riforme solo con Berlusconi, ora non è così”. Parole anche per tenere calmo il fronte interno. Il Pd il suo fronte proverà a riordinarlo martedì, con un’assemblea dei senatori con tanto di voto finale sulla linea. Ci sarà pure il ribelle Corradino Mineo, che assicura: “Noi che la pensiamo diversamente siamo rimasti quelli, anche se la pressione è fortissima”. Tradotto, i dissidenti sono sempre una ventina: in gran parte civatiani, riunitisi attorno a Vannino Chiti e Felice Casson. Pronti a fare asse con i Popolari di Mauro e con Italia lavori in corso (gli ex M5S), guidati da Francesco Campanella. Mineo ricorda: “Io non voglio vincere la partita così, ma la sentenza del 18 tiene in allarme il governo. Devono fare prima”. Renzi insomma vuole correre, perché sa che un’altra condanna per Berlusconi sarebbe benzina sul fuoco. Quello dei frondisti, capitanati da Augusto Minzolini e Anna Cinzia Bonfrisco, che ieri hanno ribadito di preferire il Senato elettivo. In aula potrebbero ritrovarsi con una decina di fedelissimi, rispetto ai 22 del documento anti riforma. A meno che il 18 non arrivi la bomba giudiziaria. Per finire, Calderoli. Ieri la Boschi gli ha lanciato dardi: “Lui se ne intende di legge elettorale, è l’estensore dell’Italicum incostituzionale”. La replica al leghista, che su Repubblica ha già fatto il funerale all’Italicum: “Non passerà”. E che sul ddl Boschi la prende larga: “Ci vorranno 4 o 5 passaggi, il traguardo si raggiungerà a metà 2015”. Rottamatore avvertito.
Da Il Fatto Quotidiano del 12/07/2014.
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