NON GLI È PIACIUTO COME I PM SICILIANI HANNO INTERROGATO I POLITICI HA DUBBI SULLA TENUTA DEL NAZARENO E DEVE RISPONDERE ALL’EUROPA.
Sono ore cupissime al Quirinale. Nere come le nubi del cielo romano alle cinque del pomeriggio, quando Giorgio Napolitano risponde così ai magistrati di Palermo: “Prendo atto dell’odierna ordinanza della Corte d’assise di Palermo. Non ho alcuna difficoltà a rendere al più presto testimonianza, secondo modalità da definire, sulle circostanze oggetto del capitolo di prova ammesso”. È una nota che nelle interpretazioni ufficiali dovrebbe trasmettere “la massima tranquillità” del monarca del Quirinale. Ma non è così. Negli ambienti vicini al capo dello Stato si captano “preoccupazione” e “timori”. I timori per le domande e lo stress per il fisico Il primo timore riguarderebbe addirittura la “tenuta fisica” dell’ottantanovenne presidente durante la testimonianza.
Proprio ieri mattina, a Palermo, è stato sentito Ciriaco De Mita e sul Colle è stato notato il “modo sprezzante” in cui sarebbe stato trattato l’ex leader democristiano. Il secondo timore è quello maggiore. La Corte di Palermo nell’ordinanza mette in evidenza questo passaggio: “La differenza la possono fare le domande non tanto quello che il teste crede di sapere”. Le domande, appunto. La sintesi ruvida ed estrema è stata questa tra chi circonda il presidente: “Vuoi vedere che Napolitano entra testimone ed esce indagato?”. E ad alimentare il clima fosco è anche la circostanza inedita: è la prima volta che accade una cosa del genere. Il discorso al Csm è la vendetta contro le toghe Pochi minuti più tardi, al Quirinale si è svolta, come recita la lunga dizione pomposa, la “cerimonia di commiato dei componenti il Consiglio superiore della magistratura uscenti e di presentazione dei nuovi consiglieri”. Napolitano è presidente del Csm e nel suo discorso si può rintracciare un’altra “risposta” allo “sfregio” palermitano, quando piazza nel cappello introduttivo “le nuove ragioni di attualità e non rinviabilità dei problemi della riforma della giustizia”. In pratica, questo “è un nodo essenziale da sciogliere per ridare dinamismo e competitività all’economia”. Dopo l’attacco sull’articolo 18, ecco quindi la giustizia da riformare. Anche a maggioranza. L’antico togliattiano comunista ricorda il contrastato dibattito alla Costituente sulla figura del vicepresidente del Csm per dire che “non si temeva di decidere anche con uno stretto margine dimaggioranza”. A completare il quadro dei “segnali” inviati sono le dure critiche al funzionamento del Csm, alle “logiche spartitorie”, al correntismo politico-giudiziario delle toghe. La caccia grossa e la successione a gennaio La chiamata di Palermo segue di un giorno il riferimento finale dell’ormai noto editoriale di Ferruccio de Bortoli sul primo numero del Corsera formato tabloid. Di tutti i messaggi debortoliani quello che tiene più banco, sia dentro il recinto del patto del Nazareno sia fuori tra gli avversari del renzusconismo, è l’esplicito rimando alla successione di Napolitano all’inizio del prossimo anno. Su questa “scadenza” nessuno più nutre dubbi. È questa l’incognita grande come un macigno che pesa sui futuri scenari. Da un lato la monarchia renziana con Berlusconi nell’insolita veste di secondo. Dall’altro i vari poteri che temono una “testa di legno” al Quirinale agli ordini della dittatura renzusconiana. La sostanza è questa. Ieri, mettendo insieme questo quadro, sono stati in molti a prendere atto che è cominciata “la caccia grossa”. Obiettivo: la sostituzione di Napolitano. Da lì discende la soluzione del rebus del voto anticipato. E sbaglia chi legge “l’attacco di Palermo” a Napolitano come un avviso allo stesso Renzi. È l’opposto. L’indebolimento del re al tramonto rafforza il patto del Nazareno. Piuttosto il ritrovato interventismo di Napolitano, dall’articolo 18 alla giustizia, è da mettere in collegamento con le autorevolissime telefonate europee che chiedono “garanzie” sul premier. L’aiuto di queste settimane deve essere letto in maniera duplice. Oltre all’obbligo e alla responsabilità di fare da “baby sitter” a Renzi, c’è la voglia di accelerare alcuni dossier decisivi per poi dire addio tra gennaio e febbraio. Un “uomo stremato” dal renzusconismo Chi descrive lo stato d’animo di Napolitano, tratteggia “un uomo stremato e insofferente”. E la vicenda della mancata elezione dei due giudici costituzionali in quota Parlamento ha fatto aumentare il suo pessimismo. Così, quella nota del 17 settembre scorso, proprio a proposito delle fumate nere su Bruno e Violante, va intesa anche come un avvertimento ai renzusconiani: “Non siete stati capaci di eleggere due giudici e pretendere di eleggere il mio successore?”.
Da Il Fatto Quotidiano del 26/09/2014.
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