ORA che la fu Fiat è una multinazionale con sede legale in Olanda e fiscale a Londra, il Novecento italiano con le sue fabbriche, i suoi operai, i suoi padroni, le sue automobili che passavano ruggenti e luminose tra le stoppie, come nelle poesie di Roversi, è ufficialmente chiuso. Non è la nostalgia di un passato che fu vigoroso ma anche iniquo e sanguinoso, a turbarci. È il profilo indefinito del futuro, che non ha più gli spigoli duri ma nitidi della fabbrica, che non ha più la faccia riconoscibile di Padri e Nonni Fondatori col busto nell’atrio o di leader sindacali in maniche di camicia che guidano il corteo con l’autorevolezza del capo indiano.
Marchionne, l’uomo più rappresentativo di questo passaggio, è appena un tecnico finanziario, non gli saranno intitolati viali di Torino, non è un padrone vero, e meno vera è anche la fabbrica globalizzata e segmentata in giro per il mondo, meno vero il marchio che diventa “vintage” (finché serve), meno vera l’intera impalcatura immateriale che regge il peso delle decisioni, al riparo di quella potentissima forma di assenza che è la multinazionalità. Chiederci “che cosa sarà della Fiat”, anzi della Fca, in fondo è come chiederci che cosa sarà di noi, cosa dei nostri figli. Ci vorrà un navigatore molto ben congegnato per non perderci già alla prima rotonda.
Da La Repubblica del 14/10/2014.
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