IN LINEA di principio, il preside di Bergamo che decide di non allestire il presepe perché «la scuola pubblica non ha il compito di celebrare ricorrenze religiose», ha ragione. E poche delle persone che lo insultano hanno dalla loro parte uguale dose di pensiero. Ma è una ragione, quella del preside, che non ci soddisfa e anzi ci allarma (esattamente come il veto francese di indossare il velo nei luoghi pubblici) perché affronta la complicata materia della multiculturalità, e della necessaria convivenza tra diversi, con una overdose di anestetico. La azzera. Da multiculturale rischia di renderla a-culturale, cancellando i termini di un confronto che, conflittuale o pacifico che sia, è inevitabile, è parte quotidiana del nostro vivere sociale e lo sarà sempre di più.
La paura di molti che l’immigrazione cancelli tradizioni, recida radici, metta a repentaglio identità, è comprensibile e legittima. L’immigrazione non deve levare, deve aggiungere. Non deve sopire, deve accendere. Natale, qui, non è solo una «ricorrenza religiosa», è un momento identitario. Così come il profilo dei campanili e il suono delle campane, il presepe segna il paesaggio italiano in profondità. Lo faccio perfino io (un meraviglioso minipresepe messicano di gesso, che pagai un dollaro in un mercatino di Puebla), e la nutrita componente multireligiosa che è in me (ho un pezzo di cervello ateo, uno buddista, uno valdese, uno francescano, uno sufi) non si è mai sentita offesa.
Da La Repubblica del 07/12/2014.
peccato che L’amaca abbia sciolto il nodo di poppa e Serra sia precipitato testa in giù, corrompendo il suo ormai proverbiale equilibrio, così come egli corrompe i significati, immergendo volutamente nella confusione due questioni assai differenti e distinte: cultura e religione. E lo fa col segno opposto del preside criticato ma sostanzialmente giocando dalla stessa parte della scacchiera. Entrambi ne fanno una questione identitaria , uno sottraendo l’incomodo, l’altro aggiungendolo. Anche il fascismo è parte della nostra storia ed interi centri storici del Sud vantano maestose architetture imperiali e tanti italiani associano quei luoghi a dolci ricordi d’infanzia o a grandi emozioni adolescenziali. Ma che discorsi sono?
Serra, ma la licenziavano se non si metteva così supino?