Il premier: “Io ho cancellato la norma, il Jobs Act parla d’altro Sul pubblico impiego le nuove regole nel decreto Madia”.
ROMA – «Sì, sono stato io. Ho proposto io di togliere quella norma perché non aveva senso inserirla in un provvedimento che parla d’altro». Così il premier Renzi, durante la conferenza stampa di fine anno, chiarisce il giallo di Natale sugli statali. Il comma fantasma che nella bozza del 23 dicembre c’era – come rivelato dal senatore di Scelta Civica Pietro Ichino – per sparire poi nel testo approvato dal Consiglio dei ministri della Vigilia. Le norme del Jobs Act non si estendono ai lavoratori pubblici, diceva il comma.
Eliminarlo significa applicare la riforma (e i licenziamenti facili senza articolo 18) anche alla Pa? Per Ichino sì. Per i ministri Poletti e Madia no. E Renzi? «L’ho tolto perché la questione del pubblico impiego andrà discussa poi, a febbraio o marzo, nel provvedimento della Madia», chiarisce. Ciò non esclude che «chi sbaglia paga» Ad esempio «se noi abbiamo deciso di non mettere lo scarso rendimento nel privato, questo non vuol dire che non lo si possa mettere nel pubblico impiego». Parole incendiarie. «Per i fannulloni va messa la condizione di mandarli a casa», insiste.
«Chi lavora bene deve esser premiato di più e chi non lavora deve essere punito». Più chiaro di così.
Per il resto, il Jobs Act è partita chiusa. Sul lavoro «siamo al derby ideologico costante», si lamenta il premier. «Ma noi non ci stanchiamo, arriviamo dappertutto». Sui licenziamenti collettivi «vedremo cosa ci diranno le commissioni parlamentari, ma poi a decidere sarà il governo». E se ci sarà un referendum per abrogare il Jobs Act, come paventato dalla minoranza dem, «lo faremo, ma ad occhio direi che faremo prima quello sul ddl di riforma costituzionale». Per il resto, «il 2015 sarà un anno decisivo», visto che il 2014 ormai si chiuderà ancora con il segno meno, «Pil a – 0,4%». Per Renzi «non siamo spacciati», «non sono preoccupato dalle sfide e non ho dubbi sulla tenuta dell’Italia, ce la faremo». La parola del 2015 per il premier è «ritmo, dare il senso dell’urgenza del cambiamento».
Sul fronte economico, Renzi conferma l’obiettivo di ridurre le municipalizzate a mille da 8 mila, «lo strumento sarà la riforma della Pa». Passare da un’Agenzia delle Entrate «nemico dei cittadini a partner». Recuperare «due punti di Pil in tre anni» dalla spending review. Dismettere patrimonio pubblico «con un’operazione immobiliare molto ardita».
Passare alla local tax, la tassa unica su immobili e servizi locali, ma «la faremo nel 2016». Accelerare le privatizzazioni, «nel 2015 andremo su Poste e stiamo lavorando sul futuro di Ferrovie, mentre un’ulteriore mossa su Eni è tutta da verificare», perché «intervenire quando il mercato non lo consente è una svendita». Chiedere all’Europa di scomputare gli investimenti pubblici e i fondi Ue dal Patto di Stabilità, «tema centrale». E non toccare le pensioni, «non è per questo che Boeri è stato nominato presidente dell’Inps, ma per cambiare governance e mission».
Da La Repubblica del 30/12/2014.
a proposito di fannulloni nella pubblica amministrazione!
il re dei fannulloni attualmente svolge l’attività di presidente del consiglio. per gentile concessione di un vecchio nullafacente storico, cui fanno schifo gli elettori.