PER IL PREMIER C’È STATA “UNA FALLA” NEL SISTEMA ANTITERRORISMO, MA CHI HA RIORGANIZZATO I SERVIZI?
Buchi nella racchetta”: ecco l’espressione usata dai poliziotti per descrivere come, nonostante l’ingente dispositivo anti-terrorismo, due terroristi mascherati da ninja possano riuscire a seminare il terrore in piena Parigi. Di “buchi nella racchetta” ce n’erano già stati con Merah, poi con Nemmouche: così si chiama quello che nel maggio 2014 ha commesso gli omicidi al museo ebraico di Bruxelles. Nel dicembre 2012 era stato facile, per il potere attuale, politicizzare, grazie a una commissione parlamentare d’inchiesta, la strage perpetrata dall’assassino in scooter di Tolosa: il massacro aveva avuto luogo in marzo, nell’era Sarkozy. Fare il processo ai servizi riusciva tanto più facile in quanto, a quel tempo, erano diretti da uomini di Sarko.
Ma nel gennaio 2015 non è più così. Valls ha completato la riforma dei servizi segreti interni varata da Sarkozy, cioè la fusione dell’RG (informazioni sul terreno) con la DST (controspionaggio). Essa ha dato luogo alla DCRI (Direzione centrale delle informazioni interne), poi trasformata da Valls in DGSI (Direzione generale della sicurezza interna), dotata di un bilancio proprio e posta alle dipendenze dirette del ministro degli Interni. Un grande cantiere, destinato a farne la crema della crema dei controspioni. Insomma, al di là dei molti interrogativi sulla vicenda che sono ancora aperti al momento di andare in stampa, che cosa è successo perché i “buchi nella racchetta” fossero così larghi? Quella cappa di piombo A Matignon (residenza ufficiale del primo ministro francese, ndt) si vuole credere che non vi siano stati “errori”. “Certo, si tratta di una sconfitta”, è l’analisi di un’altra personalità vicina al governo. “Ma vi è stato un malfunzionamento? Non si sa”. Secondo quest’ultima fonte – per la quale i terroristi non avrebbero pianificato niente da soli, ma si sarebbero “appoggiati a un’organizzazione” per commettere gli attentati – i passaggi all’azione sono ormai impossibili da prevedere. Da qui nasce un problemino, come racconta a Charlie una persona che è addentro agli arcani della DGSI. “Oggi la DGSI è quasi la sola a occuparsi del terrorismo islamista”, spiega. “Le strutture di coordinamento dentro il ministero non hanno più una vera utilità da quando i crimini violenti dei corsi e dei baschi sono stati retrocessi nella scala delle priorità”. Di conseguenza, la DGSI si appropria del settore, ma lo fa puntando soprattutto sulle intercettazioni, le rilevazioni dei satelliti o di altri giocattoli elettronici, e quasi più per niente sulle persone in carne e ossa. Quindi sul campo non c’è più nessuno, o quasi. “I terroristi, che stanno molto attenti quando parlano al telefono, hanno acquistato armi e uniformi, si sono addestrati… E tutto questo, le fonti tecniche non possono scoprirlo”, prosegue l’esperto. In questo momento 436 persone sono in via di reclutamento da parte della DGSI: si tratta essenzialmente di ingegneri. Non è il profilo professionale che va a indagare sul campo… La DGSI lavora nel suo angolo, i servizi di spionaggio esterno anche; il tutto sotto la cappa di piombo del segreto militare. I servizi dovrebbero condividere le loro dritte, ma in realtà “ciascun cacciatore si tiene la sua selvaggina”. A quanto pare la DGSI non aveva ricevuto le informazioni operative ottenute da Washington sui viaggi nello Yemen dei fratelli Kouachi, gli autori della sparatoria nella sede di Charlie. Lo Yemen è stato menzionato da uno dei due quando, il 7 gennaio scorso, ha trascinato a forza fino alla sede una delle nostre vignettiste, e poi di nuovo quando ha aperto il fuoco nei nostri locali. Quelle informazione sono state veramente fornite alla Francia dagli americani, come questi ultimi assicurano? E la destinataria era la DGSE, ma ha “dimenticato” di inoltrarle alla DGSI? E un altro punto da chiarire. Secondo le ipotesi più recenti, sarebbe stata l’organizzazione yemenita al Qaeda nella penisola arabica a mandare i Kouachi a commettere le loro gesta barbare al giornale, mentre il committente delle atrocità perpetrate da Coulibaly, il terzo assassino, sarebbe stato l’ISIS. Ora, dunque, Manuel Valls promette di assumere nuovi provvedimenti per rafforzare ulteriormente un dispositivo già ultra-repressivo, e persino di tagliare qualche testa. Dimenticando, in un bell’esercizio di comunicazione, che l’organizzazione odierna dei servizi di intelligence è la grande opera sua, e di nessun altro.
Da Il Fatto Quotidiano del 15/01/2015.
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