I sondaggi hanno lo scopo di ascoltare la società, percepirne le mutazioni. Ora che si è alla vigilia della elezione del nuovo capo dello Stato tutti i media chiedono un riscontro popolare, una validazione delle differenti personalità potenzialmente candidabili. Di nuovo compare in alto dell’indice di gradimento il nome di Stefano Rodotà. Non c’è alcun dubbio che la candidatura popolare abbia pochissime possibilità di trasformarsi in elezione. Tra l’altro il nostro sistema non lo prevede. Quel che è invece interessante è che questo nome, al pari di alcuni altri, registri oggi come due anni fa un consenso vasto, e che dunque non era una trappola posta ai piedi di Bersani, l’allora segretario del Pd. Godeva di una sentimento largo, solido al punto da manifestarsi massicciamente ancora oggi.
Fu questo giornale a segnalare per primo la possibilità che attorno al nome di Rodotà potesse coagularsi un largo consenso tale da liberare il Parlamento dalla paralisi che alla fine lo avrebbe portato alla resa decidendo, con uno sbrego costituzionale, la rielezione del capo di Stato uscente. Non dubitiamo che anche oggi quella candidatura non avrà molta fortuna . Domandiamo però alla politica quale senso abbia interrogarsi sulla necessità di trovare una connessione sentimentale col popolo e poi trascurare sistematicamente ogni sua indicazione. Quanto pesi la slealtà, l’ipocrisia, la contraddittorietà dei comportamenti, la resistenza a scelte sostenibili e popolari nella perdita di quella reputazione che alimenta l’antipolitica. COME SAREBBE oggi l’Italia, e diciamo anche il Pd, se quella indicazione fosse stata seguita? Forse non ci sarebbe il Patto del Nazareno, e la blindatura del Palazzo a sua difesa. E forse persino il processo di rottamazione, nel senso di una rigenerazione culturale, morale e anche anagrafica del Potere, avrebbe potuto trovare una spinta più radicale e soprattutto sincera.
Da Il Fatto Quotidiano del 16/01/2015.
L’ha ribloggato su Sinistra Newse ha commentato:
Da Il Fatto Quotidiano del 16/01/2015.