
«Poi cosa? Merendina?», chiede Zoggia sorridendo amaro. I contributi possono anche essere inviati per iscritto, ma «brevi e in un linguaggio semplice – chiede Renzi – astenetevi dal burocratese ». Un passaggio che indispettisce Gianni Cuperlo: «Vorrei esprimere il mio massimo consenso per la missiva inviataci… », ironizza. Poi serio: «L’autonomia dei gruppi parlamentari è un valore anche per il governo, perché consente un lavoro di miglioramento delle riforme. Esisteva perfino nel Pci. È nell’interesse del premier avere più fiducia nel Parlamento ». È lo stesso ragionamento di Bersani: «Da 40 anni vige un principio che andrebbe ristabilito per cui sono i capigruppo a convocare le riunioni e invitare i segretari. E poi, non è più tempo di far finta di discutere. Bisogna farlo davvero. In 400 non si parla di fisco!». Così, la minoranza ha intenzione di diserta- re la riunione: «Io ho judo», dice ridendo Pippo Civati. E D’Attorre: «Magari mi esercito in tweet che sono la misura giusta per incontri di un’ora su temi complessi». Da Palazzo Chigi si guardano le reazioni con manifesta sorpresa. «Facciamo le cose da soli e si arrabbiano perché non li coinvolgiamo», ragiona chi è vicino a Renzi. «Li coinvolgiamo e si arrabbiano perché le forme non sono quelle che vogliono. Ma se lo ricordano che abbiamo vinto le primarie con il 68% e portato il Pd dal 25 al 41 in un anno? Ma li frequentano i circoli? Li vedono i sondaggi? Lo sanno che i nostri non ne possono più di divisioni?». Questa l’aria, che mette in difficoltà anche la neonata corrente dei catto- renziani. «Siamo laici, laicissimi » andava spiegando ieri Matteo Richetti, prima della riunione in sala Berlinguer. Il passaggio in cui Renzi chiede idee non correnti aveva fatto serpeggiare, nei corridoi della Camera, la paura di una sconfessione. Insieme alle voci di un giglio magico tutt’altro che entusiasta dell’iniziativa. Ma da palazzo Chigi arrivano chiarimenti: nessuno stop, se si organizzano aree nel pd – però – sia su idee, temi, non per fare conte interne. Così, l’area si rinomina «Spazio democratico». E alla fine, a sera, insieme a Richetti e Delrio ci sono anche il vicesegretario Lorenzo Guerini, il fedelissimo Luca Lotti e 60 deputati. «Abbiamo anche qualche civatiano – raccontava prima dell’inizio Richetti – il nostro manifesto dice chiaro che il leader è Renzi, la presenza di Delrio e Guerini circoscrive l’area, ma è chiaro che chi vuole collaborare è benvenuto». L’idea è quella di svuotare le vecchie correnti. Le due principali, però, restano sul divanetto. Sicure di non perdere pezzi.
Da La Repubblica del 26/02/2015.
Rispondi