Duemila pullman da tutta Italia per difendere la famiglia tradizionale “Fermiamo nozze e adozioni gay”.
ROMA. Una piazza enorme, anche se forse il milione non c’è. Una piazza di fedi, rosari e parole d’ordine. Si unisce nel grido: “No alle adozioni per i gay, no alle unioni civili”. Intransigenti e felici di esserlo. Mamma, papà e figli: non ci sarà altra famiglia al di fuori di questa. Nessun dialogo, perché “tutto il resto è demonio” come tuona dal palco Kiko Arguello, ex pittore fondatore dei Neocatecumenali, cristianesimo ultrà, oltre trecentomila i seguaci in Italia, di cui buona parte ieri accorsa a piazza San Giovanni. Piove a dirotto, poi esce un sole che brucia, ma nessuno si muove.
«Siamo contro la teoria del Gender», è lo slogan cadenzato e applaudito, pochi sanno spiegarti cos’è, o citare in quale programma scolastico quel termine sia mai apparso. Non importa, la fede è fede, “il gender è sterco del demonio”, afferma un cartello scritto a penna. Qui, spiega infatti don Mario, giovane parroco pugliese con cento fedeli al seguito, «c’è da imbracciare la Croce per impedire l’omicidio della famiglia naturale». La guerra è aperta. Del resto, si legge su un lenzuolo del gruppo di “Allenaza cattolica», “uomo e donna siamo nati, lo dicono pure gli scienziati”.
C’è un numero incredibile di bambini, carrozzine, passeggini, neonati coperti in fretta e furia con cappelli, mantelline, teli di plastica: a guardarla da qui, dal sagrato della Basilica delle manifestazioni sindacali, sembra che l’Italia della crescita zero sia altrove. E cioè, magari, in quel mondo dei diritti civili e delle famiglie nuove, diverse, omo, single, mono, che la piazza attacca con slogan durissimi. Un milione di persone, così dicono gli organizzatori, che grida “no” all’utero in affitto, “no” ai bambini come li ha messi al mondo Elton John, “no” al divorzio breve, perchè, dicono dal palco, «dopo la nuova legge si fa prima a divorziare che a cambiare gestore di cellulare… ».
Sono arrivati da tutto il Paese, con duemila pullman, e poi con treni, auto, e convogli auto- organizzati, dall’Italia profonda e da quella metropolitana, da Varese come da Ariano Irpino, da Tarvisio come da Mola di Bari, così tanti quanti nessuno aveva previsto davvero. Non è il “family day” del 2007, ma molto gli assomiglia, la difesa della famiglia tradizionale affratella anche fedi diverse, ci sono gli evangelici, l’imam della moschea sunnita di Roma, il rabbino capo Riccardo Di Segni ha inviato una lettera. “Sì alla vita e no all’aborto” porta scritto su una maglietta rosa una bambina di pochi mesi, la madre, Rosaria, racconta candidamente che «è stata la Madonna ad impedirmi di buttarla via…».
Aborto, come buttare via un figlio, i cartelli con i neonati e la scritta “non uccidermi” e “io osno importante per Cristo”, sono centinaia. La legge 194 è sempre un bersaglio. Dal palco parlano Alfredo Mantovano, ex sottosegretario all’Interno, fondatore dei comitati “Sì alla familgia”, Mario Adinolfi, che incalza contro gli uteri in affitto, le tecniche di fecondazione eterologa, il mercimonio degli ovociti. E butta in pasto alla folla Elton John e i suoi due bambini, figli di due padri gay, simbolo di quello che con decisione questa piazza respinge e condanna.
«Pensate che dopo averli fatti nascere con l’utero in affitto, faceva arrivare in Inghilterra ogni giorno il latte di quella povera donna, attraverso un corriere FedEx…». Dissoluti lussi da ricchi, condanna la folla, sotto le bandierine rosa e celesti del “Difendiamo i nostri figli”.
I politici Ncd, gli unici presenti, si confondono nella folla, ma è chiaro che gli slogan di questa piazza, (spesso sul filo dell’intolleranza) peseranno in Parlamento, e se l’inesistente teoria del gender è il nuovo totem da abbattere, più concretamente c’è il Ddl Cirinnà sulle unioni civili da fermare. Lo dice, con chiarezza, dal palco, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, che insieme a “Manif pour tous”, ai neocatecumentali, alla Croce di Adinolfi, alle Sentinelle, e ad una galassia di altri movimenti prolife ha organizzato la manifestazione. «Davvero non pensavamo ad un tale successo, la risposta è stata incredibile, e ancor di più perchè l’abbiamo organizzata da soli. Noi sappiamo che il Papa ci sostiene, ma da laici dobbiamo camminare da soli».
In realtà l’ossatura della piazza è fatta dalle parrocchie e dai gruppi neocatecumenali, eppure racconta il pensiero di un’Italia profonda, remota e radicale, che si sente lontana dal Potere, ma anche dai cattolici di Governo. «Renzi va in Chiesa e prega dice Sandro Ferrini, padre di quattro figli, romano schietto e professione tassista – ma un uomo di fede non può volere il matrimonio dei gay, o peggio famiglie formate da due madri e due padri. Uno così è peggio di un ateo». Non si sentono slogan omofobi, ma è evidente che per molti qui, essere gay equivale ad essere malati. «Se scoprissimi che mio figlio è omosessuale – ammette Caterina, che viene dall’Umbria – lo abbraccerei e pregherei con lui…Con l’aiuto di Dio si può tutto». Inutile spiegare che non si può guarire da qualcosa che non è una malattia, ma semplicemente una espressione dellìamore.
Franco Grillini, portavoce di “Gaynet”, parla di una «inutile manifestazione di odio»,mentre Sel diffonde dei quaderni dove con chiarezza viene spiegato che cosa è il Gender, e gruppi di omosessuali cattolici chiedono agli organizzatori «ascoltateci e dialogheremo».
Ma ciò che invece caratterizza il successo di questo nuovo family day, è l’assoluta certezza sulle proprie idee. Qualcosa che non governato potrebbe sfociare, come tutti gli assoluti, nel fondamentalismo. Il Gender e le unioni civili «distruggono la famiglia», dunque sono nemici da abbattere. Renzi è avvertito, questa piazza è già un nuovo serbatoio di quella destra confessionale che sembrava polverizzata e invece rinasce. E’ accaduto anche in Francia, nel 2014: il movimento “Manif pour tous”, riuscì a portare nelle strade di Parigi un milione di cattolici contro la politica dei dirtti di civili del governo Hollande. Dal palco il fondatore dei Neocatecumenali canta, suona la chitarra e alza una croce verso la folla che l’applaude e prega cantando. Kiko Arguello parla di femminicidio, mescolando il male, le mogli che trascurano i mariti, e la cattiveria umana. Tesi incredibli. Gli aderenti al “Cammino” lo guardano però con devozione, sono famiglie con tre o più figli, coppie giovani, tanti neonati. Un acquazzone svuota la piazza, ripartono i duemila pulman, i parroci benedicono, «andate in pace, è stata una grande festa».
Da La Repubblica del 21/06/2015.
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