Oggi Il Fatto Quotidiano pubblica intercettazioni che, in un paese appena più esigente moralmente del nostro, coinciderebbero con la fine politica di Matteo Renzi. Ovviamente non succederà nulla e quasi tutti, renziani in testa, se la prenderanno non con gli intercettati ma con chi ha pubblicato le intercettazioni. L’11 gennaio 2014, meno di un mese prima di suonare la campanellina come Presidente del Consiglio, Renzi chiama il potentissimo generale e comandante interregionale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, al tempo indagato per una sospetta fuga di notizie poi archiviata. Renzi gli anticipa la sua idea di “rimpastone”: far fuori Enrico Letta, a cui aveva appena detto di “stare sereno”, in cambio di un posto al Quirinale.
Il ruolo di Capo dello Stato concepito come baratto: vamos. Enrico Letta non ci sta, anche perché non ha nemmeno l’età necessaria per farlo (aveva poco meno di 48 anni e ne servono 50): a Renzi mancano proprio i fondamentali, ma questo si sapeva. Di fronte al rifiuto di Letta, Renzi si indispettisce e lo fa fuori. Parallelamente Adinolfi, intercettato a pranzo – tra gli altri – con l’intellettuale Dario Nardella allora vicesindaco di Firenze, rivela il 5 febbraio 2014 che “Letta e De Gennaro ce l’hanno (Napolitano) per le palle”, perché sanno qualcosa di compromettente a proposito del figlio di Re Giorgio, ovvero Giulio, uomo potente – “A Roma oggi è tutto” – e tra le altre cose ex della Madia. Questo “segreto su Giulio”, peraltro, secondo Nardella lo conoscono tutti, perfino la Santanché: “E se lo sa la Santanché, va be’ ragazzi”. Un bel quadretto. In tutto questo trovo affascinante che Renzi dia dell'”incapace” a qualcuno: per molti versi, e con rispetto parlando, sarebbe un po’ come se Gasparri desse del citrullo a qualcuno diverso da se stesso.
Da facebook.com/pages/Andrea-Scanzi
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