Bene ha fatto Renzi a disertare, cosa mai accaduta a un segretario del Pd, il comizio di chiusura alla Festa dell’Unità di Roma. La gente, la sua gente, dopo averlo plebiscitato 19 mesi fa alle primarie,l’avrebbe accolto a fischi e pernacchie. I motivi erano già noti l’altroieri: Jobs Act, Buonasquola, Italicum, Senato, tasse, bavaglio, reclutamento di Verdini&C. Ieri poi s’è toccato il fondo con un triplete che nemmeno il Barcellona: il Pd che salva Azzollini dall’arresto, poi manda avanti i soliti scudi umani a giurare che Renzi era all’oscuro di tutto e la Serracchiani a chiedere scusa piangendo lacrime di coccodrillo; Padoan che annuncia il nuovo assalto alla diligenza Rai con la legge Gasparri, in barba a tutti i propositi di riforma; e i partiti che bocciano gli ordini del giorno M5S per tagliare 100 milioni ai costi della Casta. Una grande festa della Banda Larga con baci, abbracci e fuochi d’artificio. Un gioioso revival del berlusconismo trionfante sotto mentite spoglie.
Il caso Azzollini riassume perfettamente la rivincita della Casta contro tutto e tutti.Dal 10 giugno tre persone sono in carcere e sette agli arresti domiciliari, più 15 indagati a piede libero, per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta e altri reati a proposito del crac da mezzo miliardo della Congregazione Ancelle Divina Provvidenza, con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza. Gli arresti, chiesti dalla Procura di Trani, disposti dal Gip della stessa città e confermati dal Riesame di Bari, riguardavano anche un undicesimo inquisito: Antonio Azzollini, ex FI e ora Ncd, per ben 12 anni presidente della commissione Bilancio del Senato (dal 2001 al 2006 e dal 2008 al mese scorso). Essendo senatore, per arrestarlo (e solo ai domiciliari) i giudici han dovuto chiedere il permesso a Palazzo Madama. Prim’ancora di leggere le carte, solo in base alle agghiaccianti ricostruzioni dei giornali, il presidente del Pd Matteo Orfini disse subito che il partito avrebbe votato Sì all’arresto: un figurone, in vista delle regionali. Poi l’8 luglio, letti tutti gli atti, la giunta per le autorizzazioni dà il via libera alla catturacon13Sì(Pd,M5SeLega) e 7 No (FI, Psi e Ncd). Ieri, in aula, contrordine compagni: 189 No, 96 Sì e 17 astenuti. Siccome i partiti dichiaratamente contrari all’arresto (Ncd-Udc, FI, Gal e Autonomie) totalizzavano 128 senatori, almeno 60 del Pd (metà del gruppo parlamentare) hanno votato in modo decisivo per salvare Azzollini dalla galera.
Complimenti vivissimi. Ma nessuna sorpresa. Nella Repubblica del Ricatto era altamente improbabile che il ras alfaniano scampasse alle manette.Come ha raccontato alFatto Barbara Lezzi dei 5Stelle, che l’ha visto all’opera in commissione Bilancio senza le lenti deformanti della Casta che cancellano ogni distinzione fra normalità e anormalità, “lui non presiede la commissione: la dirige a suo piacimento. Le sedute durano un quarto d’ora.Azzollini prepara il lavoro nella sua segreteria, poi presenta i pareri già pronti e compilati. Non vuole mai votare, nonostante le nostre insistenze.‘Non cen’è bisogno, la maggioranza è d’accordo’, risponde. Poi guarda i membri dei partiti di governo, e sono sempre sguardi d’intesa… Tende a respingere tutti i nostri emendamenti, anche perché quando entra in commissione ha già chiuso l’accordo con la maggioranza… Parla raramente in aula, ma quando lo fa cala il silenzio, e dopo i suoi interventi riceve molti complimenti. È potente, perché accontenta e garantisce tutti. Quando serve, trova sempre la copertura economica per il provvedimento che gli preme, la classica ‘pezza’”. Disquisire di diritto o di libertà di coscienza (casomai qualcuno ne avesse una) non è sbagliato: è inutile.Ieri i senatori sapevano benissimo che il diniego a una richiesta di arresto è consentito dalla Costituzione solo nel caso, più unico che raro, di “fumus persecutionis”, cioè di un’inchiesta basata sul nulla e condotta da toghe politicamente e dichiaratamente ostili all’arrestando. Qui ci sono dieci persone in carcere per decisione di un pm e di un gip, confermata da tre giudici di un’altra città, e ce n’è un’undicesima accusata di aver fatto le stesse cose che però ha avuto l’accortezza di rifugiarsi in Parlamento.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 30/07/2015.
SI SYA’ RICOMPATTANDO LA BANDA NASSOTTI.