L’inchiesta
Aumentano gli utenti di Italo e Frecciarossa, nel frattempo Rfi ha tagliato la rete ordinaria di 1.189Kme lo Stato riduce i fondi al trasporto locale di 1,4 miliardi Regioni e Ferrovie alzano le tariffe e promettono investimenti Mail presente resta quello di un servizio di scarsa qualità.
MILANO . L’Italia su rotaie viaggia a due velocità: rapidissima – e non potrebbe essere altrimenti – dove corrono i Frecciarossa e Italo. A passo di lumaca (spesso all’indietro come i gamberi) sui treni dei pendolari e sugli intercity, vittime collaterali – come molti servizi pubblici – dei tagli degli investimenti statali e dei trasferimenti alle Regioni. I numeri, in questo caso, sono pietre: la cavalcata dell’alta velocità non ha freni. Nel 2007 tra Roma e Milano viaggiavano 17 Eurostar al giorno. Ora sono oltre 80. Questi “servizi a mercato”, come li chiamano alle Fs – coccolati, promossi e sostenuti da adeguati investimenti per garantire un servizio al top e sopravvivere alla concorrenza – sono diventati il vero tesoretto dei conti del gruppo, visto che solo nel 2014 hanno garantito 113 milioni di ricavi in più con una crescita dell’8% dei passeggeri.
Gli altri treni vivono invece in una realtà diversa, confinati in una sorta di serie B delle strade ferrate: dal 2009 ad oggi le linee ad alta velocità si sono allungate di 740 km. mentre i tecnici di Rfi hanno deciso di chiudere ben 1.189 chilometri della vecchia rete, calcola il rapporto Pendolaria di Legambiente. L’offerta di Intercity a lunga percorrenza – i convogli che dagli anni ’60 in poi hanno scritto la storia del boom italiano – è calata del 22% tra il 2010 e il 2013 con un altro -1,3% nel 2014.
Per chi vive la Cayenna quotidiana dei pendolari, va se possibile ancora peggio: le risorse statali a loro disposizione sono diminuite dal 2009 al 2014 di un quarto – complici soprattutto i drammatici tagli decisi dal Governo Berlusconi – crollando da 6,2 miliardi a 4,8. Risultato: i servizi, inevitabilmente, peggiorano. Anche perché le Regioni, che non nuotano nell’oro, non sono in grado di tappare il buco dei tagli dello Stato. E i clienti, disperati, gettano la spugna: il numero di italiani che usa il treno per andare a lavorare è diminuito nel 2014 di 90mila unità al giorno, scendendo da 2,86 a 2,77 milioni di persone.
Nessuno, in realtà, si stupisce. Le Ferrovie – in un paese costruito sull’auto – sono da sempre la Cenerentola dei nostri trasporti. Il 66% dei finanziamenti del piano infrastrutture 2002-2014 sono finiti in un modo o nell’altro sulle strade, per costruire viadotti, aggiungere corsie alle autostrade o stendere asfalto drenante antipioggia. Ben 6,9 sono andati all’alta velocità, 12,7 (il 12% del totale) al treni dei comuni mortali. Tanti o pochi? La risposta, cruda, la dà la realtà quotidiana di chi ci viaggia sopra. Certo, le tariffe per i pendolari in Italia sono tra le più basse (spessi di gran lunga) d’Europa. L’età media dei 3.290 convogli in viaggio è però di 18,6 anni e in alcune aree le cose vanno ancora peggio: in Abruzzo l’84% dei mezzi ha più di vent’anni, in Puglia il 66%. Non solo. Anche a velocità – uno degli indicatori di qualità del servizio – non brilliamo: la media lungo lo stivale è di 35,9 chilometri all’ora, contro il 46 della Francia, il 48 della Germania e al 51 della Spagna. Secondo uno studio Ansaldo-Breda e Legambiente basterebbero 4-5 miliardi per comprare 1.293 treni locali per ribaltare la situazione e metterci al passo dell’Europa. Ma per ora bisogna accontentarsi della buona volontà e delle promesse delle Fs che nel loro piano al 2017 – al netto dei 50 Frecciarossa mille ordinati per 1,6 miliardi – prevedono di mettere in circolazione 200 nuovi treni regionali e di rinnovarne 235. Gli investimenti, anche sul fronte del trasporto locale, fanno la differenza. Provare per credere: la Provincia di Bolzano è uno degli enti locali che più ha puntato sui servizi su rotaia, impegnando anche nel 2014 il 2,07% del suo bilancio per scommettere sulle ferrovie. E i conti tornano: dal 2001 allo scorso anno i passeggeri sono cresciuti da 11mila a 29mila. Lombardia, Friuli, Trento, Emilia Romagna e Toscana sono le altre regioni virtuose che stanziano più dello 0,5% del bilancio per i treni. Mentre in maglia nera ci sono Piemonte (nel 2014 ha investito 6,5 milioni per Pendolaria, lo 0,05% dei suoi soldi) e la Sicilia con 2,3 milioni. Cifra che spiega da sola come mai nell’isola ci siano 1.247 chilometri su 1.420 della rete a binario unico.
I governatori, ovviamente, tendono a puntare il dito contro lo Stato che tagliando i trasferimenti non li mette in condizione di scommettere sul treno. Un modo per supplire alla carenza di fondi, ovviamente, c’è. Ed è quello di alzare le tariffe per recuperare le risorse. L’hanno fatto in molti: tra il 2010 e il 2014 il Piemonte le ha aumentate del 47%, la Liguria del 41%, la Campania del 23,7%. Peccato che i ritocchi non siano serviti ad ampliare l’offerta, anzi: Torino l’ha tagliata del 7,5%, la Liguria del 9,8%, la Campania del 19%. E i viaggi dei pendolari in quest’ultima regione, per dire, sono crollati dai 429mila persone al giorno del 2009 ai 271mila del 2013. Mentre in Lombardia, Toscana e Puglia, dove si è speso di più, i numeri hanno tutti davanti il segno più.
Il futuro, come sempre accade in Italia fino a che non diventa passato, è rosa. Qualche appalto ferroviario (ultimo in ordine di tempo quello da 1,3 miliardi per il Brennero) è stato sbloccato. Le Fs, garantiscono i nuovi vertici (come facevano i vecchi, va detto), hanno garantito un cambio di rotta rispetto all’era non troppo lontana in cui l’alta velocità faceva la parte del leone, assorbendo il 65% delle risorse disponibili. Oggi come oggi si guadagna più tempo a minor costi puntando sulla velocizzazione di Freccia bianca e Frecciargento.
Articolo intero su la Repubblica del 21/08/2015.
La distrazione dei fondi stanziati per la rete su ferro verso la manutenzione delle strade, ponti, viadotti, il 66% dei fondi per le infrastruttre 2002-2014 e la bassa velocità dei treni sono tra le cause di un servizio di trasporto su rotaia, che deve essere migliorato.
Nel Piano fino al 2017 – al netto dei 50 Frecciarossa, mille ordinati per 1,6 miliardi – Fs prevedono di mettere in circolazione 200 nuovi treni regionali e di rinnovarne 235..
A maggiori investimenti corrisponde una migliore offerta del servizio e, quindi, una risposta in temini di guadagno sia per Fs, che per la Regione..
Nell’articolo non si fa riferimento alla Regione Lazio, nella quale è stata approvato il progetto della chiusura dell’anello ferroviario, che sarà determinante per a risoluzione del difficile TPLcon l’accordo tra FRI e Comune di Roma.
https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/Ferrotranviario_slide.pdf&ved=0CCQQFjACahUKEwjal7am9rfHAhUJvhQKHQNLC4U&usg=AFQjCNEtVi-CLvuRGm_JUpYKMMgGjJTt7g&sig2=dp7uhqXyIO7swDOwELHl7A&q=chiusura%20anello%20ferroviario%20di%20roma%20agenzia%20della%20mobilit%C3%A0
Carenza di fondi… Ma se aumentassero i controlli sul possesso di regolare biglietto, magari da parte di 2 controllori, ben “corrazzati”? si creerebbero un po’ di posti di lavoro e probabilmente si recupererebbero risorse per migliorare il servizio.