MARTIN CAPARRÒS Lo scrittore argentino ha girato il mondo per raccontare la fame. È a Ferrara per il festival di Internazionale.
Nutrire il pianeta è un slogan grazioso.C’èmoltagenteche ci prova. Ma il problema è nutrire gli uomini”. Lo scrittore Martin Caparròs parla un po’ in italiano, un po’ in francese, un po’ in inglese, ostenta baffi a manubrio grigi, è a Ferrara per il Festival di Internazionale ed è sempre stato diffidente verso Expo 2015. Per Einaudi ha pubblicato da poco La Fame, un reportage di 700 pagine di storie, analisi, tormentate riflessioni su come e perché due miliardi di persone non riescono a mangiare mentre altri due mangiano sempre di più e muoiono di obesità. “In Niger ho chiesto a una donna cosa avrebbe chiesto a un mago capace di esaudire tutti i suoi sogni. Una vacca, mi ha risposto. Sono rimasto interdetto. Le ho detto di pensare più in grande, qualunque cosa. Mi ha risposto: allora due vacche. La fame riduce l’orizzonte del possibile”.
Martin Caparròs, grazie a Expo è da un anno che parliamo di alimentazione. Non è un buon segno? Non sono andato a Expo, forse ci andrò. Ma mi colpisce un manifesto che c’era sul mio treno, parlava di “sette miliardidipersoneinvitate”. E già è un lapsus freudiano, mancano all’appello 300 milioni,cisonogliesclusianche dagli inviti. Ma il punto è che se si vogliono dedicare miliardi di euro per l’alimentazione ci sono usi migliori che allestire un circo per esibire la gastronomia. In Italia si sta affermando una cultura del cibo di qualità .Edilusso.Cheeffettole fa, dopo aver passato cinque anni a raccontare la fame? Tre settimane fa ero a Modena. Mi sono trovato ad ascoltaretreeroidiquestarinascita gastronomica. Gli chef Massimo Bottura e Carlo Cracco, l’imprenditore Oscar Farinetti di Eataly Parlano di cibo come i filosofi di Hegel. C’era Hegel misto a PaoloCoelho.Eradivertente e triste, un’ora prima nella stessa sala avevo parlato di fame. Non mi smentivo a mio agio ad ascoltare un’esaltazione di cibi costosissimi col pretesto del recupero della tradizione. Perché? È un modo per riconoscere che il cibo è importante. Sono tutte cose bellissime, ma anche una forma di esclusione. Per coltivare un pomodoro biologico si impiegano le risorse che servono a produrne dieci normali. Il meccanismo di concentrazione è quello che ci ha portato due miliardi di persone a uno stile alimentare sostenibile solo se altri due miliardi non mangiano quanto dovrebbero. Dobbiamo diventare tutti vegetariani? Messo così è un po’ una caricatura.Ma per produrre un chilo di carne ne servono dieci di cereali. E sempre più persone, soprattutto nei Paesi emergenti come la Cina, vogliono mangiare il cibo dei ricchi, cioè la carne. Una volta se ne servivano piccoli pezzi nel piatto circondati da altri alimenti, ora troneggiano grandi tranci con attorno poche verdurine. Non è sostenibile, quest’epoca resterà una parentesi nella storia della carne. Nel suo libro lei se la prende con un personaggio intoccabile: Vandana Shiva, paladina della lotta contro le multinazionali a difesa dell’agricoltura tradizionale. Che c’è di sbagliato? Da circa trent’anni abbiamo sviluppato tecnologia alimentare che ci permette di nutrire tutta la popolazione mondiale. Se non viene fatto è perché le risorse sono troppo concentrate,a beneficio di minoranze molto ricche, ma sarebbe possibile.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 04710/2015.
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