Il coming out di monsignor Charamsa subito sospeso da ogni incarico: “Sant’Uffizio omofobo,basta odio” Il portavoce del Papa:irresponsabile.
CITTA’ DEL VATICANO- Una giornata di fuoco in Vaticano. Con uno scontro durissimo, tutto interno, sui preti gay. E il rischio di veder condizionati i temi in agenda del Sinodo sulla famiglia, che si apre domani nella Santa Sede, considerato come decisivo nel confronto che oppone Papa Francesco ai cardinali conservatori. Entrambi gli schieramenti temono ora un complotto dalla parte avversa.
È da qualche giorno che le polemiche su casi di omosessualità turbano la vigilia dell’importante assemblea. Prima il breve incontro avvenuto durante la visita papale, a Washington, fra il Pontefice e la funzionaria del Kentucky, Kim Davis, arrestata per essersi rifiutata di celebrare nozze gay.
Poi la visita nella nunziatura a Jorge Bergoglio da parte di un suo studente argentino, giunto con il compagno di vita. Ieri la bomba è scoppiata con il “coming out” pubblico di monsignor Krzysztof Charamsa, teologo, 43 anni, polacco, da 17 anni residente a Roma, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e docente in alcune università pontificie. Prima un’intervista al Corriere della sera, poi un incontro con i giornalisti in un ristorante del centro: «Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore è disumana ».
Imbarazzo generale in Vaticano, e poi, a mezzogiorno, una insolitamente dura dichiarazione del direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi: «La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell’apertura del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica». E ancora: «Certamente monsignor Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo ordinario diocesano». Cioè il vescovo polacco di Pelplin.
Una bordata giunta dall’interno, e dal suo vertice, che non ha però fermato il monsignore polacco, ormai deciso nel dare battaglia. Con una scelta, quella di parlare pubblicamente, presa da tempo e con l’obiettivo di farlo proprio prima dell’inizio dei lavori sinodali. Ieri Charamsa, capelli brizzolati, occhiali leggeri, in clergyman, ha ribadito tutto in una improvvisata conferenza stampa in un ristorante della “dolce vita romana” (da lui definito come «un po’ felliniano»). Dopo aver presentato il suo compagno Eduard («l’uomo che amo»), un giovane originario della Catalogna, ha definito la sua Congregazione, cioè l’ex Sant’Uffizio, come «il cuore di un’omofobia paranoica», affermando che sono «tantissimi i sacerdoti omosessuali che non hanno la forza di uscire dall’armadio ».
Quindi ha proseguito nel suo attacco: «Voglio dire alla mia Chiesa che rifiuto e denuncio l’esasperata e spesso paranoica omofobia dei nostri ambienti, che non possiamo più odiare le minoranze sessuali perché così odiamo l’umanità ». Il sacerdote polacco ha quindi annunciato la prossima uscita di un suo libro sull’argomento.
A questo punto gli occhi di tutti si sono concentrati sulla veglia del Sinodo, organizzata a metà pomeriggio dalla Conferenza episcopale italiana. Sono stati così il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco («la Chiesa ribadirà la sua vicinanza a tutte le situazioni, il Papa vuole una riflessione a tutto campo»), e il segretario generale, monsignor Nunzio Galantino («la famiglia resta una fabbrica di speranza, vogliamo anche noi gridare, ma non contro nessuno»), ad accogliere l’arrivo di Francesco davanti a 90mila persone.
Con la notizia della cacciata del reprobo da tutti i suoi incarichi, erano molti i fedeli a chiedersi quale effetto avrà il caso sui lavori del Sinodo. Tra l’altro Charamsa è un ufficiale appartenente alla Congregazione guidata dal cardinale Gerhard Ludwig Mueller, capofila dei conservatori nella Curia e ben noto per essere molto critico con le riforme chieste da Bergoglio. Tra i cambiamenti proposti dagli aperturisti i due punti principali in discussione riguardavano la comunione ai divorziati risposati e l’accoglienza verso gli omosessuali. Ora l’agenda, che sulla famiglia prevede diversi altri temi, pare sovvertita: se fino all’altro giorno l’attenzione andava ai sacramenti da dare, ora l’argomento dei gay ha avuto un’accelerazione. Con un Papa che incontra, ormai ciclicamente, questo tema fin dall’inizio del suo pontificato: dalla denuncia sull’esistenza di una «lobby gay» durante Vatileaks, alle parole dette in aereo sugli omosessuali («chi sono io per giudicare? »), fino al caso dell’ambasciatore francese Laurent Stefanini a cui è stato rifiutato il gradimento presso la Santa Sede per la sua dichiarata omosessualità nonostante le ottime doti di diplomatico.
Articolo intero su La Repubblica del 04/10/2015.
L’ha ribloggato su Rainbowman56's Blog.