IL POST rende noto uno studio italiano (dell’IMT di Lucca) secondo il quale smentire una notizia falsa non ha alcun effetto presso chi è comunque deciso a credere che quella notizia sia vera. In altre parole: esiste una parte non quantificata di “opinione pubblica” — ma non so se è una definizione ancora accettabile — che “crede” solamente nelle notizie che gli risultano gradite o comode; e anche di fronte a una documentata dimostrazione che si tratta di un falso, non è disposta a recedere dalla propria adesione a quella notizia.
Mi è tornata in mente una vecchia storia. Un mio caro amico, disperato perché la sua ragazza era finita in una setta di esaltati, neotemplari o roba del genere, mi chiese se potevo aiutarlo.
Grazie a Piero Angela entrai in contatto con la massima studiosa italiana di sette più o meno tenebrose; la cui risposta fu «dì al tuo amico di non fare niente e di non dire niente. Ogni parola o gesto che contrasti l’adesione a una setta, è interpretata dal settario come un malvagio boicottaggio della sua scelta salvifica. La sola speranza è aspettare che passi». È una diagnosi molto poco consolante in un’epoca in cui le fole e il complottismo hanno un potenziale di diffusione molto più potente, capillare e rapido dei vecchi, meno efficienti sistemi di propaganda politica o religiosa.
Da La Repubblica del 01/10/2015.
Che però trae il suo nutrimento da un sistema dell’informazione perlomeno opaco….
Chi pubblica un falso dovrebbe essere costretto a scusarsi e a pubblicare la vera notizia con molto, ma molto, maggiore evidenza del falso.